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Numero 42 | 26 settembre 2025

Carceri Udine

A Udine architettura penitenziaria di qualità per modi e obiettivi


Il 22 luglio scorso il Consiglio dei ministri ha approvato il piano carceri presentato dal ministro Nordio. Si tratterebbe della risposta del governo ad un 2025 drammatico per il sistema penitenziario italiano. “Drammatico” in questo caso è un eufemismo, ma lo scorrere degli anni e delle parole ha svuotato gli aggettivi del loro significato. Il sovraffollamento è insostenibile e fuori controllo, tendente al continuo incremento a causa della previsione di nuove fattispecie di reato sin dall’inizio di questa legislatura, nella quale il paradigma punitivo e repressivo ha trovato la summa con l’approvazione del cosiddetto Decreto Sicurezza convertito in legge lo scorso 11 giugno: un’idea di disciplina che non accetta financo il dissenso e la protesta pacifica e che trasforma anche incolpevoli neonati in complici del male, nemici del benessere dei cittadini normali, quindi roba da rinchiudere!

Al momento dell’insediamento dell’attuale governo i detenuti presenti nelle carceri italiane erano poco più di 56.000. Al 30 giugno 2025, trascorsi appena due anni e mezzo, se ne contavano 62.728, oltre 6.500 più di allora, con una crescita del 12%. Che succede? Siamo sempre più delinquenti? Tutt’altro, la maggior parte dei reati cruenti è in calo da tempo. Ma ciò che cresce sempre più sono marginalità, disagio e miseria, contro cui va poco di moda lottare. La risposta dovrebbe stare negli strumenti di welfare, ed invece, per la verità non solo da due anni e mezzo, si cercano soluzioni nella bulimia penalista. Chiunque si occupi di carcere sa bene che assai più di un terzo della popolazione carceraria è fenomeno di “discarica sociale”. Attualmente il numero di persone che scontano una pena in esecuzione esterna (ossia con misure diverse dalla detenzione in carcere) sono oltre 100.000. Il Paese non cadrebbe nel disordine se fossero 120.000, ed il problema del sovraffollamento sarebbe risolto, senza costruire altre orrende gabbie. Ma senza gli strumenti per dare un luogo ed un contesto sociale a chi ha la disgrazia di non averli…la soluzione resta il carcere. Così, per non perdere di vista casa nostra, capita che nella Casa circondariale di Udine, che ha una capienza di 96 posti, oggi si trovino detenute 180 persone: quasi il doppio!

Ma torniamo alla “risposta”, ossia al piano carceri. Si basa su tre pilastri: presunte nuove forme di detenzione per alcoldipendenti e tossicodipendenti, alcune irrilevanti modifiche al regolamento di esecuzione e…udite udite…un bel programma di edilizia penitenziaria. D’altra parte, se vuoi creare tanti nuovi “delinquenti”, devi pure trovare dove metterli, dopo che hai stipato l’impossibile. Nordio ha persino osato argomentare che il sovraffollamento è utile al contenimento dei suicidi, in spregio a qualsiasi senso della misura e di umanità. Ebbene, poiché è risaputo che costruire nuove carceri richiede un tempo infinito ed un mare di danaro, il programma prevede dei bei moduli prefabbricati che occuperanno gli spazi esterni già carenti di prigioni già claustrofobiche. Insomma, dei container di cemento armato! Il ministro ed il governo tutto non hanno trovato ispirazione nella Carta costituzionale, per costoro la risposta alla tragedia è l’edilizia penitenziaria, muri brutti e disumani ma pur sempre muri.

Buone pratiche in via Spalato 

Ma qualche “buona pratica” in Italia resiste ed ostinatamente indica altre strade: quelle ispirate alle previsioni dei padri costituenti, che trovano strumento anche in esempi virtuosi di architettura penitenziaria. Sta accadendo a Udine, davvero! Per i tempi e per le modalità con cui si sta realizzando si tratta di un piccolo miracolo, divenuto grande nell’attuale temperie. Oltre i muri di via Spalato, quasi nel centro della città, da alcuni anni procede alacremente un cantiere, per creare in quel sito condizioni di esecuzione penale coerenti con l’articolo 27 della Costituzione e per allacciare fili di relazione fra ciò che è dentro e ciò che sta fuori.

Il 12 novembre del 2021, nell’ambito del seminario “Via Spalato cambia volto”, fu presentato il programma degli interventi previsti dall’Amministrazione penitenziaria centrale per il triennio 2021-2023 finalizzati alla riorganizzazione, alla ristrutturazione e riqualificazione generale dell’intero istituto penitenziario, ed in particolare alla creazione di adeguati spazi per le attività trattamentali per la popolazione detenuta. Il “grande negoziatore” dell’operazione era stato Franco Corleone, nel frattempo nominato anche Garante cittadino dei diritti delle persone private della libertà individuale.

