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Numero 28 | Febbraio 2025

slovenia nucleare

Il voto in Slovenia, a destra ma anche no


La Slovenia vira a destra. Ma anche no. E’ questo il dato in apparenza contraddittorio emerso dalla tornata elettorale delle europee, quando gli elettori sloveni, oltre alla scheda di voto per il Parlamento Europeo, si sono visti consegnare altre quattro schede relative ad altrettanti referendum consultivi su temi importanti quali la legalizzazione dell’uso della cannabis, la morte assistita e l’introduzione del voto preferenziale nelle elezioni politiche nazionali. Se una virata a destra c’è stata nel voto di lista europeo, diametralmente opposta appare la scelta degli elettori sui temi etici e dei diritti civili sottoposti alla consultazione referendaria.

Alle europee vince l’opposizione di destra che si aggiudica 5 dei 9 seggi spettanti alla Slovenia, contro i 4 complessivi delle forze liberali e di centrosinistra attualmente al governo. Più in dettaglio la destra nazionalista “orbaniana” del SDS di Janez Janša si afferma primo partito superando di poco il 30 per cento dei voti e aggiudicandosi 4 seggi (+2 rispetto alla tornata precedente). Il partito democratico cristiano Nova Slovenija conferma il proprio seggio, mentre il partito popolare moderato SLS lo perde a favore di Janša. Tutti e 5 gli eletti del centrodestra sloveno a Bruxelles andranno a intrupparsi nel gruppone del Partito Popolare Europeo, del quale la SDS di Janša rappresenta una delle ali vicine alla destra estrema, in particolare alle posizioni di Viktor Orban.

Il voto europeo

I liberali di SvoboDa del premier Robert Golob col 22,15% confermano i due seggi che avevano nel gruppo liberale di Renew. In crisi la sinistra moderata del Partito socialdemocratico (SD), penalizzata oltre che da qualche scandalo anche da una presenza politica piuttosto incolore, che col 7,75% dei voti riesce ad agguantare per il rotto della cuffia un seggio a Bruxelles al posto dei due che aveva in precedenza. Peggio ancora la sinistra di Levica che dilaniata da lotte intestine e una recente scissione non supera un deludente 4,75%. Buone notizie invece per Vesna, la nuova formazione ambientalista e pacifista di Vladimir Prebilič, 50-enne docente universitario di politologia, un tempo del SD e dal 2010 sindaco di Kočevje, che incassa

la visibilità acquisita 2 anni fa con la candidatura alle presidenziali e fa volare Vesna al terzo posto tra i partiti col 10,52% dei voti e un solido seggio conquistato dallo stesso Prebilič in Europa.

Questo quindi il quadro dei rapporti di forza tra i partiti che lascia aperte molte incognite per il futuro. Se è vero che il dato numerico dei seggi premia il centrodestra, che va a conquistare il nono seggio attribuito da quest’anno alla Slovenia (in precedenza ne aveva 8, distribuiti 4 per parte tra centrodestra e centrosinistra), è anche vero che la destra di Janša rimane ancorata al suo potenziale elettorale di poco inferiore ad un terzo dei consensi. Nemmeno coi due partiti cattolici moderati SLS e NSi che assieme raccolgono un buon 15% dei consensi riesce a conquistare la maggioranza assoluta, ammesso e non concesso che gli elettori moderati possano sostenere le posizioni spesso xenofobe dell’eterno leader della destra slovena negli ormai 33 anni dall’indipendenza.

I giochi rimarranno aperti ma la sinistra, nell’ambito dell’alleanza coi liberali, è chiamata a scelte più coraggiose ed incisive oltre che a superare le lotte intestine che spesso la penalizzano.

Qualcosa in tal senso si è visto, finalmente, negli ultimi tempi. Mi riferisco al riconoscimento dello Stato di Palestina, da parte della Slovenia, seppure con alcune titubanze, proprio nelle settimane immediatamente precedenti il voto europeo.

I quattro voti referendari

Un altro importante segnale è venuto dagli elettori con le scelte sui quattro referendum consultivi voluti e sostenuti dalla coalizione di governo. Su tutti e quattro i quesiti la maggioranza si è espressa per il Sì, come auspicato dal centrosinistra, mentre le destre cattolica e nazionalista erano fortemente contrarie. Il tutto a fronte di un dato dell’affluenza di poco superiore al 41%, simile a quello del voto europeo, che per gli standard sloveni di scarsa partecipazione sui temi referendari (non è richiesto il quorum della metà più uno degli aventi diritto) è un dato significativo.

