Skip to main content

Numero 24 | dicembre 2024

Friuli-Venezia Giulia

Territori, educazione, scuole


Perché scrivere di scuola, educazione e territorio? Prima di entrare nel vivo di alcune questioni una risposta orientativa: perché ragionare di scuola significa ragionare sul futuro dei territori e perché ragionare di educazione significa avere un progetto per i cittadini che in quel territorio vivono. 

Questo articolo viene scritto nei giorni immediatamente successivi alla comunicazione da parte della Regione del nuovo dimensionamento scolastico, che riduce il numero di autonomie scolastiche sul territorio regionale a seguito del dettato normativo nazionale. Dall’anno scolastico 2024/2025 i criteri per la definizione del contingente organico di Dirigenti Scolastici (DS) e di Direttori dei Servizi Generali e Amministrativi (DSGA) stabiliti dal Ministero dell’istruzione e del Merito sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, e richiedono alle regioni un taglio di dirigenze e conseguentemente di posti per il personale DSGA. Per la nostra regione la previsione è di tagliare una ventina di dirigenze in tre anni. Per l’anno scolastico 2024/25 è già stato pubblicato il decreto che prevede la soppressione di un istituto comprensivo a Trieste e accorpamenti che coinvolgono complessivamente 19 istituti.  

I dati pubblicati sul sito dell’Ufficio Scolastico regionale relativi all’anno scolastico 22/23 ci dicono che sono presenti in regione 167 istituti scolastici. Possiamo facilmente vedere come il taglio di 10 presidenze per l’anno scolastico 2024/25 impatta su circa il 30% del sistema scolastico complessivo. E l’operazione continuerà nei prossimi due anni. Sostenere che si tratta solo di ridurre il numero dei Dirigenti scolastici e dei DSGA sembrerebbe non tenere conto della ricaduta concreta sull’offerta formativa, sui territori e quindi complessivamente sulla qualità del sistema territoriale di educazione e istruzione di una così ampia operazione di riorganizzazione della rete scolastico regionale. 

La scuola, l’autonomia, il territorio

La legge 107 del 2015 puntualizza il tema della relazione scuola territorio, già ampiamente presente nel decreto sull’autonomia scolastica. “L’istituzione scolastica effettua la programmazione triennale dell’offerta formativa (PTOF) per il potenziamento dei saperi e delle competenze delle studentesse e degli studenti e per l’apertura della comunità scolastica al territorio con il pieno coinvolgimento delle istituzioni e delle realtà locali”. È evidente che autonomia scolastica e radicamento negli specifici contesti territoriali sono i due pilastri che garantiscono al paese un sistema di istituti autonomi capaci di leggere i bisogni e di costruire risposte educative in dialogo con i contesti specifici. Fare scuola in un istituto comprensivo a Scampia non può essere la stessa cosa che fare scuola in centro a Milano, così come l’offerta formativa dell’istituto comprensivo delle Valli Meduna-Cosa-Arzino non può essere la stessa dell’Istituto comprensivo di Lignano. E non può essere la stessa cosa nemmeno insegnare italiano, matematica o storia a Udine o a Pordenone. La determinazione del curricolo, cioè che cosa concretamente si insegna nelle scuole, dovrebbe infatti tenere conto delle diverse esigenze formative degli alunni concretamente rilevate, della necessità di garantire efficaci azioni di continuità e di orientamento, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli enti locali, dai contesti sociali, culturali ed economici. È evidente che agire come scuole autonome territorialmente radicate significa allora, prima di tutto, saper costruire e mantenere un dialogo aperto e costruttivo con tutti gli stakeholder locali, facendo complessivamente crescere un ecosistema educativo diffuso e sostenibile capace di connettere la scuola, la comunità locale, il territorio e i vari soggetti sociali per co-generare un’idea di comunità che educa. In questa ottica lo spazio (fisico, sociale, digitale, …) diventa un vero e proprio dispositivo educativo capace di promuovere coesione sociale, di favorire lo scambio tra generazioni e di contrastare vecchie e nuove povertà educative. 

Non mancano nella nostra regione buone pratiche in questo senso, maturate soprattutto, ma non solo, sulla spinta dell’emergenza COVID e attraverso la sperimentazione dei patti di comunità che hanno consentito di promuovere ecosistemi educativi diffusi e integrati. 

Mappare le buone pratiche maturate, farne tesoro e metterle a confronto con modelli nazionali ed europei permetterebbe di costruire politiche della scuola e modelli di ambiente di apprendimento innovativi, in un continuum tra pianificazione politica, progettazione architettonica e pedagogica, tra educazione formale e territorio come spazio educativo informale. 

Il problema di quanti dirigenti avere in regione, e di conseguenza quante autonomie scolastiche, non è solo una “semplice” questione di numeri di alunni, di plessi, di classi, di unità di personale, ma è soprattutto una questione di politiche dell’educazione intese come capacità di dare senso e direzione alle azioni che fanno crescere le nuove generazioni e insieme ad esse i territori. 

Le sfide 

È evidente che andare ad agire unicamente sui numeri delle autonomie scolastiche sicuramente garantirà dei risparmi in termini di spesa, ma non è detto che consenta di costruire i presupposti per politiche educative dei territori. La scuola, infatti, non è semplicemente un servizio pubblico, ma un vero e proprio organo costituzionale a salvaguardia dei diritti fondamentali dei cittadini, in particolare dei cittadini di domani e cioè i bambini e i giovani. Ed è un servizio sottoposto a tensioni e sfide molteplici e complesse che non possono che essere affrontate in modo globale. 

L’inverno demografico, il digitale e in particolare l’intelligenza artificiale, i cambiamenti climatici e ambientali impattano sui territori e sulle scuole e interrogano le politiche dell’educazione.

Le politiche regionali, in particolare in una regione autonoma, dovrebbero non solo tenere conto dei vincoli normativi nazionali, ma anche creare i presupposti per costruire reti connettive fra scuole e territori/città per definire “paesaggi di apprendimento diffuso”. 

Ridisegnare la rete educativa della regione potrebbe diventare, allora, una grande occasione di dialogo per provare ad elaborare modelli spaziali ed organizzativi, sia dentro che fuori la scuola, basati sulle esigenze autentiche delle comunità.

Iscriviti alla newsletter de Il Passo Giusto per ricevere gli aggiornamenti