
Aree idonee per il fotovoltaico: legge insoddisfacente ma necessaria. Guardiamo oltre
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Non possiamo esprimere soddisfazione in merito all’esito della legge regionale sulle aree idonee per il fotovoltaico, dato che praticamente nessuna delle nostre proposte è stata presa in considerazione. Tuttavia abbiamo scelto di astenerci come atto di responsabilità, in considerazione della necessità di procedere a normare con urgenza oltre che del grande lavoro fatto dagli uffici su un tema così tecnico, delicato e complesso, confezionando una legge nei pochi spazi concessi dalla confusa normativa italiana.
Ma se è vero che i vincoli imposti dalla normativa italiana sono stringenti, è altrettanto vero che in 7 anni di governo il centrodestra non ha fatto nulla per ampliare le competenze della Regione nel campo dell’energia e del governo del territorio. Questa inerzia ha determinato la situazione in cui ci troviamo oggi.
Supportiamo il Green Deal, ora più che mai
Gli obiettivi fissati per la decarbonizzazione sono ambiziosi e ci mettono nelle condizioni di dover accelerare la riduzione dei consumi e la conversione energetica. L’accordo di Parigi, firmato da 194 paesi e dall’UE, che quest’anno compie 10 anni dalla sua stipula, prevede l’impegno a contenere l’innalzamento della temperatura media globale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali, e proseguire gli sforzi per circoscriverlo a 1,5°C al fine di evitare le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico. Per raggiungere questi obiettivi, i paesi hanno fissato dei traguardi, noti come contributi determinati a livello nazionale o NDC (dall’inglese nationally determined contributions) e che saranno riesaminati proprio quest’anno, sebbene ricordiamo che nel 2024 la soglia di 1,5°C è stata superata per dodici mesi di seguito.
Tutti i 27 stati membri europei hanno preso l’impegno di far diventare l’UE il primo continente a impatto climatico zero entro il 2050 come obiettivo a lungo termine nell’ambito dell’accordo di Parigi, dotandosi con la legge clima del 2021 di obiettivi climatici giuridicamente vincolanti che riguardano tutti i settori chiave dell’economia. Nel 2019, dopo che il Parlamento EU aveva dichiarato l’emergenza climatica, la Commissione europea ha presentato la tabella di marcia per un’Europa climaticamente neutra, il Green Deal, che prevede di ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. I paesi dell’UE devono quindi elaborare un piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNEC), e per raggiungere questi obiettivi ciascuno deve fare la sua parte, inclusa la nostra Regione.
Dovrebbe essere anzi l’occasione di sfruttare la nostra specialità per fare di più, meglio, e prima. Ricordiamo che, nel 2020, la Giunta Fedriga della XII Legislatura proponeva nella generalità 812 di “suggerire alla UE l’individuazione della Regione Friuli Venezia Giulia quale Regione pilota per la sperimentazione della strategia (del Green Deal, ndr) […] Se l’Amministrazione regionale intendesse avviare questo progetto, gli obiettivi da perseguire risulterebbero molto più stringenti di quelli fissati dalla Commissione Europea, posto che, diversamente dalle altre Regioni e dagli altri Stati della UE, tenuti a raggiungere la neutralità entro il 2050, il Friuli Venezia Giulia dovrebbe impegnarsi a conseguirli in tempi più ristretti, presumibilmente ridotti di almeno 5 anni rispetto ai 30 assegnati nel restante ambito europeo”.
Ricordiamo altresì che la Legge regionale 4/2023, FVGreen – Disposizioni per lo sviluppo sostenibile e la transizione ecologica del Friuli Venezia Giulia, all’art. 1, comma 2 recita: “La Regione si impegna a conseguire l’obiettivo di lungo termine di emissioni di gas a effetto serra nette uguali a zero entro il 2045 e a una riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, pari almeno all’obiettivo nazionale assegnato dall’Unione europea, entro il 2030”. Il problema è che, a due anni dall’entrata in vigore della legge, quasi nulla è stato fatto materialmente, e ne mancano solo cinque al 2030.
Dobbiamo dunque rinnegare gli impegni di Parigi, o cancellare il Green Deal? Assolutamente no. Non è colpa dell’UE se non siamo riusciti a fare la nostra parte finora, e non è incolpando le politiche di conversione energetica che usciremo dalla crisi climatica, con tutta la distruzione e le morti che sta già causando. Dobbiamo agire, in fretta, e l’UE fa bene a imporre obiettivi ambiziosi e a pretendere che si acceleri, tutti.
In questo contesto l’Amministrazione guidata dal Presidente Fedriga a nostro avviso non ha fatto abbastanza, soprattutto nell’utilizzo della specialità regionale e degli spazi di azione che questa avrebbe potuto rivendicare nel rapporto con lo Stato. Questo vale anche rispetto al dibattito oggetto della presente legge: maggiori spazi di autonomia in tema di pianificazione e governo del territorio avrebbero permesso una gestione diversa del fenomeno speculativo cui stiamo assistendo passivamente? Noi crediamo di sì e riteniamo che non aver aperto un confronto serrato con lo Stato su questo tema sia stato un errore, di cui ora paghiamo le conseguenze.
