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Numero 44 | 24 ottobre 2025

Croazia-Agrokor-sull-orlo-del-precipizio

Croazia, un Paese rivoltato. Ma ancora non abbastanza!


Il boicottaggio non è solo una reazione economica. È una risposta alla continua percezione di ingiustizia, impotenza, spesso anche disperazione. Quando i prezzi salgono e le persone non riescono più a far fronte alle necessità quotidiane primarie, la protesta diventa l’unico strumento di lotta. E da questo punto di vista, nel 2025, la Croazia sembra essersi svegliata da una lunga letargia. 

Alla fine di gennaio, il Paese ha dato vita a un boicottaggio che, per un paio di settimane, ha messo in ginocchio il commercio, alzando il volume del malcontento, della rabbia popolare contro l’inflazione galoppante. 

Secondo i dati diffusi da Eurostat e dall’Ufficio Nazionale di Statistica (Dzs), l’inflazione media annua, in Croazia (Paese che ha adottato l’Euro appena il 1° gennaio 2023), è tra le più alte dell’Eurozona. Un lieve rallentamento era stato raggiunto nell’ottobre 2024, ma i prezzi hanno continuato a salire quasi subito, con un aumento del 2,8% a novembre, del 3,4% a dicembre e del 4% a gennaio 2025 (nello specifico, del 4,4% per il gruppo che comprende cibo, bevande e tabacco). A ciò occorre aggiungere che, negli ultimi tre anni in Croazia, i prezzi sono aumentati di circa il 34%, mentre i costi di alcuni prodotti di prima necessità sono quasi raddoppiati.

Da una parte, una pressione insostenibile per molte, troppe, famiglie. Dall’altra, il Governo Plenković-ter, in coalizione con il partito dell’estrema destra del Movimento Patriottico, troppo spesso accusato di ignorare le necessità della popolazione, ma che a luglio del 2024, ha varato senza troppi ostacoli, una legge sugli stipendi dei funzionari statali – normativa che, di fatto, ha aumentato dal 70 al 83% gli stipendi dei funzionari statali, del Presidente della Repubblica, del Parlamento e del Governo. Quello stesso Esecutivo che, dal 2016 a questa parte, ha destituito dalla sue file ben 33 ministri, per scandali, malversazioni, abuso di potere e corruzione. Parentesi chiusa. 

Inflazione, speculazione, ma non solo

In questo calderone in agonia, i cittadini, ostaggi del sistema, indignati e schiacciati da una crisi ormai quotidiana, hanno deciso di alzarsi da tavola e dire basta. Venerdì 24 gennaio scorso, ha preso il via una massiccia protesta nazionale contro il caro-prezzi, che ha visto i consumatori unirsi, avviando un boicottaggio dei supermercati e l’astensione generale dagli acquisti.

L’iniziativa è stata avviata  dalla piattaforma dei consumatori “Pronto Ispettore” (in croato: “Halo Inspektore“), nel modo piu’ semplice e diretto: messaggi diffusi sui social e in seguito condivisi dai cittadini su vari gruppi Facebook, Viber, Whatsapp. Si invitavano le persone ad astenersi, per un giorno a settimana, da tutte le forme di acquisto di servizi e prodotti, nonché da tutte le transazioni bancarie.  

In seguito, si proponeva ai consumatori di boicottare a turno, per sette giorni consecutivi, le catene di vendita al dettaglio, con alcuni prodotti specifici. Le prime ad essere colpite, in seguito a un sondaggio online effettuato su 150.000 persone, furono la Lidl, l’Eurospin e il DM, su tre prodotti mirati: la Coca-Cola e altre bevande gassate, l’acqua in bottiglia e i detersivi per piatti. 

