Al servizio del Leone
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A Venezia piacciono i pedaggi. Magari quello per visitare la città lagunare sarà sacrosanto, ma i nostri vicini si lamentano soprattutto di quelli autostradali. E particolarmente della SPV (Superstrada Pedemontana Veneta) che dalla zona di Vicenza porta all’area Pordenone-Portogruaro. D’altronde costruire (e tenere in vita) questa “infrastruttura strategica”, tra breve completa anche nelle sue connessioni, costerà alle casse pubbliche almeno 13 miliardi di euro da pagarsi (da parte della Regione Veneto) in 39 anni a rate di 300 milioni all’anno con i presunti incassi dei pedaggi. Sono i costi della “finanza di progetto” che a suo tempo, 14 anni fa, anche la Regione Friuli-Venezia Giulia pensava di utilizzare per la ormai classica autostrada Cimpello – Sequals – Gemona inserendola nel suo Piano delle Infrastrutture di Trasporto (Tondo-Riccardi), peraltro ancora in vigore.
C’era una volta un’autostrada in project-financing…
L’opera in parte nuova e in parte di completamento costava circa un miliardo di euro (la SPV quasi paragonabile come lunghezza costerà alla fine circa 2,5 miliardi di costruzione), ma nel bando di gara allora effettuato nessun privato se ne prendeva carico a meno che il pubblico non garantisse il saldo in caso di minori entrate dei pedaggi previsti, pur in un arco adeguato di anni. Cosa che appunto la Regione Veneto ha fatto con la stipula con il concessionario di un canone di disponibilità che ha ormai iniziato a pagare, e che i critici oggi valutano possa venire a costare nel tempo qualcosa come 8 miliardi di sbilancio rispetto alle entrate dei pedaggi.
La Regione Friuli-Venezia Giulia (di fatto sostituendosi allo Stato) nel decennio passato ha già dato molto per la III corsia della Venezia-Trieste e altro sta tirando fuori, anche se i conti finali ancora non sono del tutto chiari. Fortunatamente in Friuli i capienti cassetti della Regione si richiusero sui progetti della nostra Pedemontana, come su molte altre progettualità in attesa di tempi migliori, nella logica “non si butta mai via niente” anche se sbagliato o inutile.
Che la Pedemontana Veneta e la Cimpello – Gemona fossero in realtà un unico progetto ispirato dal delirio trasportistico su gomma è evidente, anche se già venti anni fa c’erano medicine per guarire la malattia, ma possiamo non infierire su chi puntava su una continua crescita iperbolica delle merci da produrre e trasportare. La patologia oggi ha bisogno di essere curata senza remissione. Sia per motivi climatici ed ambientali, sia per motivi economici.
Una sola idea fissa, con qualche variabile
Attualmente la Regione Friuli-Venezia Giulia ha attivato una procedura di valutazione per realizzare un collegamento stradale Sequals – Gemona con una corsia per direzione, quindi una “semplice” strada regionale locale motivata dalla necessità di favorire il traffico generato dalle attività del territorio. È stata resa nota una valutazione tra 4 diversi possibili percorsi e con una analisi “multicriteria” se ne è determinata una graduatoria qualitativa. Il percorso più virtuoso passa dalle parti di Fagagna, Moruzzo e Pagnacco ed ha già suscitato una rivolta popolare che “pietosamente” i maggiorenti politici regionali ed i vertici dell’economia hanno definito elettoralistica.
Ma la contraddizione insita nelle proposte della Regione Friuli-Venezia Giulia sta emergendo al di là della valutazione del miglior percorso da eventualmente scegliere. Se la proposta formale parla di servizio locale e di decongestionamento della ex SS 13 (Udine-Pordenone) tutti i “grandi” dell’economia, anche se piccoli e tondi, non mancano di parlare della necessità di uno sbocco del potenziale traffico tra il Veneto orientale e il confine di Tarvisio in una evidente volontà di completamento della Pedemontana Veneta. Peraltro solo così, si pensa, potranno svilupparsi quei volumi di traffico per permettere a Zaia di risolvere i suoi problemi di strangolamento della spesa pubblica veneta.
A chi serve veramente questa viabilità?
Lo ha chiaramente esposto anche l’esponente PD Andrea Zanoni con un intervento sulla Tribuna di Treviso del 28 aprile scorso, a cui la stessa Giunta veneta ha risposto basandosi proprio sulla scommessa di aumento “esponenziale” del traffico attuale.
Ne deriva una domanda fondamentale. Ci sono motivi seri per realizzare una nuova strada devastante il territorio o serve soltanto per togliere castagne dal fuoco ad un padrone del nord est? Per ora la paghiamo noi cash e in un prossimo futuro la modificheremo per adeguarla ai motivi finanziari e di traffico che la potrebbero supportare? E magari lo scontro attuale con territori e comitati serve proprio a preparare da subito una forzatura decisionale verso la soluzione “storica” della vera “autostrada” tra “gronda nord” pordenonese e Gemona che soddisfi in toto il doge ed i suoi portavoce locali?
Da qui nasce la necessità di non concentrarci unicamente sui danni maggiori o minori che le 4 varianti presentate possono determinare su temi come il paesaggio, il consumo di suolo, aspetti faunistici, etc., ma va colta l’occasione per definire portata e limiti del ruolo logistico della Regione in un mondo che dovrà cambiare sotto ogni aspetto energetico e produttivo.
Anche di interventi da fare realmente “capaci di futuro” ne conosciamo in quantità. Nello stesso campo della mobilità delle merci e degli uomini c’è l’impellente necessità di valorizzare il sistema del “ferro” (ferrovie varie) che continua a sfuggire a scelte operative. Il by pass per salvaