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Numero 28 | Febbraio 2025

Fiumi

Contratti di fiume: per un legame più equilibrato e naturale con la risorsa acqua


Uno dei beni primari per la vita – l’acqua – è ritornata al centro dell’attenzione  generale. Gli effetti più evidenti dei cambiamenti climatici si traducono in trasformazioni soggette ad eventi che, per frequenza ed intensità, hanno modificato le emergenze nella nuova normalità.

Nel panorama più ristretto della nostra regione registriamo tutti i fenomeni legati all’alterazione del “ciclo dell’acqua” con il manifestarsi dei limiti dei vari sistemi, infrastrutturali e tecnologici, realizzati nel passato per il controllo e l’utilizzo della risorsa idrica. In questo allarmante scenario si sta distinguendo positivamente l’Università di Udine che, attraverso la costituzione di gruppi di ricerca, corsi, convegni e pubblicazioni, si è posta l’obiettivo di sviluppare una rinnovata cultura dell’acqua.

Tra le pubblicazioni più recenti emerge “Costruire Contratti di Fiume – Riflessioni, Percorsi, Proposte”, curata dai professori Anna Brusarosco e Francesco Visentin. Quest’ultimo anche curatore scientifico del convegno internazionale tenutosi a Udine nel mese di maggio e avente per oggetto “Paesaggi delle acque interne: natura, società e cultura idrografica”, che ha visto la partecipazione di studiosi provenienti da tutto il mondo.

Tornando ai “Contratti di Fiume…” e alle strategie evidenziate e promosse attraverso questo strumento di gestione territoriale, che si vuole partecipato e condiviso, è nato in Francia all’inizio degli anni ‘80 con lo scopo di migliorare la qualità delle acque interne. La sua diffusione in mezza Europa, compresa l’Italia, ha comportato una progressiva evoluzione adottando una serie di cambiamenti legislativi e culturali, recependo in particolare i contenuti di alcune disposizioni normative europee: la “Direttiva quadro sulle acque” e la successiva “Direttiva alluvioni”.

Il panorama regionale

Le prime regioni in Italia a muoversi verso questo strumento di “governance” sono state la Lombardia e il Piemonte. Dal 2007, anche grazie al contributo offerto dal Tavolo Nazionale dei Contratti di Fiume e alla più decisa e allargata partecipazione delle comunità locali, è cresciuta la diffusione di questo strumento anche nel resto d’Italia. Nell’ultima ricognizione effettuata, con il contributo dell’Osservatorio dei Contratti di Fiume risultavano avviati in totale 212 processi di “pianificazione partecipata”: 51 sottoscritti, 111 avviati e 50 annunciati. Di questi “Contratti” 6 risultano sottoscritti o attivati in Friuli Venezia Giulia: Area umida della Laguna di Marano, Roiello di Pradamano, fiumi Natisone, Cormor, Alto Livenza e Judrio. In quest’ultimo anno sono nate altre iniziative che potrebbero portare alla sottoscrizione di nuovi “Contratti”: fiumi Torre e Noncello nell’area pordenonese, il torrente Corno nel medio Friuli e la Foce del fiume Isonzo.

I capitoli centrali della pubblicazione si fanno carico di fornire più strumenti possibili, evidenziando le coordinate tecniche e di metodo ai vari “territori” che intendono avviare dei processi di pianificazione partecipata con l’obiettivo di sottoscrivere “Contratti di Fiume”, ma non solo, anche di Lago, Laguna, Costa etc.. Una particolare attenzione viene riservata alla “partecipazione”, da non considerarsi quale pratica rituale, ma come scelta necessaria per riaffermare alcuni valori democratici e per raggiungere e consolidare gli obiettivi dei Contratti. Si sottolinea inoltre con forza la necessità di mettere in circolazione le conoscenze, rendendole disponibili e indirizzandole verso molteplici direzioni, dando concretezza alla singolare frase che il “Sapere va fatto circolare come l’acqua”.

Tale processo, si afferma, non serve solo a distruggere i falsi “idoli”, attorno ai quali si cristallizza il consenso sociale, ma a costruire insieme dei percorsi che ci riportano verso una società più naturale, anche perché più “idraulica”.

