Puars biats, la crisi? Non l’hanno vista arrivare…
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Il titolo del 3° Rapporto di OSEè (acronimo di Osservatorio Socio Economico è) di RilanciaFriuli è “FVG: Povero ma beato?” L’interpretazione in lingua friulana (1) rende senz’altro meglio la sua situazione togliendo sia il ma che il punto interrogativo. Perché questo titolo?
Il nostro Friuli-Venezia Gulia è povero perché è ciò che dicono le fonti ufficiali, ma sarebbe beato perché è ciò che dice l’incessante story-telling proveniente dalla politica che lo governa (nonché da una parte dei mass-media locali). Lo stridente contrasto tra la realtà effettiva e il raccontare storie, tuttavia, non è solo una caratteristica nostrana in quanto alligna anche a livello nazionale come vedremo brevemente commentando la tabella proposta
Il Pil storico e previsionale di Italia e Friuli-Venezia Giulia
| ITALIA | Friuli V.G. | |
| 2020 | -8,9% | -8,9% |
| 2021 | 8,9% | 9,2% |
| 2022 | 4,7% | 1,7% |
| 2023 | 1,0% | -0,5% |
| 2024 | 0,7% | 0,5%* |
| 2025* | 0,5% | 0,4%* |
| 2026* | 0,7% | 0,6%* |
* Dati previsionali
Fonte: OSEé su dati Istat e RA-Fvg, 2025
Tabella che propone diversi spunti interessanti. Iniziando dal livello italiano, il primo dice dell’immediato rimbalzo in sù (+8,9% dell’Italia e + 9,2% della regione nel 2021) dopo il crollo pandemico del 2020. Il secondo che la resilienza è stata intensa per l’Italia (+4,7%) mentre qui è stata assai deboluccia (+1,7%). Il terzo che i dati più recenti non appartengono alla categoria della resilienza perché sono deprimenti per entrambi (nell’ordine dello zero virgola assai poco). L’ultimo? Che da noi sono assai peggiori, purtroppo!
E ciò accade nonostante la dotazione faraonica delle finanziarie nostrane per tutto il periodo considerato: tanto faraoniche da avere un valore pressoché pari alla metà di quello della finanziaria italiana del 2025! La domanda, allora, sorge spontanea: come mai l’iniezione di tanti quattrini pubblici nell’economia del Friuli-Venezia Giulia ha portato a risultati così depressi e deprimenti per i suoi cittadini? Non sarà che quelli nostrani sono bilanci di mera spesa di galleggiamento perché privi di investimenti per il futuro di noi tutti e dei nostri giovani in particolare? Giova altresì ricordare che nel periodo 2019-2023 (sono dati storici Istat) la nostra regione si è piazzata al risibile 15° posto della classifica regionale che rendiconta la crescita del Pil. Dall’improduttiva “spesa di galleggiamento”, inoltre, derivano le sue difficoltà ad investire pro-futuro, ad es., in sanità, assistenza, ambiente e base produttiva.
2024-2025: uno per uno i numeri della crisi
Il 2025 è contrassegnato da continuità o cambiamento rispetto alla tendenza evidenziata? La risposta si trova nei risultati conseguiti nel corso del primo semestre 2025 rispetto a quelli ottenuti nello stesso semestre 2024. Ecco quelli che sintetizzano gli andamenti di mercato del lavoro, malessere industriale e demografia.
Nel primo semestre 2025 l’occupazione (degli 15-89enni) in Italia è aumentata dell’1,4% (in valori assoluti sono 328.845 unità), del 2,2% nel Mezzogiorno, dell’1,2% nel Nord-Ovest, dello 0,9% nel Nord-Est e dell’1,1% nel Centro ma, ahinoi!, in Fvg è calata (dello 0,3%).