“”Che tutto si fermi. Evitiamo di pagare e di acquistare! Boicottaggio di un giorno. Di tutto. Non compriamo nulla! Né fisicamente né online. Non paghiamo nulla” – così gli amministratori della piattaforma, guidati dal consigliere dell’Associazione, Josip Kelemen, che ha invitato le agenzie, i ministeri e gli enti pubblici ad attivarsi per analizzare le cause degli aumenti spropositati in Croazia. Il movimento ha ottenuto un ampio supporto anche dall’ECIP (European Center for Consumer Excellence) un’organizzazione in difesa dei diritti dei consumatori, dai Sindacati indipendenti croati (NHS), da partiti politici e persino dal Ministro dell’Economia, Ante Šušnjar. Per la cronaca, solo un mese prima del boicottaggio, Šušnjar, membro del succitato partito di coalizione al Governo, il Movimento Patriottico, si era lasciato andare a frasi inopportune e offensive, invitando i cittadini a fare il pane in casa, invece di lamentarsi dei costi della vita troppo elevati. 

Ma in Croazia non ci siamo tenuti a pane e acqua, come suggerito dall’autorità in materia. L’adesione al primo boicottaggio, del 24 gennaio, è stata altissima e immediata. In poche ore, le foto pubblicate da tutti i media nazionali, rivelavano negozi, centri commerciali, banche, farmacie, stazioni di servizio, da Fiume, a Zagabria, a Spalato e Dubrovnik/ Ragusa – semideserte! Dalle stime dell’Agenzia delle Entrate, nell’arco di 24 ore, il calo del giro d’affari è stato del 53% rispetto al venerdì precedente, 17 gennaio, giornata in cui il boicottaggio non era ancora iniziato. Spinte dal successo iniziale, le proteste sono proseguite per circa un mese, come azioni mirate contro le principali catene di distribuzione, alternate di settimana in settimana, una alla volta. In ventun giorni di protesta, la perdita complessiva ha toccato i 108 milioni di Euro. 

La risposta del Governo Plenković non si è fatta aspettare! Al grido di malcontento dei consumatori e al dilagare della protesta già il 30 gennaio, dopo una settimana di “sciopero della spesa”, l’Esecutivo ha deciso di calmierare i prezzi di 70 beni di prima necessità: da uova fresche a formaggi, yogurt, farina, carne, frutta e verdura, pane, latte, olio di girasole, zucchero e tanti altri. 

La decisione è entrata in vigore lo scorso 7 febbraio.

Oltre a misure dirette di controllo dei prezzi, il Governo ha stabilito che all’ingresso di ogni punto vendita, debba essere esposto un cartellone con il simbolo identificativo e l’elenco dei prodotti a prezzo limitato con i relativi costi. In tanti supermercati, i rivenditori hanno allestito anche scaffali separati, per gli articoli con prezzi regolamentati, accessibili a tutti.

Un effetto domino negli Stati dell’ex Jugoslavia

A effetto domino, il modello croato ha ispirato i consumatori nei paesi vicini, molti dei quali candidati per l’adesione all’Unione Europea. Dalla Bosnia-Erzegovina, alla Serbia, Macedonia del Nord e Montenegro, hanno seguito l’esempio della Croazia, boicottando, in giornate specifiche, le grandi catene di vendita al dettaglio. Ispirati dalle lezioni di protesta positiva, di domanda di giustizia e di unità degli studenti in Serbia, anche alunni e studenti di tutta la Croazia, si sono uniti alla mobilitazione “degli adulti”, boicottando le panetterie delle città – per tanti giovani, tradizionale e popolarissimo luogo per consumare uno spuntino veloce e, solitamente, economico.

Un ironico gioco del destino. Gli stati dell’ex Jugoslavia – divisi da una delle guerre più sanguinose della storia d’Europa, economicamente deboli, corrotti, privi di diritto, con una forte crisi demografica, sociale, un vuoto di valori base e altissimi tassi di emigrazione – si sono ritrovati nuovamente insieme, a distanza di quasi 35 anni, per una causa comune. Ispirati, affascinati e commossi, gli uni dai movimenti di protesta e di attivismo degli altri, si sono ritrovati a esprimere ampia e sincera solidarietà, in tutte le forme, per aver reagito, almeno per una volta, a una situazione politica, economica e sociale stagnante, di cui sono ostaggi apatici da almeno tre decenni.

