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Numero 43 | 10 ottobre 2025

Cooperative di comunità, l’attualizzazione di un modello di solidarietà


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È stato concluso uno studio di fattibilità per lo sviluppo delle Cooperative di Comunità in Friuli Venezia Giulia, che Legacoop FVG ha affidato alla Cooperativa di comunità Des Friûl di Mieç di Mereto di Tomba (UD). 

L’obiettivo dello studio era esporre e  sistematizzare i risultati di una rilevazione desk che ha inteso: 

  • fare il punto sullo stato di sviluppo, dal punto di vista normativo, concettuale e attuativo di questa nuova fattispecie di organizzazione cooperativa, confrontando la realtà regionale del Friuli Venezia Giulia con quella del resto d’Italia; 
  • identificare le realtà cooperative con sede legale in regione che, pur non potendosi fregiare della qualifica di “comunità” per l’assenza di una normativa specifica, potrebbero essere considerate tali per le caratteristiche che le contraddistinguono. Le cooperative analizzate sono state: cooperativa Pancoop (gestione di negozi di vicinato nelle aree fragili), la cooperativa D.E.S. Friul di Miec (gestione di un panificio di comunità “a filiera corta”) e la cooperativa Secab (produzione di energia idroelettrica). 
  • a seguito dell’analisi dei tre case studes, individuare le indicazioni e raccomandazioni più rilevanti per sostenere lo sviluppo delle cooperative di comunità a livello regionale e nazionale. 

 

Dall’analisi delle 3 cooperative di comunità emerge con forza come la “cooperazione di comunità” costituisce, in primis, una “proposta politica”: il modello delle cooperative di comunità rappresenta infatti una proposta politica del sistema cooperativo in cui i cittadini si auto-organizzano, diventando allo stesso tempo produttori e fruitori di beni e servizi; sono un modello di impresa sostenibile, perché nasce dalla comunità e non ha altro scopo se non quello di migliorare la qualità della vita delle persone che la compongono, attraverso la produzione/fruizione di beni e servizi pensati da chi quella comunità la vive quotidianamente. 

Il modello della cooperazione di comunità, quanto mai attuale nel momento in cui il “piano europeo dell’economia sociale  sta trovando attuazione in Italia, ha come imprescindibile origine una strategia politica condivisa di rigenerazione territoriale. La capacità di un territorio di rispondere ai cambiamenti sociali, culturali, ambientali ed economici è infatti determinata dalla cooperazione tra i membri della comunità di riferimento in cui elementi quali la partecipazione e il coinvolgimento nella vita sociale, il riconoscimento di valori condivisi, la programmazione culturale e la capacità di visione strategica degli attori locali diventano le caratteristiche essenziali per innescare un reale processo di sviluppo locale. 

Non esiste uno sviluppo che sia solo economico

I legami sociali possono pertanto sostenere l’innovazione e lo sviluppo, anche economico, delle comunità. In una visione di sviluppo fondato sulla comunità di riferimento, lo sviluppo economico è percepito come possibile solo se passa anche attraverso quello sociale e culturale; se non si è convinti di questo elemento, le azioni in campo si esauriranno nel tempo del progetto senza reali ricadute sul territorio. Se si è interessati al “cosa” e non al “come”, cioè all’obiettivo e non al processo, il rischio di fallimento del percorso imprenditoriale comunitario è molto elevato. Se invece si avvia un processo comune e si condividono risorse umane ed economiche, obiettivi, programmi (non solo progetti), allora ci sarà un futuro più concreto e duraturo.

La proposta politica del sistema cooperativo non può inoltre prescindere da uno sguardo “largo” e competente sulle politiche territoriali a 360°. Le politiche di rigenerazione dei territori devono rientrare in una prospettiva più ampia in cui la regolazione dei rapporti città-montagna è, quindi, un tema generale che riguarda da un lato le politiche di governance multilivello (come ad esempio i comuni montani, loro unioni, i sistemi di valle facenti capo a una città pedemontana, i loro rapporti con le metropoli vicine), dall’altro i mezzi per incrementare e regolare questi rapporti che devono essere tutelati da strumenti giuridici a sostegno della capacità contrattuale dei sistemi montani stessi. 

