
Cortina, le Olimpiadi, lo sviluppo della montagna
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Lo sport è un fenomeno sociale e culturale che mostra i tipi e la qualità delle relazioni collettive di massa e che manifesta gli stili di vita e di comportamento. È un fatto economico che produce e consuma merci di diverso tipo e valore. È anche passione popolare, miglioramento tecnologico e delle prestazioni, competizione agonistica, spettacolo, festa, gioco.
La pratica e il consumo di sport risponde a bisogni umani relativi all’uso del tempo “libero” posto (apparentemente) fuori dalla coazione lavorativa, professionale e sociale quotidiana. Lo sport ha una forte valenza libertaria legata a una visione ludica del tempo. Questa è la sua immagine dominante che ha una formidabile potenza evocativa e un conseguente fascino.
Lo sport ha, però, altre funzioni molto importanti in una società. Ad esempio, la capacità di creare consenso politico e una esorbitante forza propagandistica. È anche uno strumento con il quale si esibisce il proprio status sociale; la pratica e l’interesse per alcuni sport certificano l’appartenenza a classi e ceti sociali diversi. È uno strumento di catarsi del conflitto sociale e formidabile aggregatore di passioni identitarie. Si comprende come questo fenomeno abbia rilevanza materiale, simbolica e affettiva. La relazione tra sport e promozione delle vendite è evidente, solo l’eros e la salute hanno un’importanza assimilabile nelle tecniche di seduzione e vendita.
Il risultato di queste suggestioni si traduce in retorica olimpica fuorviante usata per rendere opaco lo strumento di progettazione delle attività olimpiche. Nello studio di fattibilità per le olimpiadi Milano Cortina 2026 si scrive: «A settant’anni esatti dai Giochi del 1956, Cortina si ripropone come culla degli sport invernali, riportando la montagna al centro delle politiche di sviluppo del nostro paese e dell’Europa.»
È un’affermazione priva di fondamento, i territori montani sono del tutto marginali ed estranei ai principali vettori di sviluppo economico globale, in particolar modo in Italia e in Veneto. La montagna subisce da un secolo un processo di abbandono e colonizzazione probabilmente irreversibile, che include anche le comunità più attive, laboriose e ricche. La montagna è uno specchietto per le allodole che consente a chi la sfrutta di fare ottimi profitti con gli eventi sportivi come le olimpiadi invernali.
Qualche numero
Tutte le olimpiadi sforano i preventivi relativi ai loro costi diretti e amplificano la spesa pubblica fino a 20 volte tale costo. Per le Olimpiadi Milano Cortina i costi preventivati (1,5 miliardi di euro) sono già raddoppiati e mancano ancora tre mesi all’inizio delle gare. Il totale degli investimenti in opere pubbliche nei territori interessati è già arrivato a 20 miliardi di euro, più o meno quello che si è speso a consuntivo nelle Olimpiadi di Torino del 2006. La lievitazione dei costi è un tratto caratteristico dei grandi eventi, solo in Giappone e in Norvegia questa capacità moltiplicativa è stata modesta come si può vedere nella tabella seguente.
Le Olimpiadi sono il grimaldello per ottenere una quantità esorbitante di denaro pubblico per realizzare opere che, nell’80% dei casi, sono completamente inutili. La lievitazione dei costi e delle spese è direttamente proporzionale al grado di corruzione della società ospitante. Non per caso a Sochi le cifre iniziali sono aumentate di sei volte. Poi, accade che in questo generalizzato spreco venga realizzata anche qualche opera pubblica utile.
Decisioni estranee ai territori
Nel caso di Milano e Cortina non c’è stata affatto una progettazione territoriale meditata. Il progetto olimpico dopo la rinuncia di Stoccolma è stato fatto in fretta e in furia senza alcuna condivisione con i territori ospitanti e copiando gli strumenti (i master plan) di progettazione predisposti per le Olimpiadi di Torino del 2006. I grandi eventi sono un affare mediatico internazionale miliardario, i luoghi che ospitano le gare beneficiano delle briciole che rimangono ma spesso ereditano i debiti che le pubbliche amministrazioni incautamente fanno.
Non potrebbe essere diversamente, per comprenderlo è sufficiente mettere a confronto le capacità e quindi il potere economico dei soggetti interessati: le tre regioni hanno una capacità di spesa annua di circa 63 miliardi di euro, le province interessate di circa 13 miliardi e i comuni in cui si svolgeranno la maggior parte delle gare, escludendo Milano, di circa 125 milioni di euro.
