
Dopo il quarantennale della scuola bilingue di S. Pietro. Pensieri sugli istituti con lingua d’insegnamento slovena
Indice dei contenuti
Sono 14, distribuiti tra le ex province di Trieste, Gorizia e Udine, gli istituti con lingua d’insegnamento slovena, diretta espressione di una legislazione a tutela della minoranza linguistica che si dipana a partire dal Memorandum di Londra del 1954.
Un unicum, fra questi, è costituito dall’Istituto comprensivo di San Pietro al Natisone, per definizione e missione “bilingue”, intitolato al fondatore Paolo Petricig, maestro innovatore e educatore. Con giusta solennità si festeggiano in questi giorni i 40 anni di attività. Esiste infatti un filo invisibile che lega Barbiana e Trappeto, i luoghi di Don Milani e Danilo Dolci, alla scuola di Cepletischis. È quello delle espressioni e resistenze delle minoranze, linguistiche e geopolitiche, della lotta per la rottura del rapporto differenziale tra l’educazione del centro e quella della periferia, dell’azione educativa per l’emancipazione dei futuri cittadini e, con essi, di un territorio intero. Modelli di istruzione positivi, da studiare ed interiorizzare, precursori e non imitabili.
L’esperienza di Paolo Petricig dimostra ancora una volta che c’è sempre una minoranza che interpreta per prima i bisogni collettivi e si impegna per farli divenire diritti per tutti.
Se dal punto di vista funzionale l’attività affidata e svolta ai 14 istituti può essere valutata senz’altro come congrua e coerente con gli obiettivi di tutela prefissati, gli istituti al loro interno vivono invece una palese crisi organizzativa che sta erodendo, anno dopo anno, quote di concreta agibilità gestionale e, conseguentemente, didattica.
Va subito chiarito che non stiamo trattando di una scuola “altra”, valendo anche per i 14 istituti le regole universali vigenti nel sistema nazionale di istruzione che accomunano tutti i soggetti: lavoratori, studenti e famiglie. In realtà, lo stato normativo integralmente egualitario finisce col costituire un evidente limite alla funzionalità degli istituti, scarica su di essi con inaspettata crudezza, acuendole, alcune criticità rilevanti, crea concrete diseguaglianze col resto del sistema di istruzione. Effetti di una sorta di “parti uguali fra diseguali”.
Ponzio Pilato abita a Trieste
Fra le prime, la carenza di Dirigenti Scolastici e Direttori Generali dei servizi amministrativi: l’anno scolastico è iniziato con 14 istituti, solo 12 posti in pianta organica e ben 5 reggenze. Tradotto: 5 dirigenti fra i 12 (quasi la metà) si sobbarcano il governo di un altro istituto oltre quello di titolarità. Su questo esito hanno inciso precise responsabilità in capo alla Regione e alla Direzione Scolastica Regionale, ciascuna trincerata in occasione delle determinazioni per il dimensionamento scolastico dietro un “non possumus” di dubbio fondamento.
L’effetto è stato la perdita di due posti da Dirigente Scolastico (e, conseguentemente di due Direttori dei servizi amministrativi). E’ accaduta una cosa grave: mentre il piano licenziato dalla Giunta regionale a dicembre 2023 ha confermato i numeri (14), dunque non dimensionando, sono comunque scattati i tagli previsti dalla normativa nazionale sul dimensionamento. Ma come è possibile che 14 istituti non dimensionati debbano vedersi ridotti i dirigenti e “funzionare” con meno 2 posti in pianta organica? La Regione è “caduta in piedi” affermando che non è di sua competenza intervenire, la Direzione Scolastica Regionale ha interpretato il ruolo di chi è tenuto ad “applicare la norma”. La loro condotta, per certi versi pilatesca, ha realizzato di fatto una finta tutela e precarizzato ulteriormente anche i ruoli dei Dirigenti Scolastici, per le cui assunzioni si incontrano inoltre difficoltà organizzative enormi.
