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Numero 47 | 12 dicembre 2025

Giulio Cesare

Scuola dell’infanzia e del primo ciclo. Nuove Indicazioni 2025


È stato presentato, a metà marzo 2025, nel corso di Didacta, il testo delle Nuove Indicazioni 2025 per le scuole dell’infanzia e del primo ciclo. 

Si tratta di un documento amplissimo (153 pagine) elaborato da oltre 100 tra docenti universitari ed esperti delle discipline che al momento è in versione bozza-materiale di discussione anche se nella presentazione alle Camere l’8 aprile è già stato detto che il testo definitivo verrà pubblicato a breve ed entrerà in vigore dal settembre 2026 (per dar tempo, anche, alle case editrici di intervenire sui libri di testo).

Uno sguardo complessivo: ritorno al passato

Cerchiamo qui di offrire uno sguardo complessivo, una inquadratura generale, così da permettere poi analisi di dettaglio ed approfondimenti. Italo Fiorin, che sulle precedenti indicazioni nazionali ha lavorato dal 2007 sino al 2018 con metodo decisamente diverso e partecipativo ha riassunto in modo lapidario e per noi condivisibile il giudizio sulle indicazioni 2025: sono un ritorno al passato. 

Perché ritorno al passato?

  1. Ritorno ai programmi e alla centralità del ministero. Tecnicamente c’è una enorme differenza tra indicazioni e programmi che, per legge, non esistono più. Eppure questo testo è così minuzioso da sembrare una guida didattica, specifica, pedante e con una struttura centralizzata che lascia presagire, appunto, un ritorno alla logica dei programmi nazionali e alla conseguente centralità del ministero
  2. Nessun ascolto delle scuole. L’elaborazione delle indicazioni 2025 è avvenuta senza alcun ascolto delle scuole e del loro vissuto. Sono stati ascoltati solo portatori di interesse (associazioni professionali, ad esempio) ma in nessun modo la scuola reale. Cosa che avrebbe richiesto un percorso decisamente più lungo ed impegnativo ma anche molto più ricco.
  3. Paternalismo didattico e mortificazione dei docenti. Le indicazioni 2025 hanno una visione dei docenti contradditoria. Da una lato esaltano il Magis (vedi dopo) e dall’altro non si fidano delle/dei docenti in carne e ossa e affastellano ogni pagina del testo con minuziose indicazioni didattiche, suggerimenti su come operare, indicazioni di testi da leggere (in seconda scuola primaria, per storia, ad esempio, si indicano le seguenti letture  sui racconti del Risorgimento: gli incarcerati nello Spielberg, le cinque giornate di Milano, i martiri di Belfiore, “La piccola vedetta lombarda”, Anita Garibaldi, i Mille). Non bastasse, il testo inserisce per ogni disciplina tre specifici box. Il primo intitolato “Esempio di moduli interdisciplinari di apprendimento”, il secondo definito “Suggerimenti metodologico-didattici per i docenti”, il terzo “Suggerimenti di possibili ibridazioni tecnologiche”. I box contengono per lo più risibili indicazioni e suggerimenti di bassa cucina pedagogico – didattica, a volte persino in grande contraddizione tra loro (si veda ad esempio a pag. 64 il modulo interdisciplinare per la scuola secondaria di I grado che ha per titolo Uso e Abuso del Telefonino – Consapevolezza Digitale e Benessere dimenticando che la circolare del luglio 2024 vieta l’uso della smartphone). Oppure si vedano le indicazioni di Lingua italiana dove si dice che i bambini devono analizzare fonti mentre in storia si propone un approccio basato principalmente sulla narrazione dell’insegnante, sminuendo il ruolo delle fonti e dicendo che il bambino non deve partire da documenti e fonti. 
  4. Bambini e ragazzi “ideali” ma inesistenti. Il testo – forse anche per assenza di esperti in psicologia dello sviluppo tra gli autori – lascia intravvedere una idea di bambino/a e ragazzo/a del tutto fuori dalla realtà contemporanea. 
  5. Centralità della persona – individuo.  Quello che pare interessare di più alle indicazioni 2025 è il concetto di persona, centrale nella nostra Costituzione ma non nel senso che qui viene dato facendo passare per personalismo una concezione che esalta la libertà individuale, slegandola dalla fraternità e dalla uguaglianza, e rendendola unico metro di giudizio della bontà o meno del processo educativo e della cultura. Sembrerebbe trattarsi di un individuo che non riconosce che l’alterità e l’interazione con l’alterità sono alla base della propria identità. Così anche il tema della cittadinanza viene messo in ombra dall’enfasi sulla “persona libera”, non bilanciata da equità e solidarietà.
  6. Proposta di una cultura nazionalistica ristretta. Il testo si fonda sull’esaltazione di una cultura occidentale definita per contrapposizione alle altre culture, con una tendenza all’assimilazione del diverso e a discapito del dialogo interculturale. L’idea di cittadinanza “a più scale”, che su indicazione di Edgar Morin era un elemento chiave delle precedenti Indicazioni (cittadinanza nazionale, europea, mondiale, planetaria) qui sparisce, sospinta ai margini da una visione che utilizza tutte le discipline per creare – ricreare – rafforzare una idea di cittadinanza italiana decisamente “nazionalistica”. Sintomatico ad esempio che non si parli della pluralità culturale e linguistica presente in Italia e che mai venga citato il fatto, per stare in Friuli Venezia Giulia, che esiste anche lo sloveno ed esistono le scuole slovene.