Le Olimpiadi sono state decise a Milano e a Venezia senza alcun coinvolgimento delle province e dei comuni interessati. Per dare il senso delle proporzioni il Comune di Cortina d’Ampezzo ha un bilancio di circa 30 milioni di euro. L’investimento previsto per la realizzazione della pista per il Bob prevede una spesa di 110 milioni di euro. Come può un comune di 5.000 abitanti resistere a questo divario di potere non avendo alcuna autonomia politica e amministrativa?
Demografia, proprietà, lavoro: una radiografia di Cortina oggi
Le Olimpiadi sono state imposte ponendo sotto ricatto le amministrazioni dei comuni ospitanti. Il processo di colonizzazione dei territori alpini è in corso da tempo. Se ci limitiamo a Cortina d’Ampezzo il fenomeno è ben visibile. Il capoluogo ampezzano è il comune con il più elevato valore aggiunto pro capite della provincia di Belluno ma ha perduto, dal 1971, il 33,5% dei suoi residenti.
Il saldo naturale è costantemente negativo dal 2001; quello migratorio interno ha un valore medio di -14, quello estero un valore medio di +11, così il tasso di crescita totale determinato dalla somma di tutti i saldi è, – 18 persone l’anno dal 2000 ad oggi. Come mai i residenti se ne vanno da Cortina d’Ampezzo dove le attività turistiche producono un reddito imponibile di circa 150 milioni di euro, pari a 30.000 € l’anno per ognuno di loro?
La ragione principale di questo esodo è determinata dall’incremento delle rendite immobiliari. Prima della candidatura olimpica un’abitazione costava circa 12 mila euro al m2, oggi è già salito a 19.000 € al m2. L’80% delle proprietà immobiliari e il 62% delle abitazioni (4.264 su 6.852) non appartengono ai residenti. Questo determina costi inaffrontabili per l’acquisto di un’abitazione, ma anche per l’affitto di un locale commerciale o aziendale.
A Cortina ci sono circa 750 aziende delle quali il 25% ha titolari non residenti. Il 60% sono imprese commerciali, ricettive e impiantistiche. Tuttavia, il 63% degli alberghi e il 60% delle attività commerciali è gestito da non residenti.
La conseguenza del calo demografico e dell’estensione del controllo delle attività produttive e turistiche da parte di soggetti esterni, è che solo un terzo del personale dipendente delle aziende di Cortina è residente (850 su 2.500).
La popolazione ospita annualmente 304 mila arrivi e 994 mila presenze turistiche che già da prima delle Olimpiadi in alta stagione occupano tutti i 14 mila letti disponibili negli esercizi turistici e i 13 mila nelle seconde case. In agosto ci sono circa 30 mila arrivi e ci sono 27 mila letti disponibili. Tutto questo trascurando gli ospiti non dichiarati e gli escursionisti.
Quale beneficio potrebbe portare un’olimpiade in termini di incremento degli ospiti se questi sono già in numero tale da determinare il tutto esaurito? Ci sarà solo un modo per tradurre in profitti turistici l’incremento eventuale di ospiti: aumentare i posti letto e quindi costruire nuovi edifici alberghieri ed extra alberghieri.
Esattamente il contrario di quel che serve a Cortina e ai suoi residenti nel prossimo futuro. Se questo accadrà, ed è molto probabile che accada, vorrà dire che il territorio ampezzano sarà diventato un luogo in cui operatori economici internazionali faranno un bel po’ di profitti finché dura, lasciando le macerie e il deserto alle loro spalle.
Nato a Sedico, BL, il 25 gennaio 1954, residente a Belluno, laureato in Sociologia presso l’Università di Trento. Docente in Discipline economiche s’è occupato di ricerca sociologica su comunità, economia e pianificazione territoriale. Ha svolto 70 incarichi professionali, ha pubblicato 49 lavori di ricerca sociologica ha scritto, con Michele Nardelli, “Il monito della ninfea, Vaia la montagna, il limite”. È stato uno dei fondatori del BARD, Belluno autonoma Dolomiti Regione, è Presidente dell’ISBREC Istituto storico bellunese della Resistenza e dell’età contemporanea.
- Diego Casonhttps://ilpassogiusto.eu/author/dcason/