Va detto che, pur trattandosi di un’iniziativa meritevole e stimolante nel breve periodo, l’esempio del boicottaggio dei negozi in Croazia, allo stato attuale, non appare ancora come un modello sostenibile o replicabile in modo sistematico. Dopo la mossa del Governo Plenković, con il passare delle settimane, l’adesione e la perseveranza dei consumatori croati è andata scemando. Sebbene i prezzi regolamentati siano già superiori a quelli che si trovano oggi sugli scaffali, già a metà febbraio l’Agenzia delle Entrate ha rilevato un significativo aumento degli scontrini emessi e del valore degli acquisti nei supermercati. Sbiaditi l’entusiasmo e le speranze iniziali, i cittadini hanno espresso forti dubbi sul fatto che un boicottaggio di un giorno possa risolvere tutti i problemi, sottolineando che i prezzi continuano a salire mentre i salari rimangono stagnanti e non permettono alle famiglie di stare al passo con uno standard di vita dignitoso. 

Nel primo trimestre di quest’anno, in Croazia, lo stipendio medio netto è stato di 1.474 euro. Per il periodo del boicottaggio, gennaio-febbraio, era invece leggermente inferiore alla media, per un importo di 1.360 euro. Le retribuzioni medie nelle aziende statali ammontano invece a 1.176 euro netti, ovvero il 7 per cento in meno rispetto alla media nazionale.

Nonostante i bassi redditi, invece di perseverare con le proteste, i croati sono tornati fare la spesa nella vicina Trieste, come ai tempi dell’ex Jugoslavia, oppure in Slovenia, per risparmiare fino al 30% ma anche per assicurarsi una qualità superiore dei prodotti. 

La protesta croata è sicuramente un chiaro segnale di volontà di un cambiamento concreto,  della nascita di una nuova consapevolezza tra i consumatori, che chiedono maggiore trasparenza e giustizia nelle politiche commerciali, ma anche in quelle governative.

Resta il malcontento, continua la tensione sociale

Ma a differenza della Serbia, l’efficacia immediata si è esaurita troppo presto. Forse, per la mancanza di un piano a lungo termine per mantenere il movimento coeso e attivo o per la possibilità di una soluzione piu’ semplice e ormai, per molti versi, abitudinaria – quella di attraversare il confine, in cerca di un’offerta e di uno standard di vita, da noi, tradizionalmente percepiti come migliori. 

Oltre ad aver osato con il boicottaggio degli acquisti, la Croazia si sta spingendo oltre anche con un’ondata di scioperi, scaturiti sempre da ingiustizie e ingruenze nel sistema retributivo e dei diritti dei lavoratori. Dal 2024 a questa parte, in subbuglio medici, magistrati, dipendenti dei servizi statali e pubblici, il settore trasporti e soprattutto il mondo della scuola, che, dalla settimana scorsa, ha ripreso con le agitazioni a scaglioni nelle elementari, medie superiori e università di tutto il Paese.  

La scintilla del malcontento rimane quindi accesa. Resta da vedere se, e quando, la Croazia troverà il coraggio, la forza e la tenacia di fare un salto nel vuoto e seguire l’esempio della Serbia, che ormai da mesi, non smette di protestare contro la corruzione, l’affarismo, il saccheggio delle risorse base, dall’istruzione, alla sanità. Per lanciare al Governo un messaggio veramente rivoluzionario: “adesso basta!”.

Selina Sciucca
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Fiumana, ma di stampo mondiale, ha frequentato il Collegio del Mondo Uniti di Duino, per poi laurearsi in Scienze Internazionali e Diplomatiche a Gorizia, con un master in Diritti umani nei Balcani all'Accademia Diplomatica di Vienna. Attualmente lavora come giornalista della redazione italiana di Radio Fiume, traduttrice e interprete legale per l'italiano, il croato e l'inglese.

Grande appassionata di viaggi, libri, multiculturalità, animali, natura, trekking e Sarajevo.

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