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Numero 28 | Febbraio 2025

Zone rosse nelle città per ripristinare sicurezza. Soluzioni o finzioni?


Anche alcuni prefetti del Friuli – Venezia Giulia stanno dando applicazione alla direttiva del Ministro dell’Interno del dicembre scorso che sollecitava l’istituzione nelle città di zone rosse dove, in breve, le forze dell’ordine possano vietare l’accesso a persone ritenute pericolose. Così sono stati ripresi ed estesi in poco tempo esperimenti condotti in alcune grandi città e verificati in prima attuazione in occasione delle manifestazioni del Capodanno. 

Tre ampie zone rosse sono state istituite anche a Trieste, sollevando però l’attenzione di un ampio numero di forze politiche ed associative. 

Pubblichiamo il documento perché argomenta sinteticamente origine, modalità funzionali, rischi, rappresentati da questo genere di provvedimenti, e anche perché costituisce uno spunto per collegare il senso di diversi provvedimenti già presi o in itinere dal Governo che ben rappresentano l’attuazione pratica dell’idea secondo cui anche le cose culturalmente o politicamente più inaccettabili diventano possibili, o addirittura legge, se somministrate in piccole dosi crescenti.

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LA SICUREZZA A TRIESTE

NO ALL’IDEOLOGIA E ALL’IMPROVVISAZIONE
SI A SOLUZIONI ORGANICHE E DURATURE

Con ordinanza del Prefetto di Trieste del 16 gennaio 2025, in relazione alla circolare n.  0105092 del Ministro dell’Interno del 17 dicembre 2024, nella città di Trieste sono state istituite,  con validità temporale fino al 31 marzo 2025, tre cosiddette “zone rosse”. La decisione è stata  pubblicamente motivata con la necessità di un aumento dei controlli finalizzati a garantire la  sicurezza urbana a seguito dei fatti accaduti recentemente in Largo Barriera, insieme ad altri  episodi di violenza e risse che hanno coinvolto anche gruppi di stranieri a Trieste. La  comprensibile generale preoccupazione verso questi episodi è stata utilizzata non per avviare un  serio confronto con tutte le parti politiche, sociali, sindacali ed associative della città su quali  interventi innovativi ed efficaci mettere in campo per aumentare la sicurezza urbana, ma per  incassare un facile consenso tramite un provvedimento che, ben diversamente da ciò che appare,  risulta inutile ed estremamente pericoloso per le ragioni che vengono di seguito indicate: 