Partecipazione e sostenibilità, competenze e formazione

Il coinvolgimento della comunità pretende come prima conseguenza il fatto che la cooperativa dovrebbe essere controllata dai membri della comunità locale tramite forme di governance multi-stakeholder aperte e partecipate, in modo da garantire la partecipazione attiva e l’inclusione di differenti tipologie di soggetti portatori di diversi interessi; visto inoltre che, dai dati dell’osservatorio Legacoop, emerge che per il 40% dei casi l’età media dei membri del Consiglio di amministrazione delle cooperative di comunità non supera i 40 anni, si ritiene strategico dare continuità e stabilità a questa variabile virtuosa. 

Il tema della sostenibilità imprenditoriale è altrettanto centrale nello sviluppo della cooperazione di comunità; se è vero che oltre i 2/3 delle cooperative sono presenti nelle c.d. Aree Interne e se è vero che la sostenibilità di queste imprese comunitarie è frequentemente fragile, è evidente che il carattere imprenditoriale dell’attività deve essere attentamente analizzato. Strategia e modello di business e sostenibilità economica finanziaria sono, pertanto, temi centrali nell’evoluzione delle imprese di comunità e nel consolidamento e sviluppo delle cooperative di comunità, con l’obiettivo di cogliere anche le opportunità offerte dal PNRR e/o da altre fonti di finanziamento. 

Il coinvolgimento della comunità e la solidità dell’impresa comunitaria pretendono inoltre specifiche competenze professionali, irrinunciabili, in assenza delle quali è a rischio l’azione imprenditoriale. Da questo punto di vista, ritenendo essenziali i ruoli delle associazioni di categoria e degli strumenti di sistema, l’obiettivo primario è il rafforzamento ed estensione dei programmi di formazione continua orientati ad educare le competenze e ad incrementare le capacità gestionali dei soggetti che, a vario titolo, accompagnano lo sviluppo di imprese comunitarie.

Comunità, territori, autonomie locali

La sostenibilità imprenditoriale della cooperazione di comunità può essere in parte garantita anche da un intervento strategico della Pubblica Amministrazione. È importante pertanto promuovere politiche pubbliche che, nel loro insieme, ridefiniscano i fondamentali dello sviluppo locale, implementando di fatto un nuovo approccio alla funzione pubblica e, nello specifico, alla gestione di beni e di servizi di pubblica utilità; da questo punto di vista risulta prioritario ridefinire le modalità di riconoscimento dell’attributo di “interesse collettivo” a beni e servizi che valorizzano positivamente la dimensione coesiva delle comunità locali. Non di minor rilievo sarebbero specifiche proposte di fiscalità locale di vantaggio temporanea per aree “svantaggiate” (periferie, aree interne), in particolare per quanto riguarda gli incentivi a consumi di beni e servizi che, direttamente e indirettamente, operano a favore della coesione sociale; allo stesso modo sarebbe cruciale la previsione di una dotazione importante di risorse su fondi strutturali regionali e nazionali da dedicare a iniziative di incubazione e sviluppo di imprenditoria comunitaria. Non ultimo, la politica regionale dovrebbe auspicabilmente procedere alla produzione di una normativa ad hoc sulle cooperative di comunità, essendo la nostra regione tra le poche in Italia a non avere normato questo modello di impresa.

In conclusione, l’analisi dei tre case studes ha confermato come la cooperazione di comunità rappresenti una innovativa proposta politica del sistema cooperativo ai territori e alle relative comunità. La rivitalizzazione dei piccoli paesi nelle aree interne passa, infatti, anche attraverso la ricomposizione di luoghi, persone e storie che ne rappresentano la spina dorsale, la parte più intima e allo stesso tempo più esposta perché segnata da profondi cambiamenti. La dimensione comunitaria e quella imprenditoriale si intersecano virtuosamente, pertanto, per diventare gli ambiti privilegiati per la promozione di soluzioni che mirano a “migliorare la qualità della vita delle persone che la compongono, attraverso la produzione/fruizione di beni e servizi pensati da chi quella comunità la vive quotidianamente”.

 

Per ulteriori informazioni: https://coopcomunita.aiccon.it/

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Paolo Felice, Presidente Legacoopsociali FVG, lavora allo sviluppo di percorsi di innovazione sociale, occupandosi di inclusione sociale e lavorativa delle persone svantaggiate e riattivazione dei territori attraverso processi di progettazione partecipata con le popolazioni locali. Negli ultimi anni ha seguito il progetto regionale “cooperative di comunità”, che mira a promuovere percorsi di coesione sociale e nuove forme di cooperazione soprattutto nelle aree marginali.

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