
Anche nella Valcanale si visse il dramma delle opzioni del 1939
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Cosa furono e cosa rappresentarono per le genti della Valcanale le opzioni del 1939 è stato un tema che il Consorzio Vicinale di Coccau (Tarvisio) ha voluto proporre ad un vasto pubblico in un soleggiato pomeriggio di inizio agosto nella splendida cornice del piccolo piazzale antistante la chiesa di San Nicolò di Coccau. L’incontro ha visto la partecipazione di due eminenti studiosi della materia Mauro Scroccaro e Lara Magri.
Mauro Scroccaro* è uno storico ed autore di un interessante volume sulle vicende che coinvolsero gli abitanti della Kanaltal (il toponimo tedesco che indicava la Valcanale) ed in particolare le vicende di una famiglia di contadini che viveva a Coccau. **Lara Magri è la responsabile del Museo etnografico a Malborghetto, ricercatrice e storica , che nel corso di questi anni ha raccolto testimonianze orali e scritte sulle vicende delle opzioni. Sul tema delle opzioni non esiste molta bibliografia in quanto un tema scomodo, relegato ad un ambito ristretto (Valcanale e Sudtirolo) di cui si sa poco e che i libri di storia ignorano completamente e che quindi necessita di un inquadramento storico.
Il nuovo confine dopo il Trattato di San Germano
La vittoria dell’Italia sull’Impero Austro-Ungarico rappresentò per il Kanaltal un evento cruciale. Il Trattato di San Germano, nel settembre del 1919, sancì il passaggio definitivo della Valcanale, al Regno d’Italia. Quando il confine tra le terre italiche ed austriache, fino ad allora segnato dal torrente Pontebbana, fu spostato più a nord per ragioni strategiche incorporò non solo i terreni ma anche le genti che vi abitavano. Essi da un momento all’altro divennero cittadini del Regno d’Italia. Vi fu, inizialmente, un massiccio afflusso di italiani soprattutto negli organi dell’apparato statale (militari, carabinieri, ecc.), successivamente la sostituzione riguardò anche struttura amministrativa e burocratica dell’ormai ex Impero. Bisognava a tutti i costi italianizzare quelle che furono definite le “terre redente”.
Questa situazione determinò nei residenti un forte senso di smarrimento con una prima ondata di emigrazione verso quello che rimaneva dell’ex Contea della Carinzia. Con l’affermarsi del regime fascista e l’opera di italianizzazione forzata del territorio si determinò, negli “allogeni”, la sensazione di essere “stranieri in patria”, esclusi dalla cultura che non gli apparteneva, obbligati a parlare una lingua diversa dalla madrelingua e del tutto impossibilitati a trovare posti di lavoro stabili, in particolar modo nel settore pubblico. Un’illuminante descrizione di ciò che accade la troviamo nella “Relazione del Commissario Civile del distretto politico di Tarvisio, Carlo Conte Mistruzzi, che inviò, nel maggio 1922, al Commissario generale per la Venezia Giulia. Nelle pagine iniziali si legge testualmente: “in primo luogo bisogna rinsaldare la compagine degli italiani … secondariamente bisogna battere inesorabilmente l’elemento pangermanista dominante dappertutto e dare quindi l’impronta di italianità al circondario affermando la supremazia italiana”.
Su queste premesse si fondò tutta l’attività del Commissario con ampi poteri in tutte le materie sia di natura amministrativa che politica. Nel 1923 fu istituita l’obbligatorietà della lingua italiana nelle scuole per tutta la popolazione e poco alla volta venne sospeso l’insegnamento in lingua tedesca. Il tedesco venne progressivamente bandito dalla vita pubblica, nella pubblica amministrazione venne previsto l’uso della sola lingua italiana. Le tendenze filo asburgiche della popolazione di lingua tedesca della Valcanale, che sognava l’indipendenza o la riunificazione all’Austria, furono soppiantate dall’irredentismo pangermanico propugnato dalle varie sezioni del partito nazionalsocialista che nel frattempo erano sorte anche in valle ed avevano fatto breccia soprattutto presso i giovani.
Heimat o Vaterland?
