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Numero 44 | 24 ottobre 2025

merci valdotaines

Il voto in Valle d’Aosta, elezioni regionali e comunali


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Il 28 settembre scorso si sono svolte in Valle d’Aosta le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale e di 65 Consigli comunali su 74, ivi compreso quello della città di Aosta. 

Ne parliamo con Frédéric Piccoli. Classe 1995, è stato negli ultimi cinque anni il Presidente del Consiglio comunale di Saint-Vincent, ricoprendo, dal 2021 al 2023, anche l’incarico di coordinatore della giovanile dell’Union Valdôtaine (UV). Laureato in Giurisprudenza, attualmente collabora a Roma con la componente delle minoranze linguistiche presente alla Camera dei deputati. Per l’Union Valdôtaine, ha di recente fatto parte della Commissione politica incaricata di redigere il Programma delle Elezioni Regionali del 28 settembre scorso, seguendo da vicino gli sviluppi della campagna elettorale.

L’Union Valdôtaine si conferma primo partito sia a livello regionale che nel capoluogo Aosta: un risultato di rilievo, che affonda le sue radici in una lunga tradizione politica. Quali sono le sensazioni a caldo dopo un successo così ampio e significativo?

La grande fiducia che, con il loro voto, i Valdostani hanno riposto nell’Union Valdôtaine fa certamente piacere e dà a tutti un forte senso di responsabilità. Il 13 settembre, proprio durante la campagna elettorale, l’UV ha festeggiato i suoi primi ottant’anni di storia e vedere quel risultato all’indomani delle votazioni, che con il 32% hanno premiato non solo un Movimento storico ma soprattutto una forza che è sempre stata capace, generazione dopo generazione, di coniugare esperienza e rinnovamento, è stato sicuramente un segnale importante, che darà modo di lavorare bene anche per il futuro.

Una diversa legge elettorale

Il sistema elettorale valdostano presenta caratteristiche peculiari rispetto a quello delle altre Regioni. In particolare l’assenza dell’elezione diretta del Presidente — che in un certo senso riduce la necessità di coalizioni precostituite — si intreccia con l’esistenza di un consistente premio di maggioranza. Ritieni che quest’ultimo possa rappresentare, in qualche misura, l’“alter ego” delle coalizioni obbligate previste altrove?

Il sistema elettorale della Valle d’Aosta è – praticamente da sempre – un sistema proporzionale. Abbiamo uno sbarramento alto (quasi al 6%) che aiuta la governabilità della Regione e, da una ventina d’anni, un premio di maggioranza che oggi è attribuito alla lista o alla coalizione che superi il 42%. In Valle d’Aosta non c’è però una particolare sensibilità alla formazione di coalizioni. E perciò il premio non è mai scattato e il sistema è sempre rimasto proporzionale, con al centro l’Union Valdôtaine e gli autonomisti, “perno” nel corso del tempo di numerosi governi. In realtà, il sistema proporzionale unito all’elezione indiretta del Presidente è diventato, oggi, una delle più importanti garanzie democratiche della nostra Regione. In un territorio complesso, il maggioritario e le “coalizioni obbligate” accentuerebbero le divisioni sociali, allontanando le comunità del territorio montano – che soffrono il lento fenomeno dello spopolamento e che hanno bisogno di sempre migliori servizi – da quelle urbane della piana di Aosta. Con il maggioritario, non si governerebbe più sulla base di una reale maggioranza popolare, ma sulla base di quel “un voto in più”, capace di trasformare una minoranza elettorale in una super-maggioranza istituzionale. In Valle d’Aosta, il maggioritario forzato non porterebbe niente di buono. Come non lo porta altrove.

Per garantire la governabilità, l’Union Valdôtaine dovrà necessariamente individuare dei partner di maggioranza. Avete già definito una strategia o individuato possibili forze politiche con cui dialogare in vista di un’alleanza di governo?

Ogni ipotesi di governo è prematura. Insieme alle elezioni regionali si votava anche per il rinnovo dei Consigli comunali di 65 Comuni su 74 e gli incontri politici si stanno svolgendo in questi giorni, dopo essere stati sospesi in vista del ballottaggio di Aosta, che si è tenuto il 12 ottobre scorso. Per quello che riguarda la Regione, per dar vita ad un governo solido e di lungo periodo, bisognerà dare il tempo alle segreterie politiche e al Presidente incaricato di svolgere le dovute consultazioni con tutte le forze politiche, oltre che dare modo alle “basi” di fare le loro valutazioni, come è sempre avvenuto. Il risultato elettorale, però, ha offerto, a mio modo di vedere, alcune linee direttrici, che sicuramente avranno il loro peso nei prossimi passaggi: i Valdostani hanno dato fiducia alle formule locali e in particolare agli autonomisti, mentre non hanno avuto il successo sperato né le compagini che riproducevano formule nazionali, né gli estremismi, ma neppure le forti contrapposizioni tra schieramenti contrapposti. Di questo, dovremmo tutti prendere coscienza.

