Mai soli
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«Mai soli. Un altro mo(n)do possibile»: è questo il tema che ha accompagnato ogni singolo panel del 33° Convegno del Centro “Balducci” svoltosi a fine settembre e che vedrà il suo epilogo il 22 novembre p.v. quando, nel sabato più vicino a quello che era il compleanno di Pierluigi Di Piazza, celebreremo con Libera Fvg la Campagna nazionale “Fame di verità e giustizia” alla presenza di don Luigi Ciotti e di ospiti significativi quali Salvatore Inguì, già direttore in Sicilia dell’Ufficio Servizio sociale per minorenni del Ministero della Giustizia, Armando Spataro, già procuratore capo di Torino, e Rosy Bindi, già ministro, parlamentare, deputata europea e presidente della Commissione Antimafia. Una giornata intera suddivisa in due momenti presso la Sala “Petris” di Zugliano: la mattinata riservata al mondo giovanile a trattare della cultura del “noi”, con più di 400 studenti degli Istituti secondari di secondo grado, e il pomeriggio, dalle ore 17.00, dedicato a giovani e adulti per sviscerare la pericolosità di un Decreto, divenuto legge, che solo nel nome è foriero di “sicurezza”.
Ma perché il tema “Mai soli”? La solitudine è l’anima nascosta e segreta della vita, permette di entrare in relazione con gli abissi della nostra interiorità e di ascoltare le ragioni della immaginazione e del cuore. La solitudine è una dimensione umana positiva, perché è proprio in quel silenzio introspettivo che possiamo evitare la superficialità, fare discernimento e prendere le decisioni importanti della vita.
Eppure come non avere la sensazione che oggi, nella società gravemente polarizzata in cui la diversità fa problema, sia grande il rischio di naufragare in quell’isolamento, che allontana l’uno dall’altro e che si presenta come il vero male oscuro della società?
La solitudine diventa isolamento
Certamente l’isolamento può essere voluto e desiderato. Ma anche non voluto e non desiderato: è quello che dilaga nelle nostre città, soprattutto nelle periferie, in condizioni di vita che la modernità continua senza fine a creare, lasciando indietro “scarti” di umanità. Ne abbiamo parlato diffusamente, a partire da come vengono concepite le abitazioni e i nostri quartieri, per passare a chi si trova escluso e marginalizzato (intenso il pomeriggio dedicato al carcere tra sovraffollamento, isolamento e diritti negati), per arrivare a quelle “solitudini connesse”, che contribuiscono alla desertificazione delle relazioni.
Come non pensare al campione di tennis Zverev, che dopo la recente eliminazione al primo turno di Wimbledon, confessò la fatica a trovare gioia fuori dal campo e il sentirsi molto solo nella vita? Come non pensare alla straziante solitudine di persone, che giungono da terre lontane, e alle loro sanguinanti ferite dell’anima? Come non prendere coscienza delle sconfinate sofferenze, che si associano a un isolamento generato dalle infelici condizioni d’indifferenza e d’ingiustizia sociale, in cui migranti e richiedenti asilo si trovano, anche a causa di leggi inique? Come trovare il coraggio per non girarci dall’altra parte rispetto a coloro che vivono condizioni disumane nei luoghi di detenzione o, peggio ancora, nei CPR?
Ogni uomo ha bisogno fondamentalmente di tre cose: un pezzo di pane, un po’ di affetto e di sentirsi a “casa” (al sicuro, protetto, radicato) da qualche parte. Serve pertanto un ripensamento delle nostre filosofie, delle nostre politiche migratorie, sociali e urbanistiche, ridefinendo il modo di vivere la città e abitare i luoghi. Serve anche il ripensamento del ruolo delle religioni, soprattutto in questo tempo molto complesso, contrassegnato da divisioni, guerre fratricide (una sessantina in atto nel mondo), genocidi che si consumano sotto gli occhi di tutti dietro un pressoché totale e complice silenzio dell’Occidente.
A latere del Convegno ma in perfetta sintonia con esso, nella seconda domenica di ottobre, che mi ha visto assieme ad altri amici del “Balducci” a 500 chilometri tra i 200mila partecipanti alla Marcia PerugiAssisi, abbiamo voluto accogliere in Sala “Petris” un’iniziativa di Amnesty International, che ha visto la presenza del suo portavoce nazionale, Riccardo Noury, e di altri ospiti per riflettere sui drammatici eventi avvenuti in Palestina negli ultimi due anni, in un contesto reso ancora più significativo dall’allora imminente partita di calcio tra Italia e Israele. È «Gaza, ferita dell’umanità. Il diritto internazionale tradito» il titolo che già dice molto su come una intera popolazione sia stata abbandonata al suo destino, vedendosi negati diritti umani universali.
Non abbandonare le vittime
Molto forte la mattinata di fine settembre che abbiamo voluto dedicare al tema delle guerre e che ci ha portati a riflettere – contrariamente a come si sta muovendo la politica internazionale – su come una pace duratura sia frutto della giustizia e del dar voce alle parti interessate al conflitto. Altrimenti si parla solo di una tregua. Necessaria quanto si voglia, ma finché non ci sarà l’incontro dei volti nella verità, una tregua incapace di costruire futuro e relazioni di pace. Per questo al termine di quell’incontro, assieme all’Associazione Articolo 21, una trentina di rappresentanti di varie realtà associative e del giornalismo si è alternata nel dar lettura dei nomi dei quasi trecento giornalisti uccisi a Gaza: un gesto simbolico, ma dal valore profondo, un segno concreto del nostro impegno per onorare chi ha pagato con la vita la ricerca della verità; un gesto di memoria e di denuncia per ribadire che informare non è un crimine e che quella strage rappresenta anche l’attacco al diritto universale a essere informati, l’attacco alla stessa democrazia.
Con la crescita di persone disconnesse, invisibili, dimenticate e non riconosciute dalla società – siano esse povere o ammalate, giovani o anziane, carcerate o migranti, senza lavoro o senza un tetto dove vivere –, la solitudine interpella allora anche la democrazia, perché, come lo scorso anno ha affermato papa Francesco alle Giornate Sociali di Trieste, «l’indifferenza è il cancro della democrazia». E Pierluigi Di Piazza ci ricordava quanto l’indifferenza fosse il suo “unico nemico” da combattere continuamente per non cadere nel rischio di “girarsi dall’altra parte” di fronte alle situazioni che ci riguardano.
Vivere il Giubileo
Il Giubileo che la Chiesa sta vivendo ci ha riportati poi a due dimensioni significative insite fin dalle origini nell’istituzione giubilare che, se attuate al di là di mere forme celebrative, potrebbero davvero rilanciare la speranza: la remissione del debito e la liberazione dalle schiavitù; in particolare la nostra attenzione si è soffermata sull’economia solidale capace di non lasciare indietro nessuno e sulla schiavitù lavorativa, cioè il caporalato e lo sfruttamento del lavoro, che – a dispetto dell’abitudine a pensare che tale fenomeno interessi unicamente il Centro-Sud d’Italia – tocca anche le terre della nostra regione, coinvolgendo soprattutto lavoratori stranieri.
In questo articolato percorso abbiamo voluto notare anche i segni che ci permettono di guardare con fiducia al futuro: provengono da chi si appassiona al bene comune, dai giovani che, con la loro originalità, si spendono per la costruzione di città solidali, che non lasciano sole le persone: è l’esperienza del volontariato, dell’impegno nella politica e nel sociale, del trovare strade per servire l’uomo. E una di queste strade è lo scendere pacificamente in strada – come abbiamo potuto vedere in questi ultimi mesi in molte piazze d’Italia e del mondo – mettendo in gioco la nostra voce, il nostro corpo. Di questo ha bisogno il nostro tempo: di occuparci dei diritti di tutti, perché – come affermava Gino Strada – «i diritti o sono di tutti, sennò chiamateli privilegi». Tutti “modi” altri, che danno origine a un altro “mondo possibile”. Come pensava Lorenzo Milani e che, nel vivificante ricordo di Pierluigi Di Piazza, vogliamo diventi sempre più il nostro motto: «Ho imparato che il problema degli altri è uguale al mio. Sortirne tutti insieme è politica. Sortirne da soli è avarizia».
Nel programma degli incontri di Zugliano e in vista della partita Italia-Israele domenica 12 ottobre si è tenuta la conferenza “Gaza, ferita dell’umanità. Il tradimento del diritto internazionale”. Importanti tutti gli interventi, ricchi di informazioni e coinvolgenti emotivamente. Dopo averli sentiti abbiamo motivi fondati, nella ragione e nello spirito, per non dimenticare, per non tollerare impunita la volontà genocida, per continuare ogni solidarietà morale, economica e politica ai palestinesi di Gaza e della Cisgiordania, consapevoli che una tregua non è una pace.
Per questo segnaliamo la possibilità di condividere l’evento su questo canale:
Di origini triestine, prete da trent’anni, dalla morte di Pierluigi Di Piazza è alla guida del Centro di Accoglienza e di Promozione culturale “Ernesto Balducci” di Zugliano, in provincia di Udine. Da due lustri è parte del gruppo degli amici della Lettera di Natale. Giornalista pubblicista già condirettore del settimanale “Vita Nuova” e conduttore della trasmissione radiofonica della Rai Fvg “Incontri dello spirito”, ha spesso operato sul fronte delle periferie esistenziali, al fianco di migranti, detenuti e persone Lgbtqia+.
- Paolo Iannaconehttps://ilpassogiusto.eu/author/piannacone/
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