Il Tagliamento non passa solo per Latisana
Pubblichiamo una lettera aperta indirizzata ai media locali, ricevuta dopo l’audizione dei giorni scorsi sui progetti di opere pubbliche nel medio corso del Tagliamento. Dopo le alluvioni ed i disastri avvenuti in questi giorni nella Comunità Valenciana ogni richiamo alla responsabilità ed alla concretezza delle scelte che riguardano anche la sicurezza delle comunità deve essere privo di strumentalità, non dovrebbero esserci indecenti scaricabarile fra i diversi livelli politico-amministrativi come accaduto là ma come accaduto già anche in Emilia-Romagna. Per questo va sottolineato che la conservazione della naturalità dei fiumi è anche un fattore di sicurezza. Questa lettera riguarda un altro aspetto altrettanto decisivo, la conservazione di ricordi non parziali né strumentali e conferma che la memoria, dei singoli come delle comunità, non sempre è tutta la storia.
Non sarà stato probabilmente un caso che, per l’Audizione della IV Commissione del Consiglio Regionale dedicata al progetto di una “traversa laminante” sul Tagliamento (prevista in corrispondenza del ponte di Dignano e contestata non solo da Amministrazioni Comunali e da Comitati di cittadini, ma anche da 400 accademici ed esperti di vari Paesi), sia stato scelto il 4 novembre, data dell’anniversario dell’Alluvione che 58 anni fa colpì drammaticamente Firenze, Venezia e la nostra stessa regione.
Per i rappresentanti del Governo (la Vice Ministra all’Ambiente Vannia Gava) e per quelli della Giunta Regionale presenti in aula, infatti, questa costituiva probabilmente l’occasione per proclamare con perentorietà mista ad orgoglio che, dopo tanti anni di discussioni, convegni e studi, per difendere Latisana finalmente si passava alle opere concrete.
All’inizio della seduta il Presidente del Consiglio Regionale Bordin, in un messaggio registrato, aveva chiesto di osservare un minuto di silenzio in ricordo delle vittime dell’alluvione di Latisana. Nel novembre del 1966 a Latisana i morti furono quattro (molti di meno di quelli del settembre dell’anno precedente), mentre nella regione si arrivò complessivamente a 18 vittime, dodici delle quali in Carnia. Tra queste il Sindaco di Forni Avoltri, Riccardo Romanin, inghiottito insieme alla sua auto, sulla quale si trovavano anche un tecnico ed un operaio del Comune, mentre stava prestando i primi soccorsi alla popolazione.
È una dimenticanza nei confronti della montagna purtroppo non nuova. Il 9 novembre 1966, la Gazzetta Ufficiale pubblicava infatti il Decreto del Presidente della Repubblica recante le norme di attuazione del D.L. n. 914, con il quale veniva delimitata l’area colpita dall’alluvione cui destinare gli aiuti. Nell’elenco venivano inseriti i Comuni della bassa friulana e Pordenone, ma, stranamente, venivano dimenticati i 39 Comuni montani che costituivano la Comunità Carnica. La cosa sollevò l’immediata protesta dei Sindaci, che minacciarono dimissioni in massa, mentre i sindacati di zona decisero di proclamare lo sciopero generale qualora le richieste non venissero accolte.
Oltre alla perdita di vite umane, in Carnia si registrarono smottamenti, frane, crolli di edifici, interruzioni della viabilità e rotture della rete di distribuzione dell’energia elettrica e degli acquedotti. Alcuni centri restarono a lungo isolati. Fortemente colpito anche il patrimonio boschivo. Si riscontrarono danni alle attività economiche, in particolare alle segherie spazzate via dalla piena. I danni furono quantificati in 15 miliardi di lire.
Qualche settimana più tardi, commemorando le vittime dell’alluvione nella prima seduta del Consiglio Comunale successiva alla catastrofe, il Sindaco di Tolmezzo Tiziano Dalla Marta dichiarava che “questi morti rappresentano il prezzo doloroso che la Carnia ha pagato per le sue condizioni di sottosviluppo”. Tra le cause del disastro venne ricordato l’eccessivo disboscamento effettuato durante la guerra, ma ci fu anche chi sottolineò gli effetti dell’indiscriminato sfruttamento idroelettrico. Dal 1966 ad oggi, le varie alluvioni che si sono susseguite nella nostra regione hanno provocato a Latisana solo allarme ed apprensione; in montagna hanno procurato ancora danni e vittime.
Dispiace che, pur invitati all’audizione odierna, i Sindaci della montagna non si siano fatti sentire per sottolineare le condizioni in cui versa il bacino superiore del Tagliamento e la necessità di ripristinare condizioni naturali del suo corpo idrico, a vantaggio e sicurezza anche della pianura.
Non per caso, allora, una Petizione popolare, sottoscritta da 1.300 cittadini e depositata nel dicembre 2021 presso il Consiglio regionale con la richiesta di ridare acqua al nostro fiume e istituire le “Giornate del Tagliamento” non ha mai avuto nemmeno un “cortese cenno di risposta”.
Franceschino Barazzutti – Comitato Popolare per la Tutela del Bacino Montano del Tagliamento
Marco Lepre – Circolo Legambiente della Carnia-Val Canale-Canal del Ferro