
Biometano a Pagnacco: di sito in sito
Ascolta l’audio
Indice dei contenuti
Oggi la struttura verrebbe collocata in un’area agricola vincolata, all’interno della zona vulnerabile ai nitrati definita dalla Direttiva 91/676/CEE. Parliamo di terreni già sottoposti a severi limiti comunitari per l’eccessiva presenza di azoto. Qui l’impianto dovrebbe trattare decine di migliaia di tonnellate annue di reflui zootecnici e sottoprodotti agricoli, producendo circa 300 Smc/h (*) di biometano. Un volume enorme, che solleva interrogativi sulla reale compatibilità con i vincoli ambientali.
A questo si aggiunge la questione paesaggistica. La Valle del Cormor, preziosa area agricola e naturalistica, rischierebbe di trasformarsi in corridoio industriale. La frazione di Fontanabona, con il suo castello tutelato dalla Soprintendenza come bene monumentale, verrebbe irrimediabilmente compromessa dall’impatto visivo e dalle emissioni odorigene.
Soldi pubblici, guadagni privati
La polemica non è contro le energie rinnovabili in sé, ma contro un modello che rischia di scaricare i costi sulla comunità e i benefici su pochi privati. L’impianto riceverebbe infatti milioni di euro di incentivi pubblici, finanziati attraverso le bollette di tutti i cittadini, mentre al Comune di Pagnacco arriverebbero soltanto 15-20 mila euro l’anno come compensazione. Una cifra irrisoria, che non basterebbe nemmeno a coprire i maggiori oneri legati a viabilità, manutenzione e sicurezza.
Non sorprende quindi che la popolazione locale si sia mobilitata. Il Comitato “No Biometano a Pagnacco” ha raccolto oltre 3.500 firme, organizzato assemblee affollate e incaricato un legale per fermare il progetto.
La voce dei cittadini esclusa
Ed è qui che emerge un ulteriore paradosso. Nelle proprie memorie alla Conferenza dei Servizi, il consorzio ha scritto che la partecipazione del comitato comporterebbe «un grave danno alla consortile» e la condivisione di documenti coperti da «segreto industriale». In altre parole, si cerca di escludere i cittadini dal procedimento con la motivazione che la loro presenza danneggerebbe l’impresa.
Due pesi e due misure
Eppure non è sempre stato così. Nel primo caso, quando il progetto era localizzato in via Giavis e ad opporsi era il comitato No Biometano lì, il consorzio non aveva sollevato obiezioni alla loro partecipazione. Nessun muro legale, nessun richiamo a segreti industriali. Oggi, invece, davanti al comitato di Pagnacco, il muro si alza eccome. Due pesi e due misure che alimentano la sensazione di una strategia mirata: dove la protesta era altrove, la voce dei cittadini era tollerata; ora che il progetto tocca direttamente Pagnacco, quella voce diventa improvvisamente “pericolosa”
Un modello da ripensare
La vicenda di Pagnacco racconta molto della fragilità del modello con cui l’Italia sta affrontando la transizione ecologica. Da un lato si invocano sostenibilità e rinnovabili; dall’altro si impongono progetti che sacrificano territori agricoli e paesaggi storici in nome di un business redditizio per pochi.
Il problema non è il biometano in sé, ma come viene calato sul territorio: senza dialogo, senza trasparenza, senza reale equità. La sensazione diffusa è che i cittadini paghino due volte: prima in bolletta, per finanziare gli incentivi; poi in termini di qualità della vita, salute e ambiente.
In questa contraddizione si gioca la credibilità stessa della transizione ecologica. Perché se il futuro sostenibile significa escludere i cittadini e mettere a rischio territori vincolati, allora non è più sostenibilità: è solo l’ennesima partita in cui i guadagni sono privati e i costi restano pubblici.
(*) Standard metro cubo (Smc) Quantità di gas contenuta in un metro cubo a condizioni standard di temperatura (15 °C) e di pressione (1013,25 millibar, cioè la pressione atmosferica).
Attivo nel campo della comunicazione e dell’impegno civico, è stato rappresentante d’istituto durante gli anni di studio e oggi è vicepresidente del Comitato “No Biometano a Pagnacco”. Blogger e appassionato di informatica, cura progetti di divulgazione e iniziative sociali, unendo l’esperienza organizzativa maturata a scuola alla passione per la difesa dell’ambiente e del territorio.
- Leonardo Torossihttps://ilpassogiusto.eu/author/ltorossi/