Il Passo Giusto per la giustizia ambientale e sociale
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In un cammino la destinazione finale conta molto meno di tutti i passi necessari a raggiungerla. Questo vale anche per la conversione ecologica. Perché la conversione ecologica si farà, questa ormai è una certezza. Quello che invece resta da definire è il come. Ed è questo lo spazio di discussione politica realmente interessante, sul quale abbiamo ampio potere di incidere anche a livello territoriale, che intendiamo approfondire insieme a chiunque voglia dare un contributo costruttivo al dibattito nel Passo Giusto.
Per una conversione desiderabile e inclusiva
Non saremo certo i primi ad affermare che la conversione deve essere desiderabile e inclusiva. Ma è bene esplicitare questi aspetti come pietre miliari sulle quali fondare ogni ragionamento che si svilupperà su questa piattaforma. Perché la narrativa del sacrificio per la salvaguardia dell’ambiente fa bene solo a chi dalla devastazione ambientale o dal procrastinare le decisioni trae ricchezza e potere. La più grande responsabilità politica dei nostri tempi dovrebbe essere quella di rendere le scelte più sostenibili anche le più facili, le più convenienti, le più comode, le più belle. Per farlo, dobbiamo essere in grado di spostare il focus dei metodi partecipativi di cui facciamo ampio uso nelle nostre realtà politiche verso la definizione di scenari di futuro collettivi e luminosi, più che sulla mera espressione di bisogni immediati e spesso indotti, che non tengono conto del percorso da fare né di chi lo stia guidando.
In un cammino, risulta estremamente importante la connessione con le persone che camminano accanto a noi. Qual è il loro umore? Hanno previsto le stesse nostre tappe? Quale ritmo possiamo usare, senza lasciare indietro nessuna ma riuscendo a raggiungere i nostri obiettivi? Hanno trovato un percorso migliore del nostro, che potremmo seguire? Hanno bisogno di una spinta per superare un ostacolo?
In tal senso, dobbiamo guardare attentamente alle realtà nostre compagne di percorso di trasformazione. Bisogna essere capaci di identificare i possibili alleati, ma anche i soggetti sui quali i nostri cambiamenti potrebbero ricadere, e con quali effetti. Bisogna attivare il pensiero sistemico, capace di identificare non solo gli impatti primari e secondari dei fattori di cambiamento, ma anche i circoli virtuosi e viziosi, e quali sono le possibili mosse per alimentare i primi e stroncare i secondi. Quali sono i fattori di influenza che dipendono da noi e quelli che invece stiamo subendo senza poterli modificare.
Lavoro e ambiente: no alla contrapposizione
Un fattore di influenza che spesso viene additato come esterno e non modificabile, bloccando ogni iniziativa che vada nella direzione della giustizia ambientale, è la contrapposizione tra lavoro e ambiente. Una strumentalizzazione che ci sta impiccando in un immobilismo codardo estremamente utile a coloro ai quali la conversione ecologica non conviene. Avremmo fatto meglio a lasciare questa sterile diatriba nello scorso secolo, ma non è troppo tardi per concentrarci sulle opportunità lavorative “verdi”, in crescita esponenziale, e tenere bene a mente che le vere perdite economiche e occupazionali si avranno solo se non sapremo occupare gli spazi di opportunità creati dalla crisi ecologica, subendone solamente le conseguenze negative. E se ormai la tendenza acclarata è che “ogni lavoro è un lavoro climatico” (every job is a climate job), è chiaro che la politica dovrebbe essere capace di dare il tutto e per tutto nella valorizzazione dell’istruzione, della formazione e della ricerca, perché le giovani generazioni possano disporre di chiavi in grado di aprire ogni porta sul futuro che vogliano scegliere. Ripensare il modello occupazionale significherà migliorare la vita di lavoratrici e lavoratori, riflettere sulla qualità del lavoro e parlare di benessere anziché di sviluppo. È ormai evidente che la crescita infinita non ci sarà, e al contempo la narrativa della decrescita felice è stata tristemente ridicolizzata. Ma è dimostrato da decenni che l’introduzione di alcuni cambiamenti nel modello sociale sarebbero positive non solo per l’ambiente ma soprattutto in termini di salute e benessere. La settimana lavorativa corta, così come l’orario flessibile e il lavoro da casa, si sono dimostrate rendere le persone capaci di riappropriarsi del proprio tempo, consumando meno e vivendo meglio, e avendo il tempo di fare scelte più sostenibili, ma deve essere accompagnato da cambiamenti politici che abilitino una trasformazione radicale degli stili di vita.