Nel 2020 l’Union Valdôtaine aveva ottenuto circa il 16% dei consensi; oggi il risultato è pressoché raddoppiato. Quali fattori hanno determinato questa crescita e in che modo avete lavorato sul territorio per raggiungere un consenso così ampio? E in particolare, nei piccoli comuni, dove il successo è stato molto marcato, quali proposte o modalità di ascolto avete privilegiato?

Uno dei fattori determinanti, che ha permesso all’Union Valdôtaine di tornare ad essere la prima forza politica della Valle d’Aosta e di superare ogni altra lista o coalizione, è stata certamente la capacità di riunire in un unico movimento tutte le anime dell’autonomismo che, in passato, si erano allontanate dalla “Casa Madre”. Negli ultimi anni, l’UV ha affrontato numerosi e importanti passi verso la ricomposizione dell’area autonomista e questo ha permesso di presentare una lista veramente competitiva, fatta di personalità di spicco della politica valdostana, ma anche di tanti sindaci e amministratori locali, oltre che di esponenti della cosiddetta società civile. Ogni territorio e ogni vallata poteva sentirsi rappresentata. Da qui, il decisivo successo nella Regione, sia nei piccoli che nei più grandi Comuni.

In Valle è l’autonomia a fare la vera differenza

Nel ballottaggio ad Aosta la vittoria dell’Union Valdôtaine è arrivata con uno scarto di appena quindici voti, un risultato che tuttavia conferma il movimento come forza di riferimento non solo a livello regionale, ma anche nel capoluogo. Come interpreti questo esito così risicato? Lo consideri un segnale di equilibrio politico cittadino o piuttosto la dimostrazione della solidità del legame tra l’Union e la comunità aostana?

La campagna elettorale ad Aosta, sovrapposta a quella regionale, è stata sicuramente una campagna “strana”: probabilmente non tutti ci avrebbero scommesso, ma, alla prova delle urne, la lista comunale dell’Union Valdôtaine è arrivata prima e, così, pure la coalizione ampia che sosteneva, come candidati sindaco e vicesindaco, l’ingegnere Raffaele Rocco e l’avvocata Valeria Fadda. Non ho assistito alla campagna del ballottaggio, ma è possibile che qualche incidente di percorso ci sia anche stato. Nonostante la coalizione perdente abbia già annunciato di voler ricorrere – secondo ciò che è nel loro diritto – personalmente ritengo che il segnale dato dalla gente comune, già al primo turno, sia stato chiaro: le contrapposizioni artificiali spaccano la società, mentre la gente comune ha solo bisogno di una Politica che voglia lavorare duro, senza egoismi e in maniera collettiva. Vedremo cosa succederà in futuro.

Il deputato dell’Union Valdôtaine, On. Manes, ha recentemente richiamato Dante, collocando gli esponenti dei cosiddetti partiti “statali” “nel girone degli arroganti e dei supponenti”, affermando inoltre che “i format e le modalità propagandistiche utilizzate nel resto d’Italia risultano in Valle fuori luogo e dissonanti”. In un contesto politico nazionale fortemente polarizzato, l’Union è riuscita a imporsi come forza autenticamente autonomista: in che modo avete costruito e trasmesso questo messaggio?

Conoscendolo, credo che il deputato si sia voluto togliere un ultimo “sassolino” dalla scarpa. Per carità, scelta legittima. Il riferimento indiretto era alle dichiarazioni degli esponenti dei partiti nazionali saliti da Roma appositamente per la campagna elettorale, come quelle pronunciate da un certo generale in pensione, che a pochi giorni dal voto aveva definito l’Union Valdôtaine come un “diavolo” assolutamente da sconfiggere. In realtà non c’erano nemici da sconfiggere, ma un popolo – quello valdostano – da ascoltare e rappresentare, senza grandi proclami. Le persone oggi non hanno bisogno di classi politiche che disprezzino chi è diverso, ma di movimenti che uniscano e sappiano lavorare per il bene di tutti. Hanno bisogno di politici competenti che siano vicini al territorio, che conoscano i problemi concreti di tutti i giorni e aiutino a risolverli. In questa campagna elettorale, l’Union Valdôtaine ha dimostrato che la vera linea di demarcazione non è tra Destra e Sinistra, ma tra forze che credono nell’Autonomia e forze che pensano di poter omologare tutto. Oggi, anche in Italia come nelle altre Regioni, non è più il tempo dell’odio e delle urla. Oggi servono movimenti che vogliano rappresentare il territorio e i suoi bisogni.

Gabriele Violino
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Vicepresidente di EFAY – European Free Alliance Youth, il gruppo giovanile di EFA/ALE – European Free Alliance/Alleanza Libera Europea.

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