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Numero 24 | dicembre 2024

Sede Giunta Regione Friuli-Venezia Giulia

Autonomie locali, enti intermedi, ritorno al futuro


In questi giorni riprende lo scontro interno alla maggioranza romana sul “terzo mandato” per i Presidenti di Regione, al quale, si può supporre, seguirebbe il via libera per i mandati (infiniti?) dei Sindaci dei Comuni fino a 15mila abitanti.

Da noi, in una improvvisa sbornia di autonomismo, il Presidente Fedriga aspetta di vedere come andrà a finire a Roma, per sé e poi per i nostri Sindaci…

Partiamo da qui per sottolineare un aspetto che si ripropone costante: le riforme istituzionali, come del resto quelle elettorali, partono sempre da un movente di pura e semplice convenienza partigiana. Ora è chiaro che concedere il terzo mandato rallenterebbe la velocità di ricambio delle posizioni apicali nelle Regioni e nei Comuni e quindi FdI non ci sente, certa che oggi ha tutti i vantaggi e la possibilità di “sbancare” e rendere permanenti gli attuali equilibri nel centrodestra e nel Paese, e chissà, forse domani non sarebbe così…

Ulteriore aspetto negativo di questa eventuale “riforma” sulla durata dei mandati sarebbe una ulteriore marcata personalizzazione della politica, del potere, della delega. In assenza di partiti intesi come organismi partecipati di formazione e indirizzo politico, in presenza di collateralismi di tanto associazionismo categoriale sempre più evidenti verso chi governa, nella crescita incontrastata dell’astensionismo sociale ed elettorale, da Terni a Monfalcone da Venezia a Trino Vercellese il ruolo di primo cittadino può diventare quello di “un personaggio in cerca d’autore”, con le più diverse interpretazioni.

E più sono estreme più queste appaiono recite interessate, che hanno due effetti. Da un lato proiettare l’attore in questione su una ribalta più larga, dalle pagine di cronaca locale al talk-show nazionale, in vista di una “progressione di carriera”, ma dall’altro di deteriorare ulteriormente la qualità della convivenza civile e del dibattito politico.

Ognuno ci trovi gli esempi che vuole, la cronaca soccorre ampiamente.

Non si vuole fare considerazioni morali o rimpiangere antiche età dell’oro. Sono riferimenti per capire il campo fangoso nel quale, comunque, si deve ragionare sulla crisi lunga del nostro sistema regionale delle autonomie locali. Che non è dovuta per niente alla mancata possibilità di un terzo mandato ma ad alcuni eventi, incapacità ed errori che qui si vuole riprendere e proporre alla discussione.

 

Trent’anni fa la svolta possibile

Tutto inizia con una modifica dello Statuto speciale di autonomia (Legge costituzionale 2/1992) che assegna alla Regione il potere legislativo di intervenire in materia di “ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni”, con i soli limiti del legiferare “In armonia con la Costituzione, con i principì generali dell’ordinamento giuridico dello Stato, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonché nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre regioni”. Cioè il massimo della libertà consentita ad una Regione speciale.

Da allora, e purtroppo, l’utilizzo di questa competenza è stato contradditorio, prigioniero di battaglie politiche che non hanno ancora prodotto nessun risultato sostanziale per aggiornare e potenziare il ruolo dei Comuni, il governo di area vasta e, in definitiva, precisare e definire lo stesso ruolo della Regione.

Nonostante, infatti, questa competenza rivoluzionaria (accompagnata dalla competenza al trasferimento delle risorse finanziarie ordinarie ai Comuni con risorse del proprio bilancio e senza trasferimenti a carico dello Stato) e nonostante ci fosse in loco la seconda esperienza amministrativa italiana di funzionamento associato consortile volontario fra Comuni (il Consorzio Comunità collinare del Friuli istituito nel 1967), per avere un primo intervento organico in materia di associazione dei Comuni bisogna arrivare alla legge regionale del gennaio 2006, Presidente Illy, per avere il primo provvedimento organico di riforma del sistema delle autonomie locali che utilizza le competenze esclusive della riforma costituzionale.

