Decreto sicurezza: come cambieranno le nostre vite?
Il Patto per l’Autonomia e Adesso Trieste hanno organizzato un incontro sul disegno di legge “Sicurezza” con il magistrato Luigi Dainotti, presentato dalla consigliera regionale Giulia Massolino, per approfondire le implicazioni del provvedimento.
Il Ddl 1660, cosiddetto Decreto Sicurezza, approvato alla Camera il 18 settembre scorso e attualmente in attesa di approdare al Senato, introdurrebbe – se approvato – nuove fattispecie di reato e un aggravamento di quelle esistenti in una serie di aspetti di grande importanza per le persone e per la società civile. Si va dalla norma soprannominata “anti Gandhi”, che punisce chi manifesta in modo pacifico per il clima, fino alla repressione delle occupazioni, all’aggravamento delle pene per le rivolte carcerarie, e la pena detentiva anche per le mamme. L’Organizzazione per la sicurezza europea ha già lanciato un allarme, segnalando come molte di queste disposizioni possano “minare i principi fondamentali della giustizia penale e dello stato di diritto”.
Il Ddl 1660 si inserisce in un contesto repressivo che ha caratterizzato questo Governo dall’inizio, basti pensare al Decreto “Rave” o al Decreto “Cutro”. Ci sono sostanzialmente tre gruppi di persone colpiti dall’attuazione di questo decreto: le persone migranti, chi è recluso in carcere e le/i manifestanti. Nel primo caso le misure, dalla revoca della cittadinanza al divieto di vendere le schede SIM, mirano a mettere i migranti ancora più ai margini, così come un’ulteriore criminalizzazione delle navi delle ONG mira a colpire chi prova a soccorrerli. Anche la norma che rende facoltativo il rinvio della pena per le donne incinte o madri di bambini fino ai tre anni (in contrasto con le normative internazionali) mira esplicitamente a colpire la comunità Rom, insieme all’aggravio delle pene per l’accattonaggio con i minori. Questo accanimento non è basato sulla realtà dei numeri, è pura propaganda, e non ha nulla a che vedere con la sicurezza. E a proposito di numeri, gli articoli che aggravano le pene per le rivolte carcerarie, introducendo persino il reato di resistenza passiva, sono un controsenso se consideriamo il drammatico sovraffollamento delle carceri in Italia. Infine, il provvedimento intende chiaramente colpire i movimenti di protesta, e specialmente gli attivisti delle associazioni che si battono per il clima, prevedendo fino a due anni per i blocchi stradali e ferroviari, e aggravanti nel caso di costruzione di opere pubbliche strategiche. Altrettanto sproporzionata la misura sull’occupazione di edifici, estesa a chi supporta l’occupazione, tanto più in una situazione di tale crisi abitativa. A essere tutelati, invece, gli agenti di polizia, la cui difesa verrebbe assunta dallo Stato stesso se dovessero essere accusati di reati durante le manifestazioni, e punendo pesantemente le lesioni anche lievissime da parte di manifestanti nei loro confronti.
Le ricadute sulla società civile sono evidenti e drammatiche, anche e soprattutto nel nostro territorio. A Trieste la gestione del fenomeno migratorio nella Rotta Balcanica è intollerabile, così come intollerabile la condizione delle carceri nella nostra regione, che è seconda sul podio italiano per sovraffollamento, e sempre a Trieste abbiamo già dovuto fare i conti con una rivolta carceraria qualche mese fa. Oltre ovviamente alle implicazioni relative all’opposizione all’inutile, impattante e insostenibile ovovia, così come tutte le altre opere calate sulla testa della cittadinanza contro la volontà di chi vive i territori.
Il primo passo è la consapevolezza, e per questo è importante approfondire il tema. Ma dobbiamo mobilitarci con forza, finché possiamo ancora farlo, in tutte le sedi e in tutti i modi per impedire che questo Ddl venga approvato così come proposto anche in Senato.