Nonostante la scala di grandezza ridotta, non va meglio sul piano del reclutamento del personale docente. Per nulla lineare e sicuro il percorso da intraprendere per chi intende dedicarsi a pieno titolo nella docenza in questi istituti, in particolare per la scuola primaria; allo stato attuale manca la possibilità, ed è incredibile, di conseguire l’abilitazione integrata all’insegnamento in lingua slovena dentro il territorio italiano, ovvero presso gli atenei di Udine e Trieste dove pure sono attivi i corsi di Scienze della Formazione Primaria, e nel contempo non esiste un sistema di pieno ed immediato riconoscimento in Italia dei titoli conseguiti in Slovenia. Tant’è. Docenti cercasi, in pratica. Ogni anno scolastico comincia così con affanno.
Lo svolgimento dei concorsi per l’assunzione in pianta stabile sia di Dirigenti che di docenti risulta molto rallentato anche per la difficoltà di costituire le commissioni con tutto il personale (di ruolo) in possesso dei requisiti richiesti. Dunque anche qui la piaga del precariato avviluppa il sistema, aggravato anche dalla condizione di oggettiva piccola dimensione degli istituti, nei quali non sempre il fabbisogno di ore è sufficiente a garantire la costituzione di posti interi, pertanto “disponibili” per assunzioni più o meno stabili, ma solo piccoli “spezzoni” (per altrettanto piccoli stipendi). In sintesi, gli istituti sono spesso caratterizzati da organici ridotti ed instabili.
Non ultime, le difficoltà di tipo tecnico-gestionale che caratterizzano le assunzioni dei docenti con procedure informatizzate: capita che l’aspirante docente precario non riesca a esprimere la preferenza per il servizio su una scuola con lingua d’insegnamento slovena, pur avendone i requisiti, perché, banalmente, l’esperto tecnico del famoso algoritmo non ha considerato questa necessità per quella materia d’insegnamento.
La legge garantisce, la mancanza amministrativa nega
Per quanto espresso, è evidente che occorra coraggio, non calcoli di parte, mettere in discussione l’archetipo, costruire e realizzare le eccezioni, garantire una tutela che non sia solo nominale.
A cominciare dalla rete scolastica: perché non creare un unico distretto trans provinciale tra i 14 istituti? Risultasse troppo ambiziosa l’idea, perché non costituire cattedre miste, all’interno della provincia, tra posti di lingua slovena e quelli di lingua italiana? Ne gioverebbero in entrambi i casi le fasi di reclutamento del personale, dei trasferimenti, della composizione e stabilità degli organici.
Ogni anno vedono l’alba nuovi percorsi accademici. E’ possibile pensare di crearne a formazione integrata, in un solo percorso, spendibile per la professionalità docente in lingua slovena ed italiana?
Ed in mancanza, quanto ancora si dovrà attendere perché si realizzi un sistema di riconoscimento internazionale dei titoli certo?
Afferendo la tutela delle minoranze a garanzie costituzionali nazionali ed europee, da assicurare in una Regione autonoma, tutto ciò non dovrebbe costituire una missione impossibile.
__________
Po praznovanju 40-letnice dvojezične šole Špetru. Misli o šolskih ustanovah s slovenskim učnim jezikom
Na območju nekdanjih pokrajin Trst, Gorica in Videm je razporejenih 14 šolskih ustanov s slovenskim učnim jezikom, ki so bile ustanovljene na osnovi zakonodaje za zaščito jezikovne manjšine, ki se je razvijala od Londonskega memoranduma iz leta 1954 dalje.
Med njimi predstavlja nekakšen unikum celodnevna šola v Špetru, ki je po definiciji in poslanstvu „dvojezična“, in je poimenovana po ustanovitelju Paolu Petricigu, učitelju, inovatorju in vzgojitelju. Povsem upravičeno so pred kratkim slovesno praznovali 40 let njenega delovanja. Dejansko obstaja neka nevidna nit, ki povezuje Barbiano in Trappeto, kraja Don Milanija in Danila Dolcija, s šolo v Cepletišču. Ta vezna nit je v izražanju in kljubovanju manjšin, tako jezikovnih kot geopolitičnih, in prizadevanju za premostitev diferencialnega razmerja med izobraževanjem v središču in na obrobju, v prizadevanju za izobraževanje kot sredstva za emancipacijo bodočih državljanov in z njimi celotnega ozemlja. To so pozitivni modeli izobraževanja, ki jih je treba preučiti in ponotranjiti, neponovljivi predhodniki in zgled za sodobnost.
Izkušnje Paola Petriciga ponovno dokazujejo, da je prepoznavanje kolektivnih potreb vedno zasluga neke manjšine, ki si potem prizadeva, da bi jih uresničila kot pravice za vsakogar.
Če je s funkcionalnega vidika mogoče dejavnosti, ki so zaupane štirinajstim šolskim zavodom in jih ti izvajajo, opredeliti kot skladne in dosledne z zastavljenimi zaščitnimi cilji, je treba tudi povedati, da doživljajo šolske ustanove v lastnem delovanju očitno organizacijsko krizo, ki iz leta v leto spodkopava možnosti učinkovitega upravljanja in posledično tudi didaktike.
Takoj je treba pojasniti, da nimamo opravka z „drugo“ šolo, saj so tudi za 14 obravnavanih šolskih ustanov povsem veljavna splošna pravila v nacionalnem izobraževalnem sistemu, ki naslavljajo vse subjekte: šolnike, učence in družine. V resnici ta domnevna statusna enakopravnost predstavlja navsezadnje očitno omejitev za delovanje teh šolskih ustanov in jih obremenjuje z nepričakovano togostjo, kar jih postavlja v dejansko neenakopraven položaj v primerjavi z ostalimi deli izobraževalnega sistema. Učinek je torej neke vrste „enakost med neenakimi“.
Poncij Pilat živi v Trstu
Med perečimi vprašanji je pomanjkanje šolskih ravnateljev in generalnih direktorjev upravnih služb. Šolsko leto se je začelo s 14 zavodi, 12 predvidenimi delovnimi mesti in petimi vršilci dolžnosti. To konkretno pomeni, da 5 šolskih ravnateljev od 12 predvidenih (manj kot polovica) prevzema
poleg svojega zavoda tudi vodenje drugega zavoda. Odgovornost za te razmere gre Deželi FJK in Deželnemu šolskemu uradu, ki sta se pri določanju šolskega omrežja in števila vodilnih mest v njem skrivala za neprepričljivim izgovorom “ne moremo”.
Posledica tega je bila izguba dveh delovnih mest ravnateljev šol (in posledično tudi dveh direktorjev upravnih služb). Zgodilo se je nekaj hudega: medtem ko je načrt, ki ga je decembra 2023 odobril deželni odbor, potrdil število šolskih zavodov (14), torej naj ne bi prišlo do zmanjševanja števila zaposlenih, se je kljub temu sprožilo zmanjšanje, kakršnega predvideva splošna nacionalna zakonodaja o zmanjševanju števila zaposlenih.
Toda kako je mogoče, da je 14 zavodov, kljub načelni odločitvi o nezmanjševanju, prisiljenih delovati z dvema ravnateljskima mestoma manj v kadrovskem načrtu? Dežela se izgovarja, češ da to vprašanje ni v njeni pristojnosti, Deželni šolski urad pa se odgovornosti izmika rekoč, da so oni primorani “izvajati predpise”. Njihovo ravnanje je torej na nek način pilatovsko in je de facto izničilo zaščito manjšinskega šolstva in je prekariziralo status ravnateljev šol, pri zaposlovanju katerih se prav tako pojavljajo velike organizacijske težave.
Kljub majhnemu številčnemu obsegu razmere niso nič boljše niti glede zaposlovanja pedagoškega osebja. Za šolnike, ki se nameravajo posvetiti poučevanju v teh ustanovah, zlasti to velja za osnovno šolo, pot do redne zaposlitve ni ne lahka ne premočrtna; trenutno ni nobene možnosti, in to je neverjetno, da bi pridobili integrirane kvalifikacije za poučevanje v slovenskem jeziku na italijanskem ozemlju, to je na univerzah v Vidmu in Trstu, kjer sicer delujeta fakultetni smeri za pedagoško usposabljanje v osnovnih šolah, po drugi strani pa ne morejo pridobiti niti popolno in takojšnje
priznanje v Sloveniji pridobljenega univerzitetnega naslova. Tako pač je. Iščejo se učitelji, ki jih ni. Vsako šolsko leto se zaradi tega začenja s kadrovskimi težavami.
Izvedba razpisnih rokov za stalno zaposlitev tako ravnateljev kot učiteljev je zelo upočasnjena tudi zaradi težav pri imenovanju ocenjevalnih komisij, v katerih morajo vsi (redno zaposleni) člani izpolnjevati v predpisih zahtevane pogoje. Zato tudi v tem primeru prekarnost obremenjuje sistem, pri čemer so razmere še toliko slabše zaradi objektivne majhnosti zavodov, v katerih potreba po učnih urah ni vedno zadostna, da bi se zagotovilo oblikovanje polnih delovnih mest, ki bi torej bila na razpolago za bolj ali manj stabilno zaposlitev, ampak so na voljo le okrnjena delovna mesta (za ustrezno manjše plače). Skratka, za šolske ustanove je pogosto značilna zmanjšana in nestabilna kadrovska struktura.
Nenazadnje se pojavljajo tudi tehnično-upravne težave zaradi zaposlovanja učiteljev z računalniškimi postopki: zgodi se, da učitelj, ki bi se rad prijavil za zaposlitev, ne more izraziti želje po poučevanju na šoli s slovenskim
učnim jezikom, čeprav izpolnjuje pogoje zanjo, zato ker, trivialno, tehnični strokovnjak, ki je pripravil zadevni algoritem, ni upošteval te potrebe za dotični učni predmet.
Zakon jamči, upravna neučinkovitost odreka
Ob vsem povedanem je očitno, da je potreben pogum, ne pa strankarsko preračunavanje, postaviti je treba pod vprašaj arhetip, predvideti in uresničiti potrebne izjeme, zagotoviti zaščito, ki naj ne bo le nominalna.
Začnimo s šolsko mrežo: zakaj ne bi ustvarili enotno okrožje, ki naj bi preko pokrajinskih meja zaobjelo teh štirinajst ustanov? Če bi se ta zamisel izkazala za preveč ambiciozno, zakaj ne bi vsaj ustanovili znotraj vsake pokrajine skupnih delovnih mest s slovenskim in italijanskim učnim jezikom?
V obeh primerih bi se tako izboljšale razmere pri zaposlovanju osebja, premestitvah, kadrovski sestavi in stabilnosti.
Vsako leto se ustanavljajo nove akademske smeri. Ali ne bi bilo mogoče razmišljati o oblikovanju smeri za celostno usposabljanje, ki bi ga bilo mogoče uporabiti za opravljanje učiteljskega poklica tako v slovenskem kot v italijanskem jeziku? Če pa do tega ne pride, kako dolgo bomo še primorani čakati na učinkovit sistem mednarodnega priznavanja diplom?
Ker je zaščita manjšin zajamčena tako z ustavnimi kot z evropskimi predpisi, ki bi jih morala avtonomna dežela izvajati, vse to ne bi smelo biti nemogoče.
Docente scuola secondaria secondo grado, Esperto in Studi Turistici
segretario generale regionale Federazione Lavoratori della Conoscenza CGIL, ha esercitato incarichi di responsabilità e partecipativi nelle istituzioni scolastiche e svolto attività politico-amministrativa nel territorio.
- Massimo Gargiulohttps://ilpassogiusto.eu/author/mgargiulo/
- Massimo Gargiulohttps://ilpassogiusto.eu/author/mgargiulo/