  1. Le recenti ordinanze finora emanate in grandi aree urbane (Milano, Roma ecc.) e che  presentano un impianto simile all’ordinanza prefettizia triestina, hanno già suscitato  profonde preoccupazioni proprio per il contenuto del tutto arbitrario, e quindi illegittimo,  di tali provvedimenti. In relazione alla decisione dal Prefetto di Milano di istituzione di  alcune “zone rosse”, la Camera Penale di Milano ha evidenziato come “allarma il fatto  che diritti tutelati a livello costituzionale e convenzionale, anche attraverso una esplicita  riserva di legge, quali quelli alla libertà personale (l’allontanamento forzoso la viola  senza dubbio) e di movimento, vengano compressi con provvedimenti dai contenuti  tutt’altro che tipici, che rimandano a categorie impalpabili (atteggiamenti aggressivi?  Concreto pericolo per la sicurezza pubblica?), e di durata non corrispondente alle  presunte ragioni di urgenza legittimanti il provvedimento di natura eccezionale”.1
  2. Il contenuto dell’ordinanza della Prefettura di Trieste è tale da suscitare non diverse  preoccupazioni; in essa si legge infatti che si interviene con le annunciate misure non per  la loro utilità ma perché “i cittadini continuano a percepire un senso di insicurezza  nonostante l’attenta e capillare predisposizione di servizi interforze nelle stesse”. Si  ammette dunque pacificamente che le misure che vengono adottate non hanno alcuna  efficacia reale sull’ordine pubblico e sulla repressione dei reati, ma hanno un mero valore  politico- simbolico; le forze di polizia vengono così distolte da altri e più rilevanti  compiti di contrasto del crimine, anche verso reati meno visibili, e quindi percepiti come  meno allarmanti, ma più gravi e in aumento, come confermato dai dati forniti dal  Ministero dell’Interno, quali le estorsioni (+14,4%), le rapine (+14,2%), le violenze  sessuali anche in ambito familiare (+10,9%). Piuttosto che attuare un serio programma  di interventi innovativi in materia di sicurezza urbana si punta solo a esibizioni della  forza. 
1Camera Penale di Milano, Buon Anno, almeno nelle zone rosse, 30.12.24
  1. Anche l’ordinanza prefettizia triestina, come altre, si indirizza “verso soggetti (che)  risultino già destinatari di segnalazioni all’autorità giudiziaria per uno o più reati”.  Riprendendo le osservazioni contenute nella citata nota della Camera Penale di Milano,  anche l’ordinanza triestina dunque “si rivolge contro persone destinatarie di mera  segnalazione all’autorità giudiziaria (e ciò) è dato altrettanto preoccupante, contrario  al principio della presunzione di non colpevolezza”. L’ordinanza del Prefetto di Trieste  intende altresì colpire persone “che in dette aree assumano atteggiamenti aggressivi,  minaccioso o insistentemente molesti determinando un pericolo concreto per la sicurezza  pubblica”. Che cos’è un atteggiamento molesto e perché esso costituisce addirittura un  pericolo per la sicurezza pubblica? L’utilizzo di tali nozioni vaghissime e prive di alcuna  consistenza giuridica ben evidenzia come le misure che si stanno adottando non abbiano  le caratteristiche di precisi interventi di vigilanza e di contrasto alla criminalità, bensì  assumano le caratteristiche di operazioni con le quali distrarre l’attenzione dell’opinione  pubblica dalle crescenti carenze e inerzie istituzionali, tra cui ad esempio le note  inadempienze della Prefettura di Trieste nel non assicurare in modo tempestivo le misure  di accoglienza previste per legge ai richiedenti asilo, o quelle della Questura di Trieste  nei ritardi nel recepimento delle domande di asilo, o ancora quelle dell’amministrazione  comunale nel non allestire alcun intervento umanitario/di bassa soglia, ignorando del  tutto che la città è e rimarrà punto terminale della rotta balcanica e che tale ineliminabile  condizione richiede una gestione pubblica attenta e non un’ottusa fuga dalla realtà. Più  che finalizzate a garantire reali misure di sicurezza, le zone rosse sembrano pertanto  avere un’altra, del tutto spregevole, finalità che è quella di allontanare i poveri e le  persone in seria difficoltà (e quindi spesso moleste) occultando le gravi problematiche  sociali che sono in crescita anche Trieste a causa della grave regressione che si è  verificata nelle politiche sociali e nella cura dei più fragili. Non possono che essere  pienamente condivise dunque le parole di Livio Pepino, magistrato a riposo e già  segretario nazionale di Magistratura Democratica, quando, in relazione all’istituzione  delle zone rosse, osserva che: “La frontiera della sicurezza, nell’Italia dei (quasi) 6  milioni di poveri assoluti, dei 1000 morti l’anno per infortuni sul lavoro e di un  femminicidio ogni tre giorni, è stata fissata, dunque, nella militarizzazione dei punti  centrali delle città e nell’allontanamento dei soggetti molesti e aggressivi (id est,  migranti e marginali)” 2. È facile prevedere che le modalità con le quali verranno  implementati i controlli nelle zone rosse triestine consisteranno nel fermare in modo  sistematico, e forse anche aggressivo, e comunque con voluta spettacolarizzazione, i  cittadini stranieri (o che tali appaiono, specie se mal vestiti o in evidente stato di  abbandono) quali potenziali soggetti sospetti o molesti solo in quanto stranieri, nonché  cittadini italiani arbitrariamente percepiti come molesti o problematici; in tal modo si  diffonde tra la popolazione l’implicito messaggio che il razzismo è in fondo una cosa  lecita e non già, come invece è, un reato, e che la coesione sociale in fondo non è un  valore perché essa può essere sostituita con la discriminazione e il temporaneo  allontanamento di chi, anche solo potenzialmente, può dare fastidio con isuoi problemi. 
2 Livio Pepino, Lo strappo del DASPO di Capodanno, in Volere la Luna, 2.01.2025
  1. La conseguenza forse più paradossale connessa all’istituzione delle zone rosse, è infatti lo  spostamento dei problemi da un’area all’altra della città, o più esattamente lo spostamento  dal centro verso le periferie. Ci sono a Trieste, come in qualunque altra città europea, dei  fenomeni di criminalità e di disagio, ma invece di affrontarli con politiche attente  e inclusive, si preferisce negare i problemi e spostare le persone problematiche verso aree  periferiche. Se si ritiene di dover aumentare, anche temporaneamente, la vigilanza delle  forze dell’ordine in alcune aree urbane, ciò si può facilmente fare con gli strumenti esistenti,  senza alcun bisogno di invocare zone rosse. Non si obietti che si interverrà con analoghe  misure anche nelle stesse aree periferiche se ciò sarà necessario, perché non è così; per sua  stessa natura e finalità la pericolosa sciocchezza dell’istituzione delle aree rosse sposta  solamente continuamente “altrove” i problemi, senza risolverli. Nel caso dell’ordinanza  prefettizia triestina tale caratteristica è particolarmente evidente: le tre vastissime aree rosse  coprono praticamente tutto il centro urbano. 
  2. Si deve infine segnalare una questione di metodo. Se si vuole operare in modo scientifico  e dimostrando responsabilità nei confronti dei cittadini e delle cittadine, un  provvedimento che di fatto aumenta pesantemente il controllo poliziesco delle aree  pubbliche deve tanto più basarsisu una rilevazione scientifica delle opinioni dei residenti  e, più in generale, delle aree di intervento sociale. La rilevazione deve quindi essere  affidata a uno studio condotto da esperti – ricordiamo che Trieste è dotata di  un’Università – e seguendo metodi di ricerca sociale consolidati. Nella ricerca  bisognerebbe includere il patrimonio di informazioni raccolto dai Servizi sociali  comunali e dagli altri attori che si occupano di devianze e di interventi sociali. 

E’ necessario dunque abbandonare il prima possibile un approccio ideologico e  fallimentare della gestione dell’ordine pubblico a Trieste e affrontare con serietà le problematiche  della sicurezza urbana a Trieste, prendendo consapevolezza che la sicurezza del territorio si  realizza non attraverso trovate propagandistiche che alimentano fenomeni di segregazione e  ghettizzazione, bensì affrontando le problematiche, finora del tutto rimosse dalla politica locale e  regionale, della rapida crescita della povertà economica e culturale, anche nelle giovani  generazioni, e della mancanza di interventi adeguati di gestione degli arrivi dei migranti, sia per  ciò che riguarda la loro immediata accoglienza che per il loro inserimento sociale. 

Adesso Trieste 

ANPI (Associazione Nazionale Partigiani d’Italia) Comitato provinciale di Trieste  Alleanza Verdi Sinistra 

Comitato per i diritti civili delle prostitute 

Coordinamento Difesa Sanità Pubblica 

I.C.S. (Consorzio Italiano di Solidarietà)  

Linea d’Ombra odv 

Open Sinistra FVG 

P.C.I.  

PD (Partito Democratico) 

Punto Franco 

Rifondazione Comunista

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