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Numero 43 | 10 ottobre 2025

passo di monte croce

A Mauthen per il futuro delle vallate della Gail e del But


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Chiunque di noi avrà ben presente la sensazione di fregatura che causavano le televendite che imperversavano tra gli anni ’90 e 2000. Fossero spazzole, attrezzi ginnici, diete miracolose o gioielli, il peggior campanello d’allarme non erano la discutibile qualità o il finto prezzo stracciato dell’oggetto in questione, ma l’ostentata assenza di difetti. Almeno secondo il venditore.

Ecco: quando parliamo dell’ipotetico Tunnel di Passo Monte Croce Carnico, la sensazione è esattamente la stessa.

A oggi il problema non è il quanto sarebbe bello se ci fosse, né tantomeno i costi esorbitanti. Ma la totale disonestà politico-amministrativa di chi ha deciso di “venderci” l’opera a ogni costo, esaltandone pregi previsti e presunti e glissando su tutte le possibili criticità. Ma partiamo per gradi.

La notte tra l’1 e 2 dicembre 2023 una frana gigantesca è rovinata su Passo Monte Croce, danneggiando gravemente la strada e bloccando il passaggio. La portata dell’evento è stata straordinaria, ma è accaduta in un luogo soggetto a questi tipi di fenomeni. La messa in sicurezza e la riapertura del valico sono parse immediatamente complesse e da subito si è cominciato a ragionare su possibili alternative per il percorso stradale. 

Non avrai altro che un traforo!

Proprio in mezzo a questi discorsi ha ripreso piede un’opzione che da decenni sbuca, di tanto in tanto: il traforo.

Un’alternativa all’apparenza comoda, rapida, sicura (forse…) che chiunque accetterebbe di buon grado, e che da lì in poi è stata spinta fermamente da una serie di portatori di interesse e politici, in primis, dal Vicepresidente del Consiglio Regionale, Stefano Mazzolini.

Quel che ne è seguito è stata una valanga di proclami, visite al Ministero, ritrattazioni, rivendicazioni, annunci e abboccamenti. Tutti accomunati da un per nulla trascurabile dettaglio: si narravano i pro, non esistevano i contro.

E se per un anno e mezzo il problema è stato che “parlare solo del tunnel” rischiava di drenare attenzione e risorse alla riapertura immediata del tratto, debitamente messo in sicurezza dal 30 luglio di quest’anno, l’accordo di massima per un tunnel da 4.1 km (più corto e in quota della versione “originale”), è realtà. Costo stimato 500.000.000 €, progetto di fattibilità tecnico-economica entro un anno.

Da quel momento, varie realtà e soggetti del territorio che avevano espresso perplessità e dissenso per un’opera con molti punti interrogativi, hanno cominciato a coagulare. Persone che, sia dal lato italiano che austriaco, si sono poste delle domande, che potremmo dividere in tre macro-categoria: ricaduta ambientale, gestione del traffico e finalità dell’opera.

Nasce il Comitato Pro Carnicum

Il 21 settembre scorso si è svolta proprio a Mauthen una riunione tecnica a riguardo, tra quelli che da lì in poi si costituiranno nel comitato Pro Carnicum.

Le prime perplessità sono state espresse dal geologo Hans-Peter Schönlaub, uno dei massimi esperti delle Alpi Carniche, che individua nel motivo della frana stessa una delle più grandi criticità al tunnel: la fragile roccia calcarea del complesso che va dal Pal Piccolo al Coglians, insieme alla disposizione dei suoi strati tanto ripida da essere quasi verticale, espone un eventuale traforo, realizzato perpendicolarmente, ad una possibilità di cedimenti e slittamenti per nulla remota.

Segue l’analisi di Maurizio Ponton riguardo le acque, forse la più impattante. Il sistema idrico del Complesso Montano attorno al passo alimenta la sorgente del Torrente But e il Fontanone di Timau, dove si trova l’imboccatura del più importante acquedotto della Carnia, che serve migliaia di persone. Il tunnel forerebbe in pieno gli strati permeabili, pieni d’acqua, a monte di entrambe le fonti, profilando scenari imprevedibili. È un rischio che vogliamo correre?

