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Numero 24 | dicembre 2024

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Krsko: salta il referendum in Slovenia. Un punto sul ritorno del nucleare


Già due volte gli italiani hanno votato un referendum sul tema delle centrali elettriche nucleari.

Nel novembre 1987 i tre quesiti – sulle norme per la localizzazione delle centrali, i contributi ai Comuni che le avessero ospitate e la partecipazione dell’ENEL a centrali in altri Paesi – ottennero percentuali di SI (cioè favorevoli all’abrogazione) tra il 71,9 e l’80,6 per cento. Nel giugno 2011, invece, sulle norme che consentivamo la costruzione di centrali nucleari in Italia, i SI all’abrogazione superarono il 94 per cento.

Un peso determinante sull’esito del voto ebbero, certo, nel primo caso il disastro della centrale sovietica di Černobyl (26 aprile 1986), nel secondo quello della centrale giapponese di Fukushima (11 marzo 2011), entrambi peraltro considerati “pressoché impossibili” (prima…) dai fautori del nucleare civile.

Tra il 1988 ed il 1990 furono chiuse le tre centrali nucleari ancora in funzione in Italia, a Latina, Trino Vercellese e Caorso (le prime due già comunque alla fine della loro vita utile), mentre quella di Sessa Aurunca era stata chiusa nel 1982.

Venne altresì interrotta la costruzione della centrale di Montalto di Castro.

Ad oltre un trentennio dalla chiusura di questi impianti, è però irrisolto il problema della destinazione finale delle scorie radioattive prodotte. Un sito per lo smaltimento (stoccaggio) non è stato infatti individuato e le scorie continuano ad essere conservate presso le centrali dismesse.

Le tecnologie: reattori di terza generazione e modulari di quarta generazione (SMR)

I reattori nucleari di terza generazione, del tutto analoghi a quelli di seconda (tipo quello di Krško), presentano alcuni miglioramenti per ciò che concerne la sicurezza. Sono di “terza” gli EPR francesi, prediletti dai nuclearisti nostrani. Peccato che tempi e costi di tutti gli EPR realizzati finora siano sfuggiti ad ogni controllo, sia in Francia (Flamanville), sia in Finlandia (Olkiluoto), sia nel Regno Unito (Hinkley Point), con ritardi medi di un decennio e oltre rispetto ai tempi preventivati e costi di costruzione più che quadruplicati.

Da ciò la spinta verso la cosiddetta quarta generazione degli Small Modular Reactors (SMR), che promettevano costi ridotti grazie alla costruzione in serie (in fondo si tratta di adattare ad usi civili gli stessi reattori utilizzati per la propulsione dei sottomarini nucleari) e più facile localizzazione per le ridotte dimensioni e minori necessità di raffreddamento. Il guaio è che di questi SMR non ne esiste ancora uno… Non solo: le società create per realizzare i primi prototipi di SMR sono fallite (l’americana Nuscale) o hanno abbandonato l’impresa (la franco-italiana Nuward), per l’impossibilità di garantire costi e tempi competitivi e prevedibili per l’industrializzazione dei reattori.

Senza dimenticare che per gli SMR sussisterebbero le medesime criticità delle altre centrali: l’approvvigionamento di uranio, il suo arricchimento (la Francia è costretta a rivolgersi per questo… alla Russia!), lo smaltimento delle scorie radioattive e il fatto che i reattori diventano bersagli “paganti” in caso di conflitto (Ucraina docet).

I costi dell’elettricità

Uno dei leit motiv dei nuclearisti italici è la geremiade sui costi dell’elettricità, che sarebbero – a causa della rinuncia al nucleare – enormemente superiori in Italia rispetto ai Paesi vicini, specie se dotati di centrali nucleari. C’è chi favoleggia di costi del kwh quadrupli rispetto alla Francia … Un’occhiata ai dati Eurostat, permette però di scoprire che il differenziale di prezzo tra Italia e Francia è di un 10 -15 % favorevole alla seconda per le utenze residenziali-domestiche (v.tabella qui sotto). Mentre è favorevole all’Italia (!) per le utenze non residenziali.

Non molto diversa la situazione nel confronto tra Italia e Germania.

 

Paese Prezzi elettricità (€/kwh)

per clienti residenziali  

II semestre 2023

Prezzi elettricità (€/kwh)

per clienti non residenziali

I semestre 2024

Italia               0,2565                 0,2451
Francia 0,2161 0,2187
Germania 0,2882 0,2806
Prezzi elettricità (€/kwh)

per clienti non residenziali

II semestre 2023

Prezzi elettricità (€/kwh)

per clienti non residenziali

I semestre 2024

Italia 0,1771 0,1515
Francia 0,2107 0,1555
Germania 0,1890 0,1976

Fonte dati: Eurostat

Non solo: in Francia (75% dell’elettricità prodotta da 56 reattori nucleari) il monopolista pubblico EDF, che gestisce la totalità del parco centrali d’Oltralpe, ha oggi sul groppone 54,4 miliardi di Euro di debiti. Erano 64,5 un anno fa, ma si sono ridotti grazie…all’aumento dei prezzi dell’elettricità venduta all’utenza. Prima o poi, però, anche i debiti residui dovranno essere rimborsati: sempre a spese dell’utenza, ovviamente.

Un quadro aggiornato dei costi dell’elettricità nucleare, in rapporto alle altre fonti disponibili, è nel grafico qui sotto, prodotto dall’istituto di ricerca Fraunhofer ISE e relativi alla Germania.

 

Grafico nucleare

 

Il costo del kwh nucleare è, come si può vedere, doppio o quadruplo, rispetto a quello prodotto con le varie tipologie di eolico e fotovoltaico, che è inferiore anche al costo del kwh prodotto con carbone e gas naturale.

Da notare che il costo dell’elettricità da fotovoltaico include, per tutti gli impianti –  residenziali e industriali – anche quello delle necessarie batterie di accumulo.

In Italia (ma non solo), che sicuramente vanta più ore di sole della Germania, il differenziale di costo tra l’elettricità prodotta con il fotovoltaico, rispetto alle fonti fossili ed al nucleare, è certo ancora maggiore.

Krško

Si discute da tempo, in Slovenia, del futuro della centrale nucleare di Krško (696 MW di potenza, reattore PWR di tecnologia Westinghouse, in servizio dal 1983). Sita in prossimità della Sava, le cui acque sono utilizzate per il raffreddamento dell’impianto, la centrale era stata progettata per una vita utile di 40 anni, ma approssimandosi la scadenza il Piano Energetico della Slovenia ne decise la proroga per altri 20 anni, prevedendone nel contempo l’affiancamento – e poi la sostituzione – con un nuovo reattore di potenza maggiore.  

La centrale, in comproprietà tra le aziende elettriche pubbliche di Slovenia e Croazia, è da decenni al centro di contestazioni e proteste da parte degli ambientalisti sloveni, italiani e austriaci. Si contestano i potenziali rischi da fall out radioattivo, in caso di incidente, anche per i Paesi confinanti (la centrale dista solo 136 km in linea d’aria da Trieste), perché oltre tutto l’impianto è sito in un’area sismica.

Pericolosità sismica del sito sempre negata dai competenti organi sloveni, malgrado le evidenze più volte confermate da esperti francesi, italiani ed austriaci.

Le principali forze politiche slovene sono peraltro favorevoli sia al mantenimento in servizio dell’attuale centrale, sia alla costruzione di un nuovo reattore nel medesimo sito.

A tale proposito era stato indetto un referendum consultivo per il 24 novembre 2024, contando sul fatto che tutti i sondaggi di opinione registravano una schiacciante maggioranza di favorevoli alla nuova centrale. Alla fine di ottobre, però, il Parlamento di Lubiana ha deciso a sorpresa di rinviare la consultazione a data da destinarsi. Motivazione: l’ambiguità del quesito referendario, sbilanciato verso un voto favorevole.

Hanno senz’altro giocato a favore del rinvio le rivalità tra le forze di maggioranza e opposizione (pur favorevoli al nucleare), oltre ad alcune voci dissonanti all’interno del partito del premier Golob. E’ probabile però che abbiano pesato anche le perduranti incertezze su tipologia, tempi e costi di costruzione della centrale, nonché sul costo effettivo dell’elettricità prodotta. A tutt’oggi non è noto quale modello di reattore (francese? coreano? russo?) si voglia realizzare, di quale potenza, in quali tempi e a quali costi.

Il can can politico-mediatico sul nucleare in Italia

E’ in corso da tempo, specie dopo la vittoria delle destre alle politiche del 2022, un battage propagandistico per il “ritorno al nucleare”.

Vi si dedicano molti politici dell’area governativa, specie quelli della Lega, ma anche esterni (per ora…) alla maggioranza, come Carlo Calenda. Molto attiva nella propaganda pro nucleare Confindustria, il cui neopresidente Emanuele Orsini ha dato la disponibilità a piazzare i reattori all’interno delle aziende (“ve li troviamo noi i posti”). Orsini ha in mente gli SMR, per i quali il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Pichetto Fratin, ha già annunciato un disegno di legge che conterrà norme per la localizzazione degli impianti ma anche – ça va sans dire… – gli opportuni incentivi a carico dello Stato.

Il tutto accompagnato da una campagna di fakes, che tentano di denigrare le fonti rinnovabili, accusate di “consumare suolo” (il fotovoltaico a terra), di “distruggere il paesaggio” e di “colonizzare i territori” (l’eolico, specie in Sardegna…).

Anche in Friuli Venezia Giulia abbondano i nuclearisti ai vertici: il presidente Fedriga, com’è ovvio, ed il presidente di Confindustria Alto Adriatico Michelangelo Agrusti. Complice il sistema mediatico locale, entrambi “surfano” nelle dichiarazioni tra nucleare di terza e quarta generazione, aggiungendo qualche riferimento alla fusione nucleare – che ci sia ognun lo dice, ove (e quando, e se) sia, niun lo sa … – perché tutto fa brodo, ormai. L’importante è evitare il benché minimo approfondimento, men che meno su costi, tempi ed impatti delle tecnologie. E poi gli “ideologici” sarebbero gli ambientalisti…

Ultimo, per ora, atto del can can politico-mediatico, la proposta di legge di iniziativa popolare, lanciata alla fine dello scorso ottobre da Azione e Fondazione Luigi Einaudi, mirata a promuovere la costruzione di reattori di terza generazione, senza escludere altre tecnologie “quando commercialmente disponibili”. Il quorum minimo di 50 mila firme è stato rapidamente raggiunto, ma la raccolta continua…

Dario Predonzan

Dario Predonzan ha lavorato fino al 2018 alla Direzione centrale ambiente della Regione autonoma Friuli Venezia Giulia, dove si è occupato tra l’altro di istruttorie nell’ambito di procedure VIA e dei rapporti ambientali relativi ai programmi comunitari. Dal 1978 al 2013 è stato anche attivista del WWF Italia, associazione nell’ambito della quale ha svolto gli incarichi di responsabile della Sezione di Trieste, di vice presidente e presidente della Sezione regionale Friuli Venezia Giulia, occupandosi in particolare di tematiche attinenti la gestione del territorio e l’urbanistica, l’energia e le infrastrutture di trasporto.

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