
Udine, 14 ottobre, Italia-Israele, un anno dopo
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È passato un anno dalla prima partita svoltasi nello Stadio Friuli. Cosa è cambiato, cos’è uguale?
Prima di tutto c’è una tregua, finalmente; la notizia è di poche ore, di giorni, e speriamo che sia confermata. Speriamo che dia respiro alla popolazione civile di Gaza, che gli aiuti umanitari possano arrivare, che sia l’avvio di qualcosa che assomigli ad una pace per la Striscia.
Ma Gaza non è tutto, è solo l’ultimo cerchio dell’inferno. Poi c’è la Cisgiordania e la caccia ai palestinesi, poi i territori siriani occupati, il Libano. Oltre l’orizzonte l’Iran e altro ancora.
Poi c’è la degenerazione di Israele, un progetto nato dagli accordi del colonialismo europeo, diventato poi dopo l’Olocausto in Europa il possibile rifugio sicuro degli ebrei, e ora invece uno stato la cui mitologia fondativa è costituito dall’Antico Testamento, in cui vige la discriminazione razziale e l’apartheid, che non rispetta nessuna sede sovranazionale, che possiede armi nucleari ma non aderisce a nessun sistema di garanzia.
Le guerre o la rottura della tregua restano ampiamente una possibilità, la pace una speranza.
Un anno dopo però qualcosa è sicuramente cambiato nelle opinioni pubbliche europee e, sembra, anche statunitense. Non c’è stata assuefazione o rassegnazione alla violenza contro i civili rivendicata e praticata, non c’è stata l’accettazione acritica di “verità di stato”, né la subordinazione alla legge del più forte o l’accucciarsi vergognato alle accuse di “antisemitismo”, ormai tanto inflazionate da non essere credibili, soprattutto se lanciate da chi, fino all’altro giorno, strizzava l’occhio a chi negava la stessa esistenza dei campi di sterminio.
Si tratta di milioni di persone nel mondo e probabilmente la lettura e l’interpretazione di quanto accade darà da fare prossimamente. Non è un movimento politico di massa in senso stretto, è probabilmente soprattutto una reazione umana, un rigetto morale, una volontà di protesta. So cosa accade, mi offende, non sono d’accordo.
Sarà di più? Forse sì, forse no.
Ma motivi perché diventi fenomeno frequente se non costante ce n’è, in casa nostra come in Europa e anche più in là, perché ci sta cambiando il mondo sotto gli occhi. Mai come oggi, a mio ricordo, un movimento d’opinione per la pace è stato così osteggiato nei media, messo all’indice nelle istituzioni, aggredito nelle piazze, perseguitato nelle persone.
Un esempio fra tanti la presentazione di una proposta di legge, firmatario Gasparri col n. 1627, che intende utilizzare “l’antisemitismo” per trasformare analisi, opinioni e movimenti popolari in reati veri e propri, con tanto di pene pecuniarie o penali. Dopo i decreti sulla sicurezza continua così da parte del Governo e della maggioranza un attento esame dei fenomeni sociali e culturali ritenuti “devianti”, che vengono mistificati e trasformati da comportamenti e opinioni in fattori di disordine sociale e quindi da perseguire con leggi puntuali e precise.
Un motivo di più per prendere atto che le guerre non le combattono solo gli eserciti ma le intere società che questo accettano, o così sono indotte a fare. Questa guerra mondiale a pezzi non è lontano da casa ma, ormai, dentro casa.
Salutiamo la tregua, speriamo che regga, ma andiamo alla Marcia della Pace il 12 e in corteo a Udine il 14 ottobre proprio per questo. Per fermare la guerra e il riarmo, per solidarietà con il popolo di Gaza ed i palestinesi, per non dimenticare cosa è successo, perchè la guerra non avveleni le nostre economie e la nostra società.
- Elia Mionihttps://ilpassogiusto.eu/author/emioni/
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