 

Fare e disfare…

La parte fortemente innovativa e da subito oggetto di forte dibattito e contrapposizione politica è costituita dall’introduzione degli Ambiti per lo sviluppo territoriale (Aster) che consentono una attività di Comuni volontariamente associati per operare, negli ambiti previsti dalla stessa legge, in una dimensione di area vasta ed interloquire così con le Province e con la Regione attraverso il nuovo strumento del Piano di valorizzazione territoriale, opportunamente finanziato dalla Regione stessa.

Altra novità significativa l’introduzione del Consiglio delle Autonomie locali quale organo di raccordo e consultazione fra Regione, Province e Comuni sulla legislazione e la programmazione che riguardano le autonomie.

Ciò che segna il periodo successivo all’istituzione ed alla prima sperimentazione degli Aster è il conflitto. Soprattutto fra Comuni e fra Comuni e Regione per la delimitazione degli Ambiti; conflitti politici fra le coalizioni sullo strumento stesso, sulle competenze, finanziamento e funzionamento.

Cambiata la maggioranza del governo regionale tramontano gli Aster, passa la nottata di una Legislatura, Presidente Tondo, ecco ripartire la questione con la legge regionale del 2014 che istituisce, Presidente Serracchiani, le Unioni territoriali intercomunali (UTI) con modifiche soprattutto nelle modalità di formazione dell’aggregazione dei Comuni prevista in una cornice di regole più stringente del tentativo precedente.

Nella medesima Legislatura, con legge regionale del 2016, le Province vengono abrogate e le loro competenze trasferite alla Regione o ai Comuni. Inoltre, in occasione della modifica, con legge costituzionale sempre del 2016, dello Statuto richiesta dal Consiglio regionale e necessaria per poter sopprimere le Province, per iniziativa invece di un parlamentare è stata introdotta la possibilità di istituire anche il nuovo ente città metropolitana.

Cambia nuovamente la maggioranza del governo regionale ed ecco che, Presidente Fedriga, le UTI vengono abrogate, con legge regionale del 2019. Poi il Consiglio regionale invia nel 2023 una proposta di legge al Parlamento per l’introduzione nello Statuto della previsione degli Enti territoriali di area vasta. E qui ci fermiamo.

Questi passaggi politico legislativi vengono attraversati da qualche altro evento socioeconomico di significativo impatto sul funzionamento e sulle capacità dei Comuni. In primo luogo le politiche di austerità decise in sede di Unione Europea come conseguenza della crisi finanziaria ed economica del 2008, con i vincoli di bilancio imposti allo Stato e che hanno portato alla compartecipazione di tutte le autonomie comprese le Regioni a statuto speciale al “risanamento della finanza pubblica”. E poi i processi, in parte conseguenti, di “smantellamento” del pubblico impiego con il mancato turn-over e la precarizzazione dei lavoratori con significativi impatti per l’erogazione dei servizi a cittadini ed imprese, siano quelli amministrativi, socioassistenziali, o autorizzativi e di controllo, e con, probabilmente, una caduta di autonomia del corpo amministrativo rispetto agli amministratori di turno. Quasi per contrasto vien da pensare che sia per questo che “il contributo” puntuale o a pioggia diventa sempre più il modo di manifestarsi del governo, regionale forse più che comunale…

Chiudiamo questa ricostruzione tornando all’inizio: ma veramente oggi il tema è un “putiniano” prolungamento dei mandati di sindaci e presidenti? Sono gli insostituibili uomini e donne “della Provvidenza” quel che serve alle comunità? E la contrapposizione frontale in sede politica ha portato danni o vantaggi alle nostre comunità?

In vista di un dibattito che, si spera, ci sarà una volta approvata la modifica costituzionale dal Parlamento e che il Consiglio regionale si rimetta al lavoro per riaffrontare il tema del riordino di tutto il sistema di governo della regione, sarà utile ripensare ai nodi irrisolti ed alle soluzioni possibili.

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