Asservimento del consiglio delle autonomie ed eutanasia della regione
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Nel 2006, ai tempi di Illy, quando venne istituito era diversamente composto ed oggi, dopo modifiche varie anche conseguenti all’abolizione delle Provincie, ufficialmente noto come CAL, il Consiglio delle Autonomie Locali è l’organo a cui vengono inviati atti predisposti dalla Giunta Regionale di carattere legislativo ed amministrativo per un parere non vincolante.
Credo valga la pena dare una occhiata a questo strumento e capire se serve come momento di riflessione democratica o meno. Nei primi anni di vita ho spesso partecipato alle riunioni che riguardavano soprattutto i temi di “governo del territorio” in rappresentanza del Comune di Udine e mi pareva di averne capito il senso.
L’organo di raccordo fra la Regione e il sistema delle autonomie locali
L’elezione diretta del Presidente della Regione cambiava radicalmente il rapporto tra Giunta e Consiglio Regionale, determinando una profonda subordinazione di questa assemblea che nei 40 anni precedenti era un luogo “realmente sovrano” nell’affrontare il confronto politico e territoriale tra pensieri anche divergenti. Ne nasceva quindi la necessità di trovare un nuovo spazio di espressione dove le diversità di interpretazione dei temi all’ordine del giorno potevano esprimere accentuazioni diverse sia per quanto riguarda le impostazioni politiche, ma soprattutto per permettere alle particolarità territoriali (ed alle istituzioni che le rappresentavano) di avere un microfono ufficiale aperto.
Nel tempo le cose sono andate diversamente. Negli anni il potere del cosiddetto Governatore si è dilatato a dismisura; il Consiglio Regionale è sostanzialmente inibito da qualsiasi iniziativa che non rientri nella logica del Presidente che regge con mano di ferro la sua maggioranza; il sistema degli Enti Locali, ormai ridotto a Comuni le cui risorse ed iniziative dipendono dalla “beneficenza” del potere presidenziale, è ostaggio di logiche di dipendenza politica.
La verticale del potere all’italiana
Tutto ciò peraltro in un quadro di sostanziale subordinazione della specialità regionale a dinamiche esterne, legate sia ad una aumentata pervasività dello Stato (finanziaria e di competenze) sia alle ripercussioni locali dello scontro politico in atto per l’egemonia tra le forze di maggioranza (Lega Salvini e FdI in particolare).
La conseguenza per il Consiglio delle Autonomie Locali è quindi quella di una gestione con l’obiettivo di evitare qualsiasi disturbo al “manovratore” presidenziale garantendosene il totale controllo politico.
Il recente caso dell’invasione di campo della Regione nella gestione dei Consorzi industriali è l’ultimo esempio in materia.
Tali Consorzi sono un soggetto operativo che vede una presenza paritaria di imprenditori e Comuni e, sulla base dei loro statuti, definivano le nomine di amministrazione. Ora la Regione vuole avere il controllo anche di queste nomine onde evitare che possano appartenere ai “nemici”: nel caso specifico del COSEF (Consorzio di Sviluppo Economico per l’area del Friuli) il Comune di Udine.
Gli anni 20 di questo secolo hanno portato una forte novità politica per la nostra regione. Per la prima volta da dopo la caduta della Prima Repubblica (ai tempi della lunga vita del centro-sinistra) si è attivata una totale consonanza tra il governo centrale romano e quello regionale. Questo sta determinando una volontà di concretizzare assetti di potere che investono pervasivamente non solo le ricadute istituzionali ma anche i rapporti sociali (compresi quelli culturali) ed economici.
Quanto questo adeguamento complessivo sia effimero o tale da pregiudicare qualsiasi sussulto futuro non sono in grado di prevedere. Confido molto nell’esplosione dell’effetto a lungo termine della patologia da cui è affetta la nostra Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, evidenziata dall’uso spropositato e sbagliato del termine “nazione”.
Ma quello che non può sfuggire è che in questo momento non solo la sua storica “specialità” ma la stessa esistenza di una Regione Friuli (-) Venezia Giulia è interessata da un percorso di eutanasia. A ciò contribuiscono forze esterne, nel campo politico non solo riferite al destra-centro (ad es. la sinistra sull’autonomia differenziata), ma anche quei soggetti economici che intervengono pesantemente nella costruzione di informazioni e di opinioni (nuove proprietà editoriali nordestine).
Il policentrismo regionale salverà l’autonomia speciale?
La principale difesa immunitaria per l’esistenza di una Regione Friuli (-) Venezia Giulia è l’equilibrio di partecipazione plurale al formarsi di una progettualità sistemica (politica, territoriale, linguistica, di rapporto tra innovazione e tradizione) che ne permetta il confronto con le diverse problematiche e interpretazioni per l’ieri, l’oggi e il domani. La mortificazione delle istituzioni locali è una auto castrazione.
In particolare per una specialità dove il “governo” del sistema regionale degli Enti locali è probabilmente l’unica vera competenza rimasta.
Siamo di fronte ad un momento cruciale per lo stato italiano, dove l’affermarsi definitivo del Presidenzialismo e il prevedibile “fallimento” dell’autonomia differenziata non potranno non coniugarsi qui da noi che con l’espandersi della “cultura” nordestina di efficienza neo centralista e con la riduzione del Friuli a corridoio per merci e/o, come la storia insegna, a luogo di incontro tra terra e mare per ogni evenienza bellica.