L’intervento di Gerard Unterweger è una ricostruzione meticolosa di tutte le volte in cui la politica, il settore produttivo e quello turistico hanno ammiccato all’idea del traforo. Protocolli di intesa, intenzioni, individuazioni strategiche. Un numero impressionante di citazioni, esplicite o tra le righe, che mettono in luce due aspetti evidenti. Il primo è la palese vacuità della tanto declamata esclusione del traffico pesante (non ci si dica che non passeranno Tir in un traforo che, per esempio, Confindustria definisce costantemente strategico!). Il secondo, è la convergenza di interessi particolari, regionali, nazionali e sovranazionali per l’apertura del ramo Trieste-Monaco del corridoio Pan-Europeo dei trasporti (quello che, per intenderci, parte dal Porto di Trieste, passa la Mittel-Europa e arriva al Baltico). Parliamo di un progetto del secolo scorso che prevede di deviare una mole colossale di traffico tra la Valle del But e la Valle del Gail, i cui principali portatori di interesse non abitano di certo nelle Alpi.

Le criticità di questa progettualità, che vede la Carnia come un mero luogo di passaggio, sono lampanti. Come farà la rete stradale a reggere questo nuovo traffico intenso, anche escludendo quello pesante? Cosa succederà nelle ore di punta sullo svincolo della superstrada di Tolmezzo Nord, all’attraversamento di Imponzo e Cadunea o del ponte di Cedarchis, nel passaggio attraverso Arta e poi lungo tutta la strettoia verso Sutrio? E infine, nel tratto da Cleulis al Passo? E non varrà forse lo stesso sull’altro lato del confine, partendo dall’attraversamento dell’abitato di Mauthen fino al dover centrare in pieno la città di Lienz?

Si faranno nuove strade, che in uno spazio limitato taglieranno fuori i paesi (vedasi la Val Canale) o si lascerà che il traffico li renda invivibili?

Al lavoro per costruire informazione

Robert Unglaub, ha esposto come questi aspetti siano in aperto contrasto con la convenzione delle Alpi, sottoscritta da entrambi i paesi, oltre che con gli obbiettivi dell’Agenda Europea per il 2030, che prevede un drastico calo dei trasporti su gomma.

Infine Elisabeth Kubin ha smentito un caso abbastanza emblematico di “cherry picking” (letteralmente, raccolta di ciliegie, ovvero la tendenza a raccogliere ed evidenziare solo le prove a sostegno di una tesi) di un articolo parascientifico uscito alcuni mesi fa, in cui si dipingeva il tunnel come una garanzia di risparmio di CO2, banalmente risparmiando chilometri agli autoveicoli. Tutto logico, se ignoriamo volutamente la mole enorme di emissioni che verrebbe rilasciata durante costruzione.

Sono tutti aspetti complessi, che Pro Carnicum pubblicherà nel tempo, sviscerandoli nel dettaglio. Quello che li accomuna è il rigore analitico scientifico.

Nessuno dei presenti era contro la riapertura del Passo. Nessuno è contro il progresso, tantomeno contro il benessere delle proprie Vallate. Erano tutti ugualmente preoccupati. Preoccupati da una politica monodimensionale, che cerca consenso facile senza analisi. Preoccupati che gli interessi di altrove vengano mascherati per nostri, a discapito della montagna. Sono cose già successe troppe volte per cascarci.

E vogliamo essere chiari. A tutti piacerebbero risposte semplici. A chiunque piacerebbe arrivare in Austria in pochi minuti. Ma quello che ci viene proposto è davvero la soluzione giusta? È davvero la soluzione per noi?

Mirco Dorigo
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Di Caneva si Tolmezzo, è operatore socio sanitario in una Comunità che si occupa di persone con disabilità, da sempre impegnato nell'associazionismo, con particolare attenzione alle questioni ambientali. Attuale Presidente della Consulta Frazionale di Caneva di Tolmezzo.

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