Il ritorno del Magis

Il capitoletto introduttivo dedicato ai docenti si intitola “Insegnante professionista, e anche Maestro” e così inizia: Troppo spesso si dimentica che un insegnante è magis, di più, e che è il volano del desiderio di apprendere di un allievo. Come tale, è un punto di riferimento essenziale del suo percorso di formazione. L’allievo, infatti, non sceglie di desiderare di imparare, sceglie il modello che sa stimolarlo in tale direzione. E il ‘modello’ è l’esempio di un maestro, esempio fondamentale affinché il desiderio dell’allievo non resti allo stato di pura tensione psicologica ma si orienti verso degli oggetti definiti che sono le esperienze e i contenuti del curricolo”.

Ma chi è questo MAGIS, tutto al maschile (al contrario della realtà effettiva e fattuale che vede una assoluta prevalenza di maestre donne) che viene scelto come modello dal discente?

Onestamente la descrizione più precisa del Magis ci pare quella che deriva dalla lezione di Giovanni Gentile che così descrive il maestro nel Sommario di Pedagogia come scienza filosofica (Sansoni, Firenze 1962, due volumi):

«il maestro è lo stesso spirito, che si pone nel suo assoluto valore spirituale», in sé riassumendo «la Natura, la Terra, la Patria, i genitori e quant’altro (…) culmina idealmente nella storia (…): la moralità, l’arte, la religiosità, la cultura, la civiltà, il sapere», diventando «ai nostri occhi, un sacerdote, interprete e ministro di quell’essere divino» (vol. I pag. 177).

«Nella scuola la volontà del maestro riesce ad essere la volontà degli scolari; ma non in quanto una volontà e l’altra rimangono quelle stesse che erano prima d’incontrarsi nella scuola. La volontà della scuola è una sola volontà quando la scuola c’è; quando il maestro è maestro, e però insegna; quando gli scolari sono scolari, e imparano. (…) Realizzare una disciplina o realizzare una volontà-legge riconosciuta dagli scolari potrà essere dunque lo stesso che realizzare la propria volontà di maestro. La disciplina non è il dovere dello scolaro, anzi il dovere fondamentale del maestro» (vol. II pag 34).

E così il ritorno al passato è pienamente compiuto.

Scuola, autonomia, territorio: uno sguardo dal Nord Est

Le Nuove Indicazioni Nazionali 2025 per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione hanno suscitato diverse preoccupazioni anche riguardo all’impatto sull’autonomia scolastica. Le principali criticità sollevate includono: la centralizzazione dei contenuti, il rischio di omogeneizzazione e la scarsa promozione della consultazione nel processo di costruzione del testo e nelle scelte conseguenti. 

Come descritto sopra, le nuove indicazioni sembrano adottare un approccio prescrittivo che potrebbe limitare la libertà delle scuole nella scelta e nella personalizzazione del curricolo, in contrasto con quanto previsto dal Regolamento sull’autonomia scolastica, in particolare per quanto riguarda la definizione del Piano dell’Offerta Formativa e l’autonomia didattica. ​

Si configura il rischio concreto che l’impostazione basata su indicazioni piuttosto rigide e dettagliate possa ridurre gli spazi di progettazione originale, autonoma e innovativa, uniformando le pratiche educative e limitando l’autonomia decisionale delle istituzioni scolastiche nella costruzione di risposte educative e formative progettate a partire dalle caratteristiche e dai bisogni degli specifici territori. ​Il coinvolgimento nelle consultazioni, infatti, è stato ristretto nel tempo e nella tipologia di soggetti auditi, con il rischio di ridurre la complessità di voci, bisogni e letture che emergono dai diversi territori. In particolare sembra ridursi di molto lo spazio di progettazione curricolare, entro il quale si colloca per esempio, la progettazione delle attività relative all’insegnamento delle lingue di minoranza, come il friulano nella nostra regione. 

L’insegnamento del friulano nel Friuli Venezia Giulia, infatti, avviene nell’ambito di un sistema che coniuga autonomia scolastica e tutela delle lingue minoritarie. Le scuole possono decidere se e come insegnare il friulano, di cui la legge regionale incoraggia la valorizzazione, lasciando spazio alla flessibilità e alle scelte delle singole scuole nell’ambito del Piano Triennale dell’Offerta Formativa. La riduzione generale degli spazi di personalizzazione dell’offerta formativa alle esigenze territoriali ci induce a temere che di questa riduzione faranno le spese quegli aspetti curricolari che più decisamente caratterizzano le realtà locali, quali la storia locale e, forse, le lingue di minoranza.

È importante sottolineare che queste preoccupazioni sono ancora oggetto di dibattito e che il dibattito stesso deve essere ampliato ed approfondito anche con richieste dal basso che rappresentino le specificità territoriali, in particolare in una regione plurilingue in cui l’autonomia scolastica si coniuga con l’autonomia regionale.

Aluisi Tosolini e Flavia Virgilio
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Filosofo dell’educazione. Coordinatore scientifico di Casco Learning e coordinatore nazionale della Rete delle scuole di Pace. Per 20 anni dirigente scolastico, è tra i fondatori del Movimento Avanguardie Educative. Ha insegnato didattica alle Università di Parma e Cattolica di Piacenza. Il suo ultimo volume si intitola “Scuola bene comune. Idee per ripensare l’educazione” (Emi 2023).

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