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Numero 30 | 14 Marzo 2025

Ferran Ruz Sinisterra

La crisi climatica in Catalogna ci manda un messaggio. Dal primo febbraio stato di emergenza


La più famosa conseguenza della crisi climatica in atto è senz’altro l’aumento della temperatura media globale. La Direzione generale per l’Azione per il clima (comitato della Commissione europea) ha stimato come la temperatura media della terra stia aumentando di 0,2°C annualmente e gli studi riportano che questo incremento potrebbe toccare i +1,8°C – rispetto ai valori preindustriali – entro il 2050.

Si pensi che il 2023 da poco concluso passerà alla storia come l’anno in cui per la prima volta la temperatura media dell’aria registrata sulla superficie terrestre è stata superiore di 2°C rispetto ai livelli preindustriali; in questo senso, i record del 2023 mostrano come i mesi di giugno, luglio, agosto, settembre, ottobre, novembre e dicembre siano stati rispettivamente i più caldi mai misurati.

L’aumento della temperatura su scala mondiale ha come ovvia conseguenza una serie di importanti effetti: gli eventi climatici estremi, come siccità e ondate di calore si verificheranno sempre più frequentemente, con maggiore intensità e dureranno più a lungo, ne sa qualcosa la comunità autonoma della Catalogna.

Il primo febbraio Pere Aragonès – presidente della Catalogna – ha proclamato lo stato di emergenza a Barcellona e in più di altri 200 Comuni a causa della siccità che da anni sta colpendo il territorio.

Al fine di avere una veduta d’insieme più vicina e diretta sulla questione abbiamo intervistato Ferran Ruz Sinisterra, catalano, residente a Sabadell e membro di ERC – Esquerra Republicana de Catalunya, aderente a Jovent Republicà de Catalunya.

È la prima volta che in Catalogna si verifica una siccità di questa rilevanza?

«La siccità nella nostra regione è un fenomeno che non si può definire frequente. Certo, il nostro territorio fa parte della regione mediterranea e di conseguenza siamo abituati a vivere periodi caratterizzati da minori precipitazioni in determinate aree. In generale, la Catalogna ha un clima abbastanza variegato, il clima alpino dei Pirenei e la presenza di vari bacini fluviali tra cui quello del fiume Ebro – che sfocia nel Mediterraneo passando appunto per la nostra terra – rendono rara la possibilità di trovare l’intero Paese in condizioni di siccità estrema come quelle che stiamo affrontando oggi. Il periodo più simile a quello odierno è sicuramente relativo alla siccità del 2007, periodo che ha creato una crisi molto forte e generato le prime manovre di limitazione sul consumo dell’acqua. La differenza rispetto alla crisi odierna risiede nel fatto che nel 2007 in Catalogna non eravamo affatto preparati all’eventualità di un’emergenza di tale portata; molti catalani tuttora pensano che la siccità del 2007 sia stata la peggiore della storia, la realtà dei fatti è che la crisi che stiamo vivendo oggi è la più grave mai registrata ma rispetto a diciassette anni fa siamo più preparati ad affrontarla».

Esistono politiche di adattamento alla crisi climatica in atto?

«Al giorno d’oggi la presenza di desalinizzatori garantisce la possibilità di usufruire anche dell’acqua di mare per il consumo umano e agricolo, questi sono stati potenziati e migliorati a partire, appunto, dalla siccità del 2007. L’ammodernamento del sistema di filtraggio del fango dei fiumi, l’efficientamento delle dighe, costruite in epoca franchista, rendono la nostra regione più pronta ad affrontare calamità climatiche come quella odierna. In ogni caso, le manovre adottate non si possono considerare sufficienti, il cambiamento climatico che stiamo affrontando ci pone di fronte a sfide per le quali il territorio catalano risulta essere ancora impreparato. In questo senso, non sono state fatte politiche di adattamento e tutela sul consumo dell’acqua: sia esso per uso agricolo, sia esso per consumo umano; oggi ci troviamo a vivere con delle limitazioni imposte dal Governo che potevano essere evitate se fosse stata sviluppata un’educazione al consumo e alla salvaguardia della risorsa acqua. Un esempio di quanto indietro sia la Catalogna rispetto all’Italia, dal punto di vista della minore produzione di gas serra, sono le Ztl in città: oggi solo in alcune zone di Barcellona sono già attive da alcuni anni le restrizioni al traffico mentre in città come Sabadell – dove vivo – il progetto di istituzione di una Ztl avrà luogo solo nel 2025. Importante è anche la questione della produzione energetica: la Catalogna dipende in gran parte da fonti nucleari e la produzione green non decolla; esiste un dibattito politico sul tema delle fonti rinnovabili, ma sono pochi i progetti di prossima realizzazione».

Il tessuto produttivo e sociale come sta vivendo questa crisi?

«Il nostro sistema economico è dipendente dalla risorsa acqua, si pensi solo al turismo, i milioni di visitatori che accogliamo ogni anno rappresentano un’enorme fonte di consumo, spesso spreco, di quest’importante risorsa. Dal punto di vista agricolo la nostra regione si fonda sull’allevamento suino e bovino, in questo senso, la sola gestione del bestiame prevede rilevanti consumi idrici; consumi che aumentano progressivamente se si considera che la produzione cerealicola – che spesso è orientata ad alimentare il bestiame stesso – richiede enormi quantità d’acqua per il solo benestare delle colture, soprattutto se si considerano condizioni di stress climatico come quelle che persistono da tempo. Oggi i nostri agricoltori operano con limitazioni al consumo d’acqua dell’80% rispetto ai consumi degli anni passati, ciò significa che molti contadini dovranno reinventare completamente il proprio indirizzo colturale o saranno costretti a cambiare mestiere. Dal primo febbraio in più di 200 città sono stati apportati limiti al consumo privato dell’acqua, i consumi idrici per singolo abitante non potranno superare i 200 litri al giorno, praticamente significherà farsi la doccia con molta meno frequenza, ma non solo, se la situazione dovesse peggiorare, l’abbassamento della soglia andrà prima a 180 e poi a 160 litri. Ad oggi molti di noi non possono più permettersi di annaffiare le piante decorative sui nostri balconi e nemmeno di innaffiare il nostro giardino, persino le piscine degli hotel non possono essere riempite. Nonostante questa evidente calamità, sia il governo che moltissimi cittadini fanno ancora fatica a realizzare la gravità della situazione; sembra che l’idea di mantenere gli agi del proprio stile di vita non possa essere scalfita nemmeno dalle limitazioni in atto. Molti partiti politici continuano a proporre progetti basati sul turismo di massa, sulle grandi opere viarie che tralasciano per definizione il tema della tutela ambientale. La sinistra spagnola è uno dei primi sostenitori di tutta questa serie di opere e anche per noi di ERC diventa complicato fare opposizione in sede governativa. Sarà determinante l’andamento della prossima primavera, se nemmeno in questo periodo aumenteranno le precipitazioni, la crisi che saremo costretti ad affrontare nei mesi estivi sarà di portata epocale».

Gabriele Violino
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Vicepresidente di EFAY – European Free Alliance Youth, il gruppo giovanile di EFA/ALE – European Free Alliance/Alleanza Libera Europea.

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