
Marco Cavallo a Gradisca d’Isonzo: il viaggio della memoria che chiede giustizia
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Sabato 6 settembre, a Gradisca d’Isonzo, si è svolta la prima tappa del nuovo viaggio di Marco Cavallo. La grande scultura azzurra, nata cinquant’anni fa nel manicomio di Trieste come simbolo di libertà e dignità, è tornata in strada accompagnata da centinaia di persone. Dopo aver attraversato carceri e Ospedali Psichiatrici Giudiziari, sabato il cavallo di legno e cartapesta ha scelto di fermarsi davanti a un’altra ferita civile: i Centri di Permanenza per il Rimpatrio, luoghi che, come i manicomi di un tempo, cancellano la vita delle persone e ne negano i diritti fondamentali.
Fin dal mattino, la piazza di Gradisca d’Isonzo ha iniziato a riempirsi di gente: giovani, famiglie, associazioni, attivisti, operatori sociali, sacerdoti, cittadini comuni. Chi portava uno striscione, chi una bandiera, chi semplicemente la propria presenza. L’arrivo di Marco Cavallo ha attirato subito gli sguardi: imponente e fragile, dipinto di un azzurro acceso, sembrava guidare un corteo che non era solo una manifestazione ma un gesto collettivo di coscienza. A unire i partecipanti non c’era un’appartenenza politica, ma la consapevolezza che i CPR rappresentano un buco nero della democrazia, luoghi dove la dignità viene sospesa.
Sono circa trecentocinquanta le persone che hanno camminato fino ai cancelli del CPR di Gradisca. A scandire il passo non c’erano slogan aggressivi. Le bandiere sono state cucite con scarti di tessuto da Associazioni del Territorio: frammenti diversi, messi insieme per ricordare che la fragilità è parte della forza collettiva. A promuovere la giornata sono state Francesca Colombi del Forum Salute Mentale, Fabiana Martini di Articolo 21, Don Paolo Iannacone del Centro Balducci e Gianfranco Schiavone, presidente del Consorzio Italiano di Solidarietà.
Un buco nero della democrazia
Una rete civile, sociale ed ecclesiale che ha saputo unire mondi differenti per gridare un messaggio semplice: i CPR vanno chiusi. Hanno inoltre aderito numerose realtà associative e culturali: Medici Senza Frontiere, ASGI, Mediterranea Saving Humans, la Rete Mai più Lager – No ai CPR, People Casa Editrice, la Cgil regionale FVG, Articolo 21, il Comune di Gradisca, Benkadì, il Centro Balducci, ICS, la Casa del Popolo di Gradisca, l’UDI, Oikos ETS e molte altre, a testimonianza di come la mobilitazione abbia saputo coinvolgere mondi diversi, capaci di ritrovarsi su valori comuni di dignità e giustizia.
Accanto alla mobilitazione civile, la giornata ha visto anche un momento istituzionale: una delegazione composta dai consiglieri regionali Diego Moretti ed Enrico Bullian, dalle parlamentari Dem Debora Serracchiani e Rachele Scarpa e dal presidente regionale delle Acli Nicola Fadel ha compiuto un sopralluogo all’interno del centro.
All’uscita, il consigliere regionale Enrico Bullian ha dichiarato: «La visita odierna al CPR di Gradisca d’Isonzo conferma l’inefficacia e per certi aspetti il fallimento della gestione statale e di questa destra al Governo del Paese e della Regione sul tema dell’immigrazione. Di fronte a chi strilla sui rimpatri dei “clandestini”, i dati parlano chiaro: nel 2022 su 6.383 persone transitate nei CPR italiani, ne sono state rimpatriate appena 3.154, meno del 50%. I CPR hanno costi enormi, un impatto marginale sulla gestione dei flussi (circa l’1% della platea complessiva) e lasciano pesanti ombre in merito al rispetto dei diritti umani. Di fatto sono carceri senza averne criteri e caratteristiche, un modello che serve alla destra solo per alimentare paura. È inaccettabile». La deputata Rachele Scarpa ha aggiunto che le condizioni riscontrate all’interno confermano «la disumanità di questi luoghi, dove le persone vengono private della dignità e di ogni prospettiva di futuro».