Un vademecum per progettare e gestire un Contratto

Come si costruisce un percorso partecipativo di questo genere? A tale domanda si tenta di dare delle risposte partendo dalle coordinate basilari da seguire nelle diverse tappe, cercando di descrivere gli elementi e i contenuti caratterizzanti, le potenziali criticità e le modalità di costruzione dei vari passaggi, evidenziando le condizioni che facilitano il percorso e quelle che lo possono ostacolare. A sostegno di tale percorso, dal 2019, l’Amministrazione Regionale ha promosso la distribuzione di un Atlante degli obiettivi per la diffusione dei “Contratti di Fiume, di Lago, di Costa” per fornire ad enti e comunità locali che intendano sviluppare processi partecipativi un supporto tecnico, di facile consultazione, al fine di armonizzare i vari contratti regionali nel rispetto dei requisiti di qualità stabiliti dai vari documenti ufficiali.

Sono ancora tre le regioni italiane che mancano di una normativa specifica in materia di “Contratti di Fiume”: Valle D’Aosta, Liguria e Trentino Alto Adige. Tutte e tre regioni completamente “montane” e caratterizzate da uno sviluppo turistico ormai datato e coinvolgente l’intero territorio di riferimento. Sembrerebbe logico dedurre che dove l’economia principale si fonda sulla qualità ambientale e paesaggistica, oltre che sui servizi di supporto all’industria dell’ospitalità, si imponga una organizzazione politico-amministrativa e di protezione civile più diretta e una capacità di intervento ritenuto più consono per gestire il rischio idraulico causa di eventuali esondazioni della rete idrografica.

Altrove fanno così

Una conferma a supporto di questa ipotesi ci viene fornita dall’Agenzia per la Protezione civile della Provincia autonoma dell’Alto Adige che ha provveduto alla distribuzione di una sintetica pubblicazione illustrativa dell’attività svolta per la protezione idraulica degli insediamenti umani e dei beni culturali. Con l’entrata in vigore della “Direttiva Europea sulle acque”, la questione degli habitat fluviali ha assunto un’importanza fondamentale per il territorio altoatesino, avendo attivato anche i compiti di ripristino e conservazione del “sistema ecologico dei corsi d’acqua”.

Dal 2011 è stato applicato il PCA – Piano di Sviluppo dei Corsi d’Acqua – uno strumento di pianificazione e programmazione degli interventi di rivitalizzazione fluviale della Provincia di Bolzano, nella cui banca dati sono archiviate 500 proposte di intervento sulle 19 tipologie di corsi d’acqua censiti, 150 dei quali sono già stati felicemente realizzati. Vista la quantità e soprattutto la qualità degli interventi realizzati, capaci di allocare finanziamenti sia nazionali che europei, il PCA si propone come un’esperienza innovativa che interpreta un approccio disciplinare più pragmatico e diretto, forse meno democratico nelle sue forme applicative, ma che potrebbe essere comunque recepito e, almeno in parte, coniugato anche all’interno della prassi prevista dai Contratti di Fiume, ridefinendo e arricchendo i ruoli delle Regioni e degli enti e degli organismi più operativi, come la Protezione Civile e i Consorzi di Bonifica.

Non è il caso qui di fare valutazioni di dettaglio né fare confronti impropri tra realtà complesse e istituzionalmente diverse e forse contrapposte, ma non possiamo esimerci dal sottolineare alcune evidenti contraddizioni che emergono in questa come in altre regioni. Le Amministrazioni pubbliche, e quella Regionale in particolare, continuano a sostenere la realizzazione di opere fortemente impattanti, in aperta contrapposizione con le ragioni di una più equilibrata conservazione degli ecosistemi naturali e fluviali in particolare. Un evidente paradosso, dovuto a un ritardo, prima culturale che politico, che emergerà sempre con maggiore evidenza, a seguito dell’entrata in vigore della recente normativa dell’Unione Europea sul “Ripristino degli ecosistemi naturali”.

Walter Marangoni
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Laureato a Venezia in Urbanistica, ha svolto la professione all'interno della Comunità Collinare del Friuli; dal 2021 collabora con Legambiente FVG, attualmente ricopre la carica di Presidente del Circolo del Friuli Collinare.

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