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Numero 30 | 14 Marzo 2025

GO isonzo soca

Dario Stasi e Isonzo Soča. Prima dell’alba di GO2025!


Perché un giornale scritto in italiano (lo sloveno sarebbe arrivato di lì a poco [ndr]) e diffuso al di qua e al di là della frontiera per italiani e sloveni? Le ragioni di queste scelte dovrebbero trasparire dai contenuti che definiscono il giornale, ma alcune spiegazioni sono dovute ai lettori. Isonzo Soča vuole essere uno spazio di confronto che si colloca al di fuori dei luoghi comuni istituzionali in cui sono cristallizzate forme di comunicazione nate nei periodi storici del dopoguerra e della guerra fredda, cioè nei momenti di maggiore tensione tra le due comunità. Questo giornale nasce da esperienze individuali, che non ignorano il passato con i suoi pregiudizi e steccati, ma che sono cresciute su altre cose misurandosi con esse: una frequentazione quasi quotidiana del consumismo di frontiera, l’allargamento del proprio habitat naturalistico, il turismo culturale. In questo abbiamo scoperto che c’è reciprocità. Isonzo Soča dunque non vuole considerare notizie “dall’estero” informazioni che arrivano nel proprio cortile dal cortile del vicino, né parlare delle due minoranze nazionali rimaste di qua e di là della frontiera come enclaves abbandonate in territorio straniero. Nelle zone di frontiera si accumulano tutti i pregiudizi dei rispettivi mondi come relitti sulle spiagge dopo le tempeste. Abbattere questi pregiudizi, far sparire diffidenze è una sfida impossibile perché questi trovano una loro giustificazione nel mondo dell’irrazionale e in ricordi personali che sono stati storia. Isonzo Soča vuole invece dimostrare che c’è più gioia nel vivere senza diffidenze che nell’alimentarle mentre ci confrontiamo con l’altro. Non pensiamo allora di abbattere la vecchia casa dei pregiudizi, ma di costruirle accanto un edificio in cui al silenzio, all’indifferenza e alla separazione sostituiamo il piacere della conoscenza reciproca. Volendo essere conseguenti, il giornale dovrebbe essere bilingue; questo non è possibile per motivi economici, perciò intendiamo comunicare contenuti e convinzioni che idealmente consideriamo multilingue e multiculturali in una lingua franca, l’italiano. Uscire con una doppia edizione in Italia e in Jugoslavia è il nostro obiettivo, come lo è arrivare oltre i tre numeri programmati.

Questo editoriale potrebbe essere stato scritto alla fine del 2024, ieri, cinque minuti fa eppure non è così. I più attenti avranno rinvenuto nel testo un indizio che, inequivocabilmente, colloca lo scritto in un tempo più lontano: la parola Jugoslavia.

Risalgono al 1989, dunque prima della nascita della Slovenia, le parole di Dario Stasi che accompagnavano la nascita della sua creatura Isonzo Soča, una creatura che negli anni avrà la fortuna di crescere in una famiglia allargata con tante persone che hanno contribuito ad arricchirne il valore.

Mi sono trovata a rileggere queste parole poche settimane fa e ne sono rimasta colpita. Il motivo è molto semplice: la loro attualità è sicuramente la prova della lungimiranza di chi le ha scritte ma è al contempo la dimostrazione che il contesto culturale che le ha prodotte non è poi così diverso da quello odierno.

Ironicamente, ma non troppo, spesso affermo che Gorizia è quella città in cui tutto cambia e niente cambia. Quello che si riprometteva Dario Stasi con Isonzo Soča non è difforme da ciò che oggi molti cittadini si aspettano da GO!2025. Evidentemente, pregiudizi, diffidenze, steccati non sono del tutto scomparsi. Non penso certo che passi avanti non ne siano stati fatti, ma che dal 1989 al 2025 qualcosa in più poteva essere fatto. Sul cosa torno tra poco.

Il ricordo di un “esploratore”

Dario Stasi è stato ricordato pubblicamente in occasione di un incontro a lui dedicato lo scorso 18 dicembre in un affollatissimo Kulturni Dom di Gorizia, in cui si è presentato il numero 118 di Isonzo Soča, l’ultimo nella veste grafica ideata da Dario e da lui fortemente difesa fino alla fine. Se lo meritava Dario un riconoscimento, secondo me se lo sarebbe meritato in vita e non solo da parte di chi lo stimava, gli voleva bene, leggeva con trepidazione il suo giornale, ma dalle istituzioni locali. Come è stato ricordato dall’amica, nonché redattrice del giornale Anna Di Gianantonio, Dario forse se lo sarebbe aspettato, e non certo per alimentare il proprio ego, ma perché di cose significative ne aveva fatte e non poche. Nel numero 118, Elio Candussi ricorda la targa dedicata ai Tolminotti e Agostino Colla la mostra “Il secolo Lungo” arrivata nientepopodimeno che al Senato della Repubblica a Roma.