Da allora le complessità affrontate sono state numerose ed imponenti, anche in considerazione della necessità di trasformare il carcere mantenendo all’interno la sua popolazione (che addirittura, nel frattempo, è cresciuta a dismisura) in una cornice di regole ed esigenze ovviamente stringenti. Difficile raccontare in poche righe la mole di cose già fatte e di quelle in via di completamento, verso un traguardo che verosimilmente sarà raggiunto a fine 2025 o nella prima fase del 2026.

Verso la conclusione dei lavori

Si è iniziato con una ristrutturazione ed un adeguamento sismico dell’edificio di portineria su via Spalato per la creazione di una Sezione per i detenuti in regime di semilibertà; ha fatto seguito la ristrutturazione dell’edificio ex femminile dove trova sede un nuovo polo didattico – formativo, fase che si è appena completata; si prevede la riqualificazione degli spazi di passeggio con il rifacimento di una superficie adibita al gioco del calcetto; saranno ristrutturati e riorganizzati gli spazi per i colloqui e le aree verdi per i colloqui esterni; sarà realizzata anche una nuova infermeria al piano terra dell’istituto. Gli interventi di risanamento già realizzati hanno riguardato l’intero edificio, con la sostituzione degli infissi, il risanamento del sottotetto, il recupero di molti spazi abbandonati e degradati, l’installazione di pannelli fotovoltaici. Ora, nella fase conclusiva, sta per prendere forma il cantiere di una Sala Polifunzionale, il fiore all’occhiello di questa grande impresa. Situata al centro dell’istituto penitenziario, essa è stata immaginata come un grande spazio continuo, compartimentabile se necessario, per ospitare aule e soprattutto un vero e proprio teatro, accessibile anche dalla collettività esterna in caso di eventi e di attività sociali e culturali aperte al pubblico. Si tratta in sintesi del luogo simbolo dello sforzo di connessione fra mondo recluso e mondo esterno, di trasformazione di un “non luogo” per eccellenza in luogo della città, di dialogo e relazione fra la città ed il proprio carcere, di restituzione progressiva alla comunità per coloro che con la comunità hanno vissuto una cesura.

La realizzazione di questi spazi rappresenta aspetti valoriali importanti, frutto di un imponente, lungo e faticoso lavoro di approfondimento e condivisione tra amministrazione penitenziaria, professionisti, associazioni di volontariato, soggetti del terzo settore e realtà cooperative. Si è trattato dunque di un impegno di grande partecipazione e condivisione, in un’ottica di interpretazione dell’opera non come mera “ristrutturazione” o realizzazione di spazi, bensì come sforzo di immaginazione di luoghi migliori e di vere opportunità: architettura, dunque, non edilizia!

Non solo un progetto edilizio, una rete sociale attorno al carcere

I garanti comunali che si sono succeduti nel periodo, Franco Corleone prima e Andrea Sandra da oltre un anno, hanno svolto una instancabile ed efficace azione di stimolo e coordinamento dei tavoli di partecipazione. Certamente il loro impegno ha trovato e ritrova costantemente terreno fertile in un tessuto di grande vivacità del mondo associazionistico e di diffuso senso di solidarietà di soggetti singoli e collettivi. Basta ricordare, a titolo di esempio, il successo di una rapidissima raccolta fondi ferragostana nel 2024 per dotare di un frigo ogni cella dell’istituto, la partecipata marcia silenziosa di Natale 2024, o il recente cospicuo contributo della cooperativa “Dinsi une man” destinato all’acquisto degli arredi del teatro.

I pezzi più consistenti del puzzle prendono corpo, e si avvia finalmente il tempo delle doverose ed opportune celebrazioni. Il 31 luglio ed il 1° agosto si inizia con l’inaugurazione del nuovo polo formativo – ricreativo – lavorativo, che include una splendida biblioteca convenzionata con la Biblioteca Civica di Udine. Una giornata davvero importante per Udine, nel solco dell’eredità delle personalità di grande valore, in tema di diritto e di diritti, che hanno caratterizzato la storia recente del Friuli e di Udine: Pier Paolo Pasolini, Davide Maria Turoldo, Loris Fortuna, Pierluigi Di Piazza, Beppino Englaro per citare i principali fra essi.

Mentre la politica, in Italia ed in buona parte del mondo che si immaginava irreversibilmente democratico, si mostra quotidiana protagonista di svolte antidemocratiche e persino autoritarie, mentre la violenza si declina in tutte le sue manifestazioni sino a quella più brutale dei conflitti bellici, mentre la propaganda vuole convincere che la sicurezza ed il benessere dei “normali” passa attraverso il concentramento e la disumanizzazione dei reietti e dei “marginali”, dalle nostre parti tira ancora un po’ di aria buona, di umanità, di solidarietà, di appartenenza ad una comunità ancorata alla Costituzione. Un po’ di orgoglio in questi casi non guasta. 

 

Qui puoi vedere il progetto “Cambiano i muri, cambiano le relazioni”

Carceri di udine, foto storica del 1923
Carceri di udine, foto storica del 1923
Massimo Brianese
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Coordinatore della Comunità udinese del Patto per l’Autonomia

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