Tra i temi più dibattuti il fine-vita e la legalizzazione della cannabis, oggetto quest’ultima di due distinti quesiti relativi all’uso medico e a quello ricreativo. Il quarto quesito, meno controverso, riguardava invece l’introduzione delle preferenze

anche alle elezioni politiche nazionali, dove finora, a differenza di quelle europee, non erano previste. Tutti e quattro i quesiti sono stati approvati dai cittadini.

Quello per le preferenze con una solidissima maggioranza del 70,82% di Sì.

Più divisivi gli altri temi ma comunque con una chiara affermazione dei Sì. L’uso della cannabis terapeutica (la cui vendita e consumo per scopi medici è attualmente già consentita) è stato approvato da una solida maggioranza dei due terzi dei votanti (66,64%). Più risicata ma comunque netta la vittoria dei Sì col 51,55% anche per quanto riguarda la coltivazione e il possesso di cannabis per uso personale limitato, attualmente vietati. Con la conferma referendaria la Slovenia si andrà ad affiancare a diversi Paesi europei alle prese con una revisione delle normative in merito alla legalizzazione della cannabis a uso ricreativo, in primis la Germania che recentemente ha consentito ai maggiorenni di coltivare fino a un massimo di tre piantine e di possedere fino a cinquanta grammi di cannabis nella propria abitazione e venticinque grammi nei luoghi pubblici.

Intorno alla morte assistita da inizio anno si sono susseguiti intensi dibattiti e scontri politici. Gli elettori con un significativo margine del dieci per cento (i Sì sono stati il 54,85% a fronte di un 45,15% di No) si sono espressi a favore di una legge che regoli il fine vita, diritto che verrebbe garantito ai malati terminali restando invece un’opzione non percorribile per le persone con disturbi mentali acuti.

Verso il referendum sul nucleare

Se su questi temi referendari le scelte degli elettori hanno ricalcato in qualche modo l’orientamento elettorale tra destra e sinistra, diverso e più trasversale potrebbe preannunciarsi il voto nel prossimo futuro sul tema del raddoppio della centrale nucleare di Krško da tenersi a novembre, come deciso lo scorso 23 maggio dal Parlamento sloveno. Ai cittadini sarà chiesto di esprimersi in merito alla costruzione di una nuova centrale nucleare accanto al vecchio reattore esistente, attivo dal 1983 e che dovrebbe rimanere in funzione fino al 2043. Molte forze politiche sostengono la scelta di un secondo reattore, a fronte di una ancora scarsa incidenza delle fonti rinnovabili come solare ed eolico pari a circa un quarto del fabbisogno energetico nazionale, e per compensare l’inquinante centrale a carbone di Šoštanj destinata a

chiudere. Diversi e trasversali i fautori del nucleare, ritenuto nel quesito – formulato non proprio in modo neutro – “fonte a basse emissioni di carbonio e che garantirà una fornitura stabile di energia”. Oggi il reattore di Krško fornisce il venti per cento di elettricità immessa nella rete slovena e un sedici per cento di quella croata. Il costo della nuova centrale è nell’ ordine dei dieci miliardi di euro e la sua entrata in funzione potrebbe avvenire non prima del 2038, in tempo per sostituire l’attuale decrepito e già più volte rattoppato impianto nucleare.

Tra i problemi irrisolti, come spesso accade in tema di impianti a fissione, quello della gestione dei rifiuti radioattivi. Le scorie di Krško attualmente sono ancora stoccate nei pressi dell’impianto, mentre per il 2027 è prevista la realizzazione di un nuovo impianto di stoccaggio nei pressi di Trgovska Gora, lungo le sponde del fiume Una sul confine fra Croazia e Bosnia-Erzegovina, fortemente contestato da quest’ultima per i rischi d’impatto ambientale sul bacino del fiume di grande valenza naturalistica e turistica. Zagabria tuttavia insiste in attesa che a novembre i cittadini sloveni si pronuncino sul futuro del sito nucleare di Krško che, non dimentichiamo, in linea d’aria dista non più di 150 km dal Friuli Venezia Giulia.

Marko Marinčič
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Giornalista, editorialista del Primorski dnevnik e collaboratore di altre testate, già Assessore provinciale e consigliere comunale a Gorizia.

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