Cura, cooperazione e beni comuni
Una trasformazione che deve passare da un ripensamento della proprietà e dei beni comuni, con una riflessione seria sul loro reale significato. Ciò che risponde ai bisogni elementari umani dovrebbe essere fuori da ogni possibile logica di mercato, trovando nella cooperazione e nella collaborazione la sua cura e compimento. Questa vera e propria rivoluzione deve essere il più possibile globale, ma è dal locale, dai singoli territori, che deve partire la spinta, perché è nel locale che nasce il bisogno. Energia, acqua, ma anche trasporto e verde: costruiamo e difendiamo economie trasformative che sottraggano potere al profitto a tutti i costi. Ci auguriamo che Il Passo Giusto ospiti molti esempi positivi che possano infondere una sana dose di coraggio e ottimismo. Non possiamo pensare che l’unico modo per includere le persone più fragili nella conversione sia il solo sostegno al reddito. I sussidi non sono un elemento strutturale capace di trasformare davvero la vita di una persona e l’assistenzialismo è spesso accompagnato da una intollerabile anche se a volte involontaria dose di giudizio.
Il cambiamento parte dai territori
Sembrano temi troppo generici ed enormi per essere affrontati da noi. Noi che apparteniamo a organizzazioni territoriali, noi che crediamo nell’autonomia e nell’autogoverno dei territori, noi che guardiamo al neomunicipalismo come cura alla disaffezione politica. Ma il cambiamento invece partirà proprio dai territori, e specialmente se sapremo farci arcipelago e non isole riusciremo a raggiungere obiettivi ben più distanti dalle mere competenze locali. Nelle nostre pratiche quotidiane sono già tanti gli argomenti sui quali possiamo seminare piccoli germogli di cambiamento: trasporto pubblico, democrazia degli spazi urbani, efficienza energetica e autoproduzione, filiere di produzione, distribuzione e consumo di prodotti alimentari. In Friuli-Venezia Giulia sono tanti i temi decisivi sui quali proprio in questi mesi ci sono stati a livello di Consiglio regionale dei momenti delicati in merito alle scelte strategiche per il futuro dei nostri territori, spesso temi oltremodo complessi a causa delle loro plurime dimensioni locali, interlocali, nazionali, internazionali, europee e globali. Complessità che non si può ridurre a una dicotomia semplificata tra bene e male, e per affrontare la quale secondo noi è indispensabile costruire spazi di dibattito e confronto realmente aperti e privi di pregiudizi, condizionamenti, greenwashing. Nei prossimi anni dibatteremo di temi riguardanti la pianificazione del territorio, le trasformazioni sociali ed economiche in atto, le crisi idriche, ecologiche e climatiche, le prospettive del turismo e del lavoro, dalle piccole scelte quotidiane di ciascuna di noi fino alle decisioni strategiche e ai megatrend. Immagineremo insieme nuovi futuri per il nostro stare su questo pianeta, e proporremo dei modi per arrivare a una convivenza gentile con la natura e tra noi.
Elogio dell’utopia
Lo so cosa stai pensando: tutto ciò è un’utopia irrealistica. Prima di partire per il mio primo cammino devo ammettere che temevo che non ce l’avrei fatta. Ciò che mi ha spinta a non farmi vincere dalle paure e della comodità della comfort-zone sono stati due pensieri: se tanti ce la fanno, perché non dovrei farcela anche io? e se proprio non ce la faccio mi inventerò qualcosa per cavarmela. E da quel momento non sono invece più riuscita a smettere di vivere in cammino. Ed è con questo spirito che ti invito a camminare con noi. Non sarà sempre facile, a volte pioverà, e magari la meta ci apparirà lontana, a volte saremo stanche, a volte potremo non essere in accordo sul percorso. Ma tante persone si stanno mettendo in cammino, nella nostra Regione, in Italia, in Europa. Quello che posso garantirti è che ne varrà la pena. Buon cammino: il Passo è Giusto.