Nello stesso arco temporale, la disoccupazione regionale cresce dell’11,2% mentre cala del -6,1% in Italia (-113.029 unità) e del -10,2% nel Nord-Ovest oltre che nel Centro (-7,5%) e nel Mezzogiorno (-5,7%). Ciò innalza il tasso di disoccupazione regionale al 4,7%, un valore superiore alla media del Nord-Est (3,7%) e del Nord-Ovest (4,1%) nonché al Trentino A.A. (2%), Lombardia e Veneto (3,1%) ed Emilia R. (4,4%).
Anche la spesa per consumo delle famiglie, di conseguenza, arretra in Friuli-Venezia Giulia (-0,4%) a differenza dell’Italia dove cresce (0,6%) così come nel Nord-Est (2,1%).
Dal versante produttivo, il malessere industriale rimane elevato in Friuli-Venezia Giulia (ancorché stabile rispetto al 2024): sono ben 4.915 i lavoratori in Cassa Integrazione e Guadagni (CIG) nel 2025, di cui oltre 1.500 sono esuberi (cioè in cassa integrazione straordinaria), con punte superiori al 40% del malessere in provincia di Pordenone. Un malessere attenuato solo in parte dai contratti di solidarietà attivati che riducono i licenziamenti ma impoveriscono i redditi dei lavoratori solidali.
E infine la demografia
La demografia? Ė il principale fattore di criticità sia nel periodo attuale che in quello previsionale. Con 252 anziani ogni 100 giovani, la nostra è la regione più vecchia del Nord-Est e la quarta più vecchia d’Italia. La provincia di Udine contende il primato della “Maturalem-List” di OSEè alla provincia di Trieste. L’indice di vecchiaia, infatti, raggiunge il valore di 279 a Trieste e di 269 a Udine (nel 2024). Senza il contributo della popolazione immigrata – che abbassa l’indice medio da 307 (considerando solo gli indigeni del Friuli-Venezia Giulia) a 252 (grazie agli immigrati) – la sostenibilità del sistema economico e sociale sarebbe ancor più a rischio.
La senilità della nostra popolazione, infatti, incide negativamente sul mercato del lavoro riducendo la disponibilità di forza Lavoro, il bacino dal quale le nostre imprese “pescano” i loro occupati. Ciò spiega, dunque, le difficoltà lamentate dalle nostre imprese nel reperire gli occupati a loro indispensabili.
In sintesi, se 40 anni fa eravamo i ‘giapponesi del Nord-Est’ (Sole 24-Ore) per dinamismo economico e vitalità, oggi lo siamo per invecchiamento e stagnazione. Per cui “serve una scossa culturale e politica (OSEè).”
Secondo le stime del sistema informativo Excelsior (Ministero del Lavoro-Unioncamere), il fabbisogno di personale della regione nel quinquennio 2025-2029 è di 82.400 unità di cui oltre il 92% servirà semplicemente a sostituire chi è andato in pensione. Metà del fabbisogno, lamentano le imprese intervistate, è difficile da soddisfare perchè fisicamente non ci sono i candidati! Oltre 15.600 unità dovranno essere immigrati: ma gli immigrati vanno laddove le prospettive sono migliori! Da quì la necessità di rendere questa regione più attrattiva per gli immigrati economici che ci sono indispensabili. A maggior ragione dobbiamo essere attraenti anche per i nostri giovani impegnati in espatri senza ritorno!
Due proposte
Quali le proposte del Rapporto per uscire dalla stagnazione attuale e fronteggiare il connesso declino futuro. In sintesi, sono due, ovvero:
- la realizzazione di un “Piano per lo sviluppo dell’attrattività e di un nuovo Welfare regionale, 2026-2030”, che preveda interventi integrati per immigrazione, edilizia abitativa, natalità e servizi alle famiglie (indigene e immigrate);
- che l’incombente Finanziaria regionale 2026 destini il 10% del proprio budget al finanziamento del Piano suddetto, dando il via (finalmente!) ad un investimento verso politiche di sviluppo, inclusione e coesione sociale. Rassegnarsi? Giammai, dunque! Serve OSARE… e, forse, anche “OSEé”.
Economista RilanciaFriuli.
- Fulvio Mattionihttps://ilpassogiusto.eu/author/fmattioni/
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