Anche il famoso pittore Franco Dugo lo ha omaggiato firmando il ritratto in copertina e facendone a parole un altro con i suoi personali ricordi di un’amicizia durata tutta la vita.

Tanti altri nomi dovrei citare, dalla moglie Nadia Slote a molti dei suoi più stretti collaboratori, ma non posso farlo per motivi di spazio. Preferisco, invece, continuare regalandovi alcuni suoi scritti che aiutano meglio di altri a comprendere il territorio in cui viviamo, travagliato da una storia del ‘900 che va studiata, compresa e i cui eventi non possono essere tagliati con l’accetta. Troppe sono le sfumature, complessi gli equilibri e noi che lo abitiamo siamo i primi ad averne una conoscenza parziale, nella migliore delle ipotesi, mistificata nella peggiore. Perché?

Gorizia è un caso a sé, perché ha una storia che non si finisce mai di scoprire. Uso volutamente il verbo scoprire perché sono convinto che in molti, in un passato recente, si siano dati da fare per coprire la storia di questa città. Ma che c’entra il Corno con tutto questo? Semplice: il Corno, quasi tutto coperto nel suo tratto cittadino (nella parte italiana) è una metafora delle vicende goriziane di questo secolo! L’uno e le altre, tutto sotto coperta. Ecco, mettiamola così. Inoltre oggi questo piccolo torrente tocca le due Gorizie e nel suo breve percorso suggella ancora l’unitarietà del territorio, nonostante il confine.

Non credo esista metafora più efficace di questa per descrivere la storia di Gorizia. Una storia ricca che si comincia ad apprezzare con il sopraggiungere della maturità, come lo stesso Stasi confessa:

Confesso di aver avuto in passato un atteggiamento di sufficienza verso la storia locale, perché consideravo limitante l’argomento e, diciamolo con un brutto e ambiguo aggettivo che oggi non uso “provinciale” colui che se ne interessa. Stupido peccato di presunzione. E ora invece, che da un bel po’ guardo con attenzione e con piacere alla storia della mia città, un giovane amico mi ha ripreso sarcasticamente: “Adesso te se butti su la storia del borgo San Rocco?”. Probabilmente, nello stimolare questo genere di interessi conta anche l’avanzare degli anni: più uno diventa vecchio e più si sente attaccato ai propri sassi, più ama le cose che gli stanno intorno da una vita.

Un progetto editoriale che rinasce

Ma torniamo all’oggi e al grande avvenimento che abbiamo alle porte: l’inaugurazione della Capitale Europea della Cultura 2025 l’8 febbraio prossimo, giornata della Cultura slovena, Prešernov dan (anniversario della morte del poeta France Prešeren, il più grande esponente del Romanticismo sloveno deceduto l’8 febbraio 1849). C’è fermento, interesse, curiosità per l’anno che vivranno Nova Gorica e Gorizia. Mi sono chiesta quali sarebbero state le aspettative di Dario, quali le sue considerazioni. Di certo non sarebbero state banali, credo avrebbero avuto a che fare anche con la lingua e la comunicazione.

E arriviamo al “cosa” lasciato in sospeso. Citando le parole di Andrea Bellavite il 18 dicembre, la lingua è uno strumento necessario per progettare un futuro comune e molto va fatto per raggiungere una competenza che sia almeno passiva, ovvero capire l’interlocutore indipendentemente dalla lingua parlata. Parimenti importante è la conoscenza di ciò che avviene al di là della frontiera, magari attraverso un giornale bilingue in cui si racconti il territorio e tutte le sue proposte culturali. Non semplicemente traducendo dall’italiano allo sloveno, ma permettendo agli autori di scrivere nella loro lingua madre senza necessità di traduzione. Questo è il proposito del progetto di continuazione di Isonzo Soča di cui vi racconteremo più in là: ospitare articoli in italiano, sloveno, magari friulano, e rappresentare la ricchezza culturale del territorio.

In questo senso credo che GO!2025 sia la continuazione e la celebrazione in grande stile di ciò che Dario (e non solo lui!) ha sempre pensato, voluto, desiderato. In molti si stanno adoperando affinché il 2025 semini un terreno che darà frutti negli anni successivi. Sta a ognuno di noi ricordare chi lo ha preparato con un lento e paziente lavoro di pulizia dalle malerbe e di spianatura, lavorando nelle retrovie, in tempi in cui parlare di transfrontalierità non era né facile né scontato, spesso in direzione ostinata e contraria rispetto a una classe politica più orientata al passato che al futuro.

Grazie Dario e buon 2025 a tutte le donne e gli uomini che ci hanno portato fino a qui.

 

Dario Stasi ritratto da Franco Dugo
Dario Stasi ritratto da Franco Dugo
il primo numero
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Eleonora Sartori
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Consigliera comunale di NOI MI NOALTRIS GO! Forum Gorizia.

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