Dal lato delle organizzatrici, Francesca Colombi ha sottolineato:
«Si è portata avanti l’attenzione alla salute mentale che riguarda tutti. Credo che da questa giornata dobbiamo tenere stretto il sentimento di quanto si riesca a costruire guardando agli altri sulla base di valori profondi che uniscono. Sono rimasta colpita ed entusiasta dalla partecipazione al corteo e dai contatti stretti con le splendide realtà di Parco Basaglia e Parco San Giovanni».
A dare profondità alla giornata sono state le parole di Peppe Dell’Acqua, psichiatra triestino e collaboratore di Basaglia. “…Marco Cavallo ha cominciato a scalpitare… questo è un viaggio di denuncia e di speranza. Quello che subiscono le persone nei CPR è una tortura. Non hanno documenti, non hanno nome, non hanno prospettiva di futuro. E quando viene meno la possibilità di pensare al futuro, si spegne la vita stessa.” Ha ricordato che il parallelo con i manicomi non è un artificio retorico, ma una realtà: “Anche lì, come qui, centinaia di uomini e donne venivano cancellati come persone. Allora Marco Cavallo ci ricorda, con la sua presenza ingombrante e fragile: ma voi uomini siete proprio stupidi.”
Quando il corteo è arrivato ai cancelli del CPR, il tempo si è fermato. Una lettera è stata letta ad alta voce, indirizzata ai trattenuti, e poi è sceso un silenzio lungo, quasi insostenibile. Non un silenzio vuoto, ma denso di presenza. In quell’attesa collettiva, interrotta solo dal respiro delle persone e dal fruscio delle bandiere mosse dal vento, era chiaro che la protesta non si fondava solo su parole ma su un gesto, su una presa di coscienza profonda: di fronte all’indicibile, talvolta l’unico modo di parlare è tacere insieme.
I CPR vanno chiusi
Anche il sindaco di Gradisca d’Isonzo, Alessandro Pagotto, ha preso poi la parola. Ha ricordato la mozione approvata lo scorso marzo dal Consiglio comunale e ha ribadito la volontà dell’amministrazione di continuare a chiedere la chiusura del CPR. Un impegno politico e morale che radica la protesta nel territorio, mostrando come la comunità non voglia più convivere con questa struttura.
La giornata si è conclusa con la consapevolezza che quella di Gradisca non è che la prima tappa di un viaggio più lungo. Marco Cavallo continuerà a muoversi verso Milano, Roma, Potenza, Brindisi e Bari. In ogni città, incontri, spettacoli, letture e momenti di riflessione accompagneranno il suo passaggio. Sarà un viaggio fatto di memoria, arte e denuncia, per ribadire che nessuna persona è illegale e che la dignità non può essere sospesa.
Il messaggio che il cavallo azzurro porta con sé è radicale nella sua semplicità: i CPR non garantiscono sicurezza, ma infliggono dolore, negano diritti, cancellano vite. Il cavallo, fragile e imponente, avanza come un ammonimento e come un invito: non voltarsi dall’altra parte, non lasciare che il silenzio diventi complicità, trasformare l’indignazione in impegno civile. Cinquant’anni fa sfondò i cancelli dei manicomi, oggi si ferma davanti a quelli dei CPR. E ancora una volta ci invita a scegliere da che parte stare. Lo ricorda bene Peppe Dell’Acqua, con una frase che contiene tutta la forza e la tenerezza di questa lotta: “Se davanti al CPR, in tanti saremo, qualcosa salire nel cielo noi vedremo, un cavallo tinto d’azzurro, che porterà a tutti pane marmellata e burro.”
30 anni, sono consigliera comunale eletta per la lista civica Borghi per la Fortezza a Gradisca d’Isonzo, e sono portavoce del partito Possibile per il Comitato di Gorizia.
Lavoro come addetta contabile e da tempo mi impegno nella difesa dei diritti e nella promozione della giustizia sociale.
- Alessia Facchinhttps://ilpassogiusto.eu/author/afacchin/
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