A questa intricata e difficile situazione seguì una seconda scellerata fase, quella dell’accordo Hitler-Mussolini. Un accordo di vera e propria pulizia etnica fatto sulla pelle di oltre 200.000 cittadini italiani di lingua tedesca. Il 23 giugno 1939 vennero siglati a Berlino gli accordi sul trasferimento della popolazione sudtirolese ma l’accordo comprendeva anche la comunità germanofona della Valcanale. Ai “Kanaltaler” fu data la possibilità di scegliere tra emigrare nei territori del Reich germanico o restare nel loro luogo di origine. In tal caso avrebbero dovuto rinunciare a qualsiasi prospettiva di mantenere la propria identità linguistica e nazionale. È bene ricordare che l’11 marzo 1938 iniziò l’invasione tedesca dell’Austria che si concluse ufficialmente il 13 marzo 1938 con l’incorporazione dell’Austria come provincia del Reich tedesco. Da quel giorno in poi al Valico di Coccau sventolò la bandiera con la croce uncinata. Ai Kanaltaler , quindi bastava percorrere poche decine di chilometri per ritrovarsi nella nuova “Heimat” (patria).
Per comprendere meglio le vicende è necessario, a questo punto, approfondire il concetto di Heimat. Non esiste un corrispettivo in lingua italiana, esso indica il legame affettivo, profondo e quasi spirituale di un individuo con un luogo, un paesaggio, una cultura o una comunità, che sente come la propria casa o come “piccola patria”. La traduzione diretta di “patria” è Vaterland terra dei padri), Heimat, invece, abbraccia un insieme di radici, appartenenza, benessere e identità personale, spesso legato ai ricordi d’infanzia e a un senso di origine. Ed è su questo concetto che si sviluppa il dramma delle opzioni. Recidere il proprio legame con la Heimat e trasferirsi nella “Neue Heimat” in terra straniera, o rimanere e subire un irreversibile processo di assimilazione perdendo la propria identità.
Scelte che divisero le comunità
Una comunità fino ad allora coesa si divise in due fazioni. Gli “Optanten” ovvero chi decise di lasciare i borghi natii trasferendosi nel Reich e rinunciando alla cittadinanza italiana (per lo più erano impiegati pubblici e lavoratori dipendenti) e i “Dableiber” (coloro che restano) costituito principalmente da chi aveva qualche proprietà o che era intimamente legato alle proprie terre di origine e che scelsero di rimanere in Italia. Questi ultimi, che furono una minoranza, vennero considerati dei traditori in quanto rinunciarono alla riunificazione delle genti di lingua tedesca in un’unica nazione: il Reich. I Dableiber non ebbero vita facile di fronte alla pressione capillare, organizzata e violenta delle organizzazioni naziste sorte in valle. Quest’ultime agivano indisturbate e con il beneplacito del regime fascista che vedeva nelle stesse un efficace strumento per liberare i territori redenti dall’elemento tedesco. Chi si oppose alle opzioni furono principalmente le organizzazioni clericali ed i preti ma essi avevano ben poco da offrire rispetto alle promesse mirabolanti della controparte. Dopo quasi vent’anni di oppressione fascista, la scelta per lo status quo e per l’Italia appariva assai meno attraente di quella a favore della conservazione dell’identità tedesca e di un futuro nella Grossdeutschland che veniva presentato come radioso.
Ma non era tutto oro ciò che luccica. La Germania nazista aveva bisogno di uomini da mandare sui vari fronti di conflitto ed inoltre non era in grado di soddisfare tutte le promesse sventolate durante la campagna a favore delle opzioni verso il Reich. La propaganda pro-opzione ebbe successo e il 90% dei capifamiglia (erano loro che decidevano per l’intero nucleo familiare) optò per il Reich. A differenza di quanto avvenne in Sudtirolo (termine utilizzato dagli autoctoni e Alto Adige per il resto d’Italia) per il Friuli Venezia Giulia ci sono voluti anni perché fosse varata una norma a difesa delle minoranze linguistiche. Una legge tardiva e che, tra l’altro, non rileva la netta distinzione che esiste tra le isole alloglotte presenti sul territorio regionale e dove si parla il tedesco o un dialetto simile al tedesco di origine antica e la minoranza di lingua madre tedesca che decise caparbiamente di rimanere nella propria Heimat.
*Mauro Scroccaro Dall’aquila bicipite alla croce uncinata: l’Italia e le opzioni nelle nuove provincie Trentino, Sudtirolo, Val Canale, 1919-1939 – Museo storico in Trento, 2000
** Lara Magri, Valcanale 1939. La grande storia nel destino di una piccola valle/Kanaltal 1939. Die große Geschichte im Schicksal eines kleinen Tales – Malborghetto – Pontebba: Museo Etnografico “Palazzo Veneziano” Malborghetto – Comunità montana del Gemonese, Canal del Ferro e Valcanale, 2014

Già Vicesindaco di Tarvisio e Consigliere della Provincia di Udine. Presidente del Consorzio Vicinale di Coccau.
- Giorgio Pippanhttps://ilpassogiusto.eu/author/gpippan/
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