Grande è la confusione normativa
Nel corso dell’audizione in Commissione, relativa all’esame del presente progetto di legge, sono emersi temi tecnici e legislativi dirimenti, in un quadro normativo piuttosto complesso e in continua evoluzione sia sul piano italiano che europeo. Questa norma, infatti, viene portata in Aula, come è stato più volte sottolineato, nonostante non sia ancora stata pubblicata la sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio in merito ai ricorsi presentati dagli operatori per impugnare il decreto ministeriale sulle aree idonee del 21 giugno 2024, contestando proprio la discrezionalità riservata alle regioni, a cui era data la «possibilità» (non quindi l’obbligo) di rispettare le aree idonee già indicate dal decreto 199/2021 a sua volta attuativo della Direttiva (UE) 2018/2001 (cd. Direttiva RED II) sulla promozione delle rinnovabili. Nel frattempo questa situazione di incertezza normativa ha comportato un aumento delle richieste di installazione di impianti del 215%, e ogni ulteriore dilatazione dei tempi rischia di farci arrivare troppo tardi.
Governo del territorio per la tutela del paesaggio
È imprescindibile la necessità di non consumare suolo e di tutelare il paesaggio, i corridoi ecologici, le aree di wilderness. E qui si apre il tema vero, perché una volta individuate le aree idonee, qual è la proattività della Regione in questa direzione? Si sta ragionando, ad esempio, sul rapporto con Autostrade Alto Adriatico per le aree vicine all’autostrada, o con RFI per le aree ferroviarie, su accordi con lo Stato rispetto alle aree militari dismesse? Si sta ragionando sulle azioni (anche finanziarie) necessarie per incentivare gli investimenti su aree già impermeabilizzate o aree agricole non utilizzate, anche attraverso accordi con le amministrazioni competenti, semplificazioni procedurali e incentivi economici? Tali aree sono stimate nel Piano Energetico Regionale essere di oltre 13.000 ettari, che sarebbero più che sufficienti a coprire le necessità regionali, comprese quelle per la decarbonizzazione del metano. Limitarsi a normare le aree idonee è abdicare a un fondamentale ruolo di indirizzo, considerando peraltro che, come più volte sottolineato, dalla “non idoneità” deriva solamente un diverso iter autorizzativo e non un divieto.
Nella nostra visione, la Regione dovrebbe avere un ruolo proattivo nell’indirizzare gli investimenti sulle superfici già impermeabilizzate, che di per sé basterebbero a coprire i fabbisogni regionali, tema su cui abbiamo presentato un ordine del giorno che è stato accolto.
Impianti piccoli, diffusi, solidali
Un’altra criticità riguarda il ruolo della Regione nelle contrattazioni tra lo Stato, i gestori della rete e delle cabine e i distributori. Attualmente i tempi di allacciamento di nuovi impianti sono inaccettabili e incompatibili con le necessità, bisogna agire in fretta potenziando la parte infrastrutturale della rete per non comprometterne la stabilità e aumentare la sua capacità di accogliere energia prodotta da fonti rinnovabili. Il Piano Energetico Regionale prevede un tavolo di confronto con le società di distribuzione proprio per valutare i piani di sviluppo, ma le risposte fornite durante l’audizione in merito a quale sia lo stato dei lavori e quali gli ostacoli che stanno rallentando il processo non hanno messo in evidenza tempi e modalità definiti per raggiungere gli obiettivi. Inoltre va valutata l’intersezione tra la reale disponibilità di potenza nelle cabine di alta tensione e le restrizioni che si vanno a imporre.
Questo è un tema cruciale perché si ripercuote anche sulle Comunità Energetiche, le quali ora che potrebbero finalmente decollare, dopo tante attese normative e dopo percorsi di partecipazione lunghi e spesso faticosi, si ritrovano a non avere abbastanza potenza nelle cabine a cui dovrebbero allacciarsi. E questo ci fa arrivare al tema delle compensazioni, nella cui definizione la Regione dovrebbe ambire ad avere un ruolo più forte, pretendere l’aumento dei massimi previsti, prevedere partecipazione azionaria agli impianti, riservare una quota di potenza dedicata esclusivamente alle CER, pretendere che si faccia agricoltura. Anche su questo abbiamo presentato delle proposte, che sono state bocciate.
Insieme
Non ci stancheremo mai di ribadirlo: il coinvolgimento della cittadinanza è fondamentale. Oltre alle compensazioni, che spesso appaiono come un “comprare consenso”, è fondamentale assicurare un’autentica partecipazione delle comunità locali nelle decisioni relative agli impianti, prevedendo strumenti concreti di coinvolgimento, e garantendo trasparenza e accessibilità delle informazioni sugli impianti. Non possiamo pensare al territorio come un luogo fisico, asettico, oggettivo. Il territorio è abitato da persone, ed è fondamentale metterle al centro di ogni decisione, per garantire l’accettabilità sociale di ciascun impianto.
Auspichiamo che le nostre proposte e sollecitazioni possano essere tenute da conto dalla maggioranza nei prossimi mesi, quando l’Aula sarà chiamata di nuovo ad affrontare il tema. Continuiamo a lottare per una conversione ecologica che coniughi giustizia ambientale e sociale.
Giulia Massolino, dottorata in ingegneria dell’energia e dell’ambiente, con master in comunicazione della scienza, economia blu sostenibile e studi di futuro. Da sempre attiva nell’associazionismo, dopo esser stata Consigliera comunale con Adesso Trieste, di cui è co-fondatrice, è attualmente eletta in Regione con il Patto per l’Autonomia.
- Giulia Massolinohttps://ilpassogiusto.eu/author/gmassolino/
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