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Numero 28 | Febbraio 2025

fotovoltaico

… vorranno inquinare le stelle, privatizzare il sole… eppure il vento soffia ancora…(*)


La questione energetica per come si sta profilando nella partita sulle energie rinnovabili, fotovoltaico in particolare, è oggi fondamentalmente una questione di democrazia perfettamente in sintonia con gli altri aspetti della “crisi della democrazia” che stiamo riscontrando oggi. Sul versante politico, assistiamo ad un processo ormai irrefrenabile di riduzione degli spazi veri di agibilità democratica (v. la legge elettorale che riduce al 40% il consenso per essere eletto sindaco; la legge dell’elezione diretta del Presidente della Regione, la legge elettorale nazionale per i due rami del Parlamento, la proposta di legge per i premierato, il ddl Sicurezza, ecc.) che, in nome della governabilità, dell’efficienza e dell’ordine, in realtà produce l’effetto di limitare il diritto di espressione e di consegnare tutto il potere nelle mani del sindaco/governatore/presidente di turno, di eliminare qualsiasi ruolo e potere alle minoranze e ai cittadini e di ridurre, conseguentemente, spazi al dibattito e al confronto tra schieramenti, gruppi sociali e cittadini con il risultato, da una parte, di mortificare la partecipazione (non solo quella che si manifesta con l’astensionismo elettorale) e, dall’altra, di costruire nuclei di potere intoccabili e talmente forti da sfidare  altri poteri dello Stato, magistratura in primis.

Questo processo di accentramento di potere trova vari altri campi di applicazione che, assumendolo, ne rafforzano e consolidano la riproduzione; mi riferisco al potere dei media e dei social, all’uso centralizzante dell’informatica (perché assegnare la gestione di una pratica al comune se posso gestirla digitalmente direttamente da Trieste o da Roma?), alla demonizzazione dei corpi intermedi che guai se fai uno sciopero perché danneggi qualcun altro…

Anche nel campo della transizione energetica siamo di fronte a processi analoghi di concentrazione di potere nelle mani di pochi grossi player contraddicendo ogni aspettativa, per quanto sostenuta dalle leggi (v., ad es., D. Lgs 199/2021 sulle Comunità Energetiche), di una gestione distribuita dell’energia in una prospettiva di autonomia e capacità decisionale delle comunità locali e dei territori.

Siamo di fronte, infatti, ad un processo di concentrazione spinta che, grazie alle norme agevolative adottate dai governi degli ultimi anni, trova porte spalancate alla realizzazione di mega impianti, in particolare fotovoltaici, senza che le realtà locali (sindaci, consigli comunali, cittadini) possano dire nulla di determinante rispetto a quanto progettato e senza che nulla possano godere di tali installazioni.

I numeri della concentrazione, la nostra Regione fra le peggiori

Gli ultimi numeri delle installazioni di impianti fotovoltaici confermano questa tendenza; da una parte v’è il rallentamento delle installazioni <12 kW (in pratica gli impianti residenziali), diminuite, nel primo semestre ’24, del 21% rispetto allo stesso periodo del 2023, mentre, dall’altra, quelle dei grandi impianti (utility scale) > 200 kW sono aumentate del 240% portandosi a casa il 58% della potenza installata a fine giugno 2024 in capo all’1% degli impianti!

E l’incremento di questi impianti vede il nostro piccolo Friuli-Venezia Giulia ben in quinta posizione in Italia, dopo Lazio, Sicilia, Sardegna e Puglia, con 24 MW nei primi sei mesi del 2024!

Cosa significa se il 58% della potenza fotovoltaica installata a fine giugno ’24 è detenuto dall’1% degli impianti? Significa una concentrazione di potere e di valore nelle mani sostanzialmente di ignoti finanziatori che, di solito, utilizzano società di comodo cui appaltano la progettazione e realizzazione delle opere.

Siamo di fronte a questo fenomeno in tutta Italia, ed è questo che rende problematica la transizione energetica; lo spossessamento dei territori e delle comunità dalla produzione e dalla gestione dell’energia. Non che finora sia stato differente; la nazionalizzazione concepita negli anni ’60 ha determinato il sistema energetico italiano, fortemente centralizzato e unitario, non ha mai ricompreso le comunità locali fra gli attori della filiera energetica; anzi; il gestore unico (l’ENEL) aveva programmaticamente eliminato tutte quelle realtà locali che, nel corso del  ’900, avevano costituito società elettriche con impianti e reti locali; solo poche si sono salvate (fra queste la SECAB di Paluzza o la Società Cooperativa Idroelettrica di Forni di Sopra) e restano oggi come emblemi di un’idea e di una pratica di energia autoprodotta e condivisa come, forse, solo in Alto-Adige, e forse altrove in Europa, si continua a vedere.

L’alternativa in materia energetica dovrebbe fondarsi su questa semplice idea di fondo: l’energia, in quanto base e fondamento di ogni aspetto della società, deve essere considerata un bene comune e, in quanto tale, prodotta, usata e preservata dalle comunità locali che, variamente aggregate fra di loro, ne detengono gli aspetti produttivi e di vantaggio, in una logica sistemica, di rete, in cui tutte sono connesse e sono di reciproco sostegno.

Per questo la faccenda dei grandi impianti a terra non va oggi bene per come si è sviluppata e concretizzata finora nella nostra Regione; oggi non si può sopportare che continui questa occupazione speculativa delle campagne; non tanto per gli aspetti produttivi (avere tanti MW installati è ovviamente necessario e utile alla lotta ai cambiamenti climatici), quanto per gli aspetti che attengono alle relazioni “politiche” in senso stretto, cioè dei rapporti relativi agli aspetti fondanti della convivenza e della solidarietà, cioè della democrazia e della giustizia, del controllo sulle risorse locali e dell’autonomia, direi anche della forza strategica, in caso di tempi difficili, dell’avere un sistema energetico proprio, flessibile e articolato.

E allora, per contrastare questo fenomeno speculativo, analogo a quello avvenuto nei decenni passati per l’acqua in montagna, bisogna tenere il punto in modo forte sull’idea che gli impianti vanno fatti prioritariamente sui tetti e sulle aree marginali, che le campagne non vanno occupate se non in forma residuale e comunque compensata; che vanno utilizzate prioritariamente con sistemi agrivoltaici, che bisogna sostenere, con un adeguato sistema di aiuti e facilitazioni, la nascita di società energetiche locali (che oggi sono possibili grazie alle Comunità Energetiche), che la Regione faccia nascere davvero quella società energetica che ha scritto finora solo sulla carta (LR 18/22); che si metta in opera subito un’azione politica forte per il recupero delle concessioni sugli impianti idroelettrici ed il subentro regionale nella loro gestione.

I cittadini e le comunità devono essere gli attori della transizione energetica

Deve essere così perché siamo di fronte ad un processo epocale, senza ritorno, del quale e nel quale essere protagonisti; se restiamo fuori ora da questo processo non ci sarà nulla di buono per noi; come per l’idroelettrico, ci dovremo accontentare, se va bene, delle briciole magnanimamente concesse dai nuovi padroni dell’energia.

Si faccia invece come si è fatto per le Province autonome di Trento e Bolzano e per la Valle d’Aosta in materia idroelettrica, si rivendichi (e si sviluppi) nella nostra Regione una competenza forte in materia energetica anche con le necessarie modifiche allo Statuto di Autonomia, si colgano tutte le opportunità offerte dalle norme vigenti, promosse dal basso in grado di muovere persone e gruppi verso la costituzione di Comunità Energetiche, di gruppi di acquisto, di progettualità e  sinergie con il sistema produttivo, bancario, istituzionale e sociale locale.

Si costruiscano con determinazione luoghi e gruppi di economia autocentrata, locale, che sostenga anche la transizione energetica; costruiamo reti e connessioni nei territori, si dia spazio a forme di economia sociale e solidale a partire dalle esperienze del Distretto dell’Economia Solidale e dell’agricoltura biologica e delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali che cominciano a nascere dappertutto.

Questo è il senso profondo di una transizione energetica che guardi alla giustizia sociale ed ambientale.

(*) https://www.youtube.com/watch?v=hOxLD7Eb9h4&list=RDhOxLD7Eb9h4&start_radio=1&rv=hOxLD7Eb9h4

Emilio Gottardo
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Referente per l’energia e le CER di Legambiente FVG, già ispettore forestale del Corpo forestale regionale.

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