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Numero 30 | 14 Marzo 2025

Friuli-Venezia Giulia
Zoncolan

Grazie a Dio in Friuli-Venezia Giulia c’è ancora il socialismo reale


Quasi ogni giorno di questo inverno soleggiato, oltre alla lettura dei quotidiani locali, do una occhiata ad alcune webcam poste nelle località sciistiche regionali per vedere come va la neve.

Le ottime vacanze natalizie hanno portato un vento di fiducia negli operatori, le piste sono preparate ottimamente ed anche in questi giorni un certo movimento si nota, in attesa delle vacanze della cultura slovena e di settimane bianche di turisti del centro-est d’Europa.

L’assessore Bini pare felice e snocciola numeri da primato. In barba alle argomentazioni degli ambientalisti ideologici climatici secondo cui la neve sta scomparendo. Nulla vieta quindi di proporsi scadenze di grandi avvenimenti nel settore e di continuare a considerarlo come spazio fondamentale dell’economia della montagna.

Debbo quindi fare ammenda del mio voto contrario (l’unico) in consiglio regionale nel 1984 alla legge che istituiva la Promotur, società-agenzia regionale che da 40 anni si occupa della gestione del turismo montano invernale e soprattutto della realizzazione e gestione delle infrastrutture necessarie alla pratica dello sci. Questo pentimento è “ideologico”, non riguarda ragionamenti di carattere ambientale e climatico, ma proprio la natura economica della organizzazione di questa attività.

Contrariamente a quanto si pensa in giro l’attività della Promotur e oggi di Promoturismo FVG dimostra che il socialismo reale può continuare a funzionare anche dopo la caduta dell’Unione Sovietica. E come spiegano oggi alcuni esperti di economia, l’Italia avrebbe fatto bene negli anni novanta ad evitare le privatizzazioni di molte sue fondamentali imprese pubbliche e a prendere esempio proprio dalla Promotur.

I conti dell’industria della neve in Regione non sono difficili e possono essere così sintetizzati. 

Nell’acquisto e nella realizzazione degli impianti e dell’organizzazione dei demani sciabili sono stati investiti (a valuta attuale) in 40 anni circa 1 miliardo di euro, il cui ammortamento è un puro problema contabile ma non finanziario visto che si tratta di pura spesa pubblica. La gestione degli impianti vede un disavanzo tra entrate (biglietti e abbonamenti) ed uscite di una media di perlomeno 10 milioni di euro all’anno che, sempre a valuta attuale possono ritenersi complessivamente tra i 300 e 400 milioni di euro dalla costituzione della società. 

A fronte di ciò ci sono circa 500 posti di lavoro (gran parte per circa 4-6 mesi all’anno) ed una presenza turistica di circa 100.000 pernottamenti annui con quindi una entrata valutabile in 10 milioni di euro di fatturato all’anno. A questo va aggiunto il volume d’affari determinato dalla preponderante presenza di pendolari nella fruizione degli impianti. 

Sul piano sociale direi che il giudizio non può che essere positivo. Di fatto si può asserire che in Friuli-Venezia Giulia si va a sciare e si fa economia con gli sport invernali in montagna grazie ad un intervento pubblico che fortunatamente non ha bisogno di una contabilità di mercato.

Questa organizzazione del settore è sostanzialmente unica nell’arco alpino, sia nei confronti degli altri stati che delle stesse regioni italiane, dove i sistemi territoriali si sviluppano attraverso iniziative private e/o partnership private/pubbliche, determinando bilanci in cui le perdite spesso portano a fallimenti e dismissioni. Soprattutto a partire dall’attuale consapevolezza che tutti gli impianti sotto i 1500 m/slm non sono in grado di utilizzare neve naturale e devono gestire le spese crescenti di quella programmata.

Certo, sta aprendosi la prospettiva di un probabile futuro con neve artificiale di plastica (già oggi disponibile per attività specifiche, big air, salto, cross, etc.) ma la cosa spaventa un po’ anche perché a quel punto si potrebbe fare tranquillamente a meno della stessa montagna. Le colline di Moruzzo o la zona di Opicina a Trieste potrebbero essere l’ideale per manifestazioni ad alta intensità di pubblico.

Per ora quindi non possiamo che congratularci con la regione “bolscevica” che permette di sopravvivere alla montagna ed io continuerò a fare finta di niente quando gli amici del Comelico, ancora infastiditi per il tradimento di Sappada, me lo rinfacciano.

Giorgio Cavallo
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Attivo in politica dai primi anni Sessanta del secolo scorso, è stato consigliere regionale di opposizione per tre legislature e per due mandati assessore all’Urbanistica e alla Mobilità del Comune di Udine, presidente regionale di Legambiente FVG negli anni Novanta e Duemila. Saggista, ha decine di pubblicazioni all’attivo. Collabora con testate di informazione locale su temi di attualità politica, sociale ed economica.

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