
Scegliere la val Silisia. Per sperimentare, insistere, crederci
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La tappa inaugurale della IX edizione della Dolomiti Mountain School è stata molto più di un evento su temi a me cari: ho avuto sia il piacere di seguire l’organizzazione nelle vesti di amministratore locale sia l’onore di poter condividere la mia storia personale e professionale.
Raccontare sé stessi in un convegno su un patrimonio mondiale dell’umanità ha fatto tremare la voce anche a me, che credevo di essere più pronto a ripercorrere in pubblico questi ultimi sei anni nelle terre alte.
Tra dati e studi degli altri relatori sul tema “Fughe, ritorni e aspettative: come cambia la popolazione”, io non avevo altro che immagini, dubbi sulle mie scelte grafiche ed esistenziali, ed un intervento sulla normalità del vivere quassù.
Certo, sono un’anima migrante: nato in Toscana, vissuto in mezza Europa sin da bambino, e finito in una megalopoli eurasiatica con un lavoro nel campo dell’innovazione tecnologica.
E, un anno prima della pandemia, ho deciso di lasciare una carriera dignitosa per perseguire tre obiettivi: vivere meglio, costruire una nuova famiglia e rimettere in discussione il mio ruolo nel design. Situazioni sempre più comuni al giorno d’oggi.
Forse, l’aver fatto convergere questi propositi sulla Val Silisia, una laterale pressoché disabitata della Val Tramontina, deve aver destato qualche curiosità in più, tale da giustificare la mia presenza all’evento.
Ho scelto le montagne
Ho scelto le montagne perché le ritengo un ambiente unico per mantenersi in buona salute, favorire la riflessione interiore e stimolare la mia creatività.
L’opportunità di poter vivere nei problematici e meravigliosi luoghi d’origine della mia compagna ha cementato la mia deformazione professionale nel cercare soluzioni alle sfide con l’altrettanto personale e profondo bisogno di armonia.
Quando parlo di tutto questo, o ricevo qualche visita nella nostra casetta isolata, la parola ricorrente che sento è “coraggio”.
A me, con franchezza e umiltà, sembra la scelta più normale che potessi fare dopo anni di frenesia e disagio in un mondo sempre più caotico e insostenibile.
Capire i luoghi
Col passare del tempo ho capito anche che, per comprendere meglio queste scelte, può essere utile conoscere i miei nuovi luoghi.
Disabitati per millenni e colonizzati soltanto a partire dal XVI secolo, sono stati sfruttati senza controllo: incendi per favorire il pascolo, legname commerciato con Venezia; da foreste si è presto passati a lande spoglie.
I minimi proventi, il miglioramento delle condizioni di vita e il relativo aumento della popolazione hanno portato ad un progressivo impoverimento del capitale naturale.
La valle è diventata difficile da abitare, costringendo molti ad emigrare già ad inizio Ottocento.
Quando, nel 1963, un bacino idroelettrico ha ridisegnato le geografie sommergendo villaggi e la poca pianura coltivabile, si è completata la diaspora.
Oggi il selvatico ha riconquistato quasi tutti i pendii ed intere borgate; disgrazia per alcuni, paradiso per altri.
Vivere in Val Silisia significa essere circondati da un continuo monito su ciò che potrebbe andare storto quando imponiamo le priorità umane alla natura, e di come essa riprenda il controllo senza curarsi molto di noi, che nel frattempo viviamo disagi, stenti o fughe.
Un laboratorio di cambiamenti
Ma, soprattutto, significa essere immersi in un laboratorio a cielo aperto, nel quale poter riflettere e agire in modo diverso, in equilibrio con ecosistemi che si stanno rigenerando.
Considero le mie giornate in questi luoghi come parte di una ricerca sul rapporto fra persone e ambiente naturale, sul futuro dei contesti fragili e sul ruolo che una progettazione più attenta e sistemica possa avere nel mantenere equilibri, contribuendo al buon vivere.
Dopo un primo anno di ambientamento, ho deciso di restituire qualcosa alla valle: ho co-fondato un’organizzazione no-profit, iper-locale, che lavora ad un nuovo concetto di territorio da raggiungere entro il 2041.
Un giardino selvatico nel quale abitare a bassa densità, immersi nella bellezza; con intere porzioni ideologicamente abbandonate, in cui la percezione dell’evoluzione naturale diventa elemento fascinoso.
Dove altri vedono miseria e nostalgia, noi cerchiamo di costruire un futuro desiderato di convivenza col selvatico.
Oggi, anche grazie all’impegno del Comune di Tramonti di Sopra, l’associazione gestisce una ex scuola di montagna trasformata in un presidio per la progettazione, le scienze e le arti applicate alla valle.
Professione e impegno pubblico
Le tante questioni e sfide affrontate in seno all’associazione e sul territorio hanno influenzato anche il mio lavoro retribuito: alle attività di consulenza progettuale con grandi aziende estere ho pian piano preferito l’impegno per enti ed organizzazioni locali.
Così è nato lo studio multidisciplinare specializzato in rigenerazione territoriale, con particolare attenzione alle aree rurali e montane, che conduco con due colleghi paesaggisti ed architetti.
Ultimo, solo in ordine cronologico, anche il privilegio di esser stato scelto quale Assessore all’Ambiente, Territorio e Transizione per il mio Comune, e poter aiutare a tracciare una rotta per il futuro di queste terre.
Più fronti, diversi ruoli, ma un solo approccio: fare, creativo e collaborativo.
La montagna è un problema contorto
Quello della montagna, infatti, è un problema contorto, ovvero difficile da definire e impossibile da risolvere con una sola soluzione; perché i requisiti sono contraddittori, incompleti e in continuo cambiamento.
E cercare di affrontarli, spesso, genera altri problemi.
Averne ragione richiede cambiamenti di mentalità, anche un pizzico di follia, e dinamiche collettive: intervenire continuamente, coinvolgere attivamente le persone nei processi decisionali, dimenticare la soluzione perfetta.
Accettando che nuove azioni saranno sempre necessarie, che molti risultati arriveranno lentamente o forse mai, e che il fallimento farà parte di un processo di apprendimento e crescita più importante del prodotto odierno.
La marginalità, in tal senso, è una risorsa: obbliga alla modestia progettuale, alla costruzione di alleanze, e ad una misurazione dell’impatto fondata su nuovi valori.
Solo lontani dalle idee del XX secolo e i modelli del XIX secolo, che usiamo ancora, e con la perseveranza e la modestia dei piccoli passi concreti di chi ha sempre vissuto quassù, possiamo davvero sperare in un futuro migliore.
Sperimentare, insistere, crederci. Che poi, è solo un modo di vivere.
Ex-direttore del design in agenzie internazionali, ha scelto di vivere e lavorarein un angolo remoto delle Dolomiti Friulane, centrando i propri interessi attorno al miglioramentodella qualità di vita nei territori trascurati e tra le comunità marginali. Nel 2021 ha fondato T20,un collettivo impegnato nella rigenerazione territoriale della val Silisia - luogo impoverito daprocessi estrattivi secolari, in gran parte sommerso da un bacino idroelettrico, e oggi quasi deltutto disabitato. Bandiera Verde Legambiente - Carovana delle Alpi 2023. Nel 2024 ha fondatoProspettive, studio che coniuga design dei servizi e urbanistica tattica al fine di rigenerare spaziin contesti rurali e montani. Assessore all’Ambiente, Territorio e Transizione nel Comune diTramonti di Sopra (PN).
- Ivan Provenzalehttps://ilpassogiusto.eu/author/iprovenzale/