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Numero 42 | 26 settembre 2025

Muoviamoci - Staffetta partigiana
Muoviamoci – Staffetta partigiana

“Staffetta Partigiana per un’Altra Europa”: tra conflitti globali e sfide sociali, un appello al cambiamento


Un evento promosso e coordinato dall’ANPI, che ha visto la partecipazione di figure di spicco del mondo dei diritti umani, della teologia, del diritto del lavoro e delle nuove generazioni, tutte unite da una profonda preoccupazione per il futuro del continente e del mondo.

Antonella Lestani, coordinatrice regionale ANPI, ha introdotto i lavori, sottolineando l’urgenza di affrontare le molteplici crisi che caratterizzano il nostro tempo. E sottolineando come il Narodni Dom di Trieste, che ha ospitato questa ultima tappa della “Staffetta Partigiana per un’Altra Europa: Pace, Lavoro, Democrazia, Diritti”, sia un luogo simbolo di memoria e resilienza.

Un mondo in turbolenza: crisi dei leader e paura come strumento di governo 

Andrea Bellavite, teologo, saggista e giornalista, ha aperto il dibattito con una constatazione allarmante: stiamo vivendo il periodo con il più alto livello di conflitti dalla Seconda Guerra Mondiale. Questa turbolenza globale, ha spiegato, deriva dal fallimento dei leader mondiali nel trovare soluzioni coordinate ai problemi che affliggono l’umanità. Si acuiscono le disuguaglianze economiche, la crisi climatica è gestita con superficialità e manca una visione politica per la giustizia sociale, anche di fronte a sfide epocali come l’intelligenza artificiale e la conseguente perdita di posti di lavoro. “Il lavoro non è solo un modo per essere pagati, è anche come mi presento, chi sono”, ha ribadito Bellavite, evidenziando il vuoto identitario che potrebbe crearsi. Di fronte a questi silenzi colpevoli della politica, la strategia più facile diventa quella di “trovare un nemico esterno”, catalizzando paure e pregiudizi verso stranieri e migranti, trasformando la paura in un cinico strumento di governo.

La restrizione del diritto di protesta: una democrazia sotto attacco 

Alba Bonetti, Presidente di Amnesty International Italia, ha focalizzato il suo intervento sulla preoccupante restrizione del diritto di protesta in Europa, un tema centrale anche per il nostro Paese. La protesta pacifica, ha denunciato, viene sempre più spesso criminalizzata e additata come una minaccia alla sicurezza nazionale. L’uso di termini denigratori come “barbari” per gli attivisti ambientali, l’introduzione di “leggi anti-gang” usate invece per reprimere il dissenso, e l’uso sproporzionato della forza da parte delle forze dell’ordine, sono segnali allarmanti. Amnesty ha riscontrato in 21 paesi europei una tendenza preoccupante alla schematizzazione del libero pensatore come criminale, limitando la possibilità di manifestare, imponendo vincoli e proibendo zone delle città. L’introduzione di nuovi reati e l’inasprimento delle pene per la disobbedienza civile, con l’utilizzo di bodycam i cui dati non sono trasparenti, mina l’articolo 17 della Costituzione italiana che garantisce il diritto di riunirsi pacificamente e senza armi. Bonetti ha ricordato l’appello di Amnesty, con quasi 50.000 firme, per chiedere correttivi a queste leggi.

Un altro punto dolente è l’uso delle “armi meno letali” come spray al peperoncino e proiettili di gomma, spesso utilizzati senza adeguata formazione e con modalità pericolose, come dimostrano casi di gravi lesioni permanenti. Amnesty chiede una regolamentazione internazionale per la produzione e commercializzazione di queste armi. L’intervento di Bonetti si è concluso con un richiamo alla responsabilità: “Nessuna conquista dei diritti umani è stata fatta su impulso di uno Stato. Sono sempre state le persone, le persone comuni”. In questo cinquantenario di Amnesty International in Italia, il messaggio è chiaro: i diritti umani sono “cristalli, sono meravigliosi e fragilissimi” e vanno difesi costantemente dalla disattenzione e dagli attacchi ricorrenti.

L’accoglienza come custodia del creato e alternativa possibile 

Anche Il tema dell’accoglienza “senza frontiere” è stato esplorato da Andrea Bellavite, che ha sottolineato come essa sia intrinsecamente legata alla consapevolezza che “la terra appartiene a tutti indistintamente”. Partendo dall’etimologia, “accogliersi reciprocamente significa coltivare insieme la terra, la stessa terra”, giungendo alla constatazione che “siamo un’unica umanità”. Se l’umanità viene prima degli aggettivi (tedesco, francese, musulmano, cristiano), allora le diversità diventano una straordinaria ricchezza. Bellavite ha citato due esempi, uno dal Primo Testamento (il Giubileo, che prevedeva il ritorno al punto di partenza ogni 50 anni per la ridistribuzione delle terre e l’abolizione della schiavitù) e uno moderno (il Giubileo del 2000, che proponeva l’abolizione del debito internazionale), per evidenziare come ideali di giustizia e riequilibrio siano sempre stati presenti, purtroppo spesso non realizzati. Un’emozionante lapide di Aquileia del IV secolo, dedicata a un africano di nome Restuto, ha offerto una potente metafora: “ad Aquileia Restuto, pur morto straniero… ha trovato più ospitalità che i suoi stessi genitori, più che la propria stessa famiglia”. Bellavite ha poi affrontato la realtà della “rotta balcanica” a Trieste, denunciando le condizioni disumane in cui centinaia di persone vengono lasciate al confine e la gestione del CPR di Gradisca, un “centro di permanenza per il rimpatrio” che, nato come “Centro di Permanenza Temporanea e Accoglienza”, è diventato simbolo di una politica che limita i diritti e non offre soluzioni umane. Contro questa deriva, la proposta concreta è il Sistema di Accoglienza e Integrazione (SAI, ex SPRAR). Bellavite ha portato l’esempio virtuoso di Aiello del Friuli, dove, con solo 2200 abitanti, il SAI ha permesso a circa 50 persone di trovare lavoro e casa in normali appartamenti, dimostrando come, affidato ai Comuni, questo sistema possa essere una risorsa sia per chi è accolto che per la comunità ospitante, creando una vera “integrazione”. Il caso di Monfalcone, città con il 30% di presenza straniera, è stato poi analizzato come “crociata” alimentata cinicamente dalla paura del migrante per fini elettorali. Bellavite ha sottolineato che la paura esiste e non va sottovalutata, ma ad essa bisogna rispondere con proposte alternative, creando spazi e luoghi di incontro, promuovendo il dialogo interculturale e dimostrando che “c’è molto di più da aver paura nel non accogliere che nell’accogliere”. 

L’Europa sociale: progressi, stasi e prospettive 

Roberta Nunin, Professoressa Ordinaria di Diritto del Lavoro all’Università di Trieste, ha offerto una lucida analisi dell’Europa sociale, ripercorrendo “stop and go” in materia di diritti del lavoro e tutele. Sebbene il Trattato di Roma del ’57 ponesse le basi per il miglioramento delle condizioni di vita, la vera spinta si è avuta solo negli anni ’70 con il primo programma d’azione sociale, che ha portato a direttive fondamentali su licenziamenti collettivi, parità uomo-donna e sicurezza sul lavoro. Dopo una fase di stasi negli anni ’80 (dovuta anche al rigorismo di Margaret Thatcher), la svolta con l’Atto Unico Europeo (seconda metà anni ’80) e i Trattati di Maastricht (’92) e Amsterdam (’97) ha rilanciato l’iniziativa legislativa, estendendo la lotta alle discriminazioni e valorizzando la contrattazione collettiva.

Gli anni 2000 hanno segnato un nuovo arretramento, con il fallimento di una svolta federalista e l’esclusione della Carta dei Diritti Fondamentali dal Trattato. La crisi finanziaria del 2008-2015, affrontata con “ricette iper-liberiste”, ha aumentato la disaffezione dei cittadini. Tuttavia, dal 2017, con il Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, si è cercato di rilanciare l’azione sociale, ponendo 20 principi e diritti fondamentali da realizzare entro il 2030, con obiettivi ambiziosi su occupazione (78%), formazione degli adulti (60%) e riduzione della povertà e dell’esclusione (meno 15 milioni di persone). Nonostante la ripresa normativa, con direttive importanti su salario minimo e trasparenza retributiva, l’Italia è ancora molto lontana dagli obiettivi, con un tasso di occupazione al 62,7% (e ancora più basso per le donne) e il 27% delle persone a rischio povertà. Nunin ha espresso preoccupazione per la nuova Commissione europea, dove non c’è un commissario unico per gli affari sociali e alcune direttive importanti (come l’anti-greenwashing) sono state bloccate anche dall’Italia. Tuttavia, ha visto un barlume di speranza nella consultazione pubblica lanciata dalla Commissione sul rilancio del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali. Ha concluso ribadendo l’importanza di seguire i processi decisionali europei e di far sentire la voce dei cittadini, poiché è dall’Europa che sono venuti molti avanzamenti sui diritti sociali e del lavoro, spesso disattesi a livello nazionale, come dimostrano i “mille morti sul lavoro all’anno”.

Tessere reti di pace: l’abolizione delle armi nucleari 

Lisa Clark, rappresentante di Beati Costruttori di Pace e dell’Associazione per il Disarmo Nucleare (ICAN), ha raccontato l’esperienza della Campagna Internazionale per l’Abolizione delle Armi Nucleari, che ha portato all’approvazione del Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari (TPNW) nel 2017. Un successo ottenuto grazie a un lavoro di “rete”, un metodo da applicare a tutti i temi della pace. ICAN ha promosso la “sicurezza umanitaria”, spostando il focus dalle proprietà degli armamenti alle loro devastanti conseguenze, anche grazie alle testimonianze dei sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki. Le armi nucleari, concepite per distruggere intere città, non sono strumenti di deterrenza, ha spiegato citando studi che prevedono un “inverno nucleare” e carestie globali in caso di conflitto nucleare. “La guerra non solo non risolve mai i problemi, ma la guerra produce e riproduce solo sé stessa”, ha affermato, citando Altiero Spinelli che evidenziava come la preparazione alla guerra distrugga anche la coesione sociale. L’appello è a smettere di pensare che le Nazioni Unite e il diritto internazionale siano inutili e a riscoprire lo spirito di Helsinki del ’75, dove i movimenti popolari e giovanili contribuirono a riaprire il dialogo tra Est e Ovest. Clark ha sottolineato che il disarmo nucleare è fondamentale non solo per i costi economici esorbitanti, ma perché “rendono impossibili le relazioni amichevoli tra stati”, unica via per un mondo di pace e sicurezza.

Una voce delle nuove generazioni: cambiamento e partecipazione 

Martina Chirico, giovane rappresentante di ReGeneration Hub e organizzatrice del Festival NanoValbruna, ha portato la prospettiva dei giovani. Le nuove generazioni vivono il cambiamento come una sfida in un futuro “molto incerto”, segnato da pandemie e guerre, ma con una forte propensione alla partecipazione. Le loro principali preoccupazioni si concentrano su inclusione e giustizia sociale, partecipazione democratica, emergenza climatica e un contesto economico che richieda stage retribuiti e il riconoscimento delle soft skills, come il volontariato. I giovani chiedono all’Europa uguaglianza dei diritti e facilità di spostamento per studio e lavoro, valorizzando programmi come l’Erasmus e l’idea degli “European Degrees”. Ha contestato il mito dei giovani passivi, che agiscono solo dal telefono: “Magari si inizia così, si inizia con i mezzi che noi abbiamo a disposizione adesso… però poi si scende in piazza. Si va per le strade, si va a manifestare per le cose in cui crediamo”. Il Festival NanoValbruna, che si tiene in un territorio di confine tra Italia, Austria e Slovenia, è un esempio concreto di come i giovani vedano i “confini come un’opportunità e non come un muro, come una barriera”. L’invito finale è stato a partecipare al Festival dal 17 al 23 luglio, come segno tangibile della volontà dei giovani di essere parte attiva del cambiamento.

Un appello all’azione per un’Europa diversa 

Gianfranco Pagliarulo, Presidente nazionale ANPI, ha concluso l’incontro, riprendendo le tematiche e rafforzando il messaggio di unità e azione. L’evento ha tracciato un quadro complesso ma non privo di speranza, sottolineando la necessità di una “Staffetta Partigiana” che continui a battersi per una Europa fondata sui valori di pace, lavoro, democrazia e diritti. L’invito è chiaro: non rassegnarsi, informarsi, partecipare e costruire reti, perché solo attraverso l’impegno civico e la solidarietà è possibile plasmare un futuro più giusto e inclusivo per tutti. L’Europa è a un bivio, e la scelta, come emerso da ogni intervento, è nelle mani dei suoi cittadini.

Staffetta Partigian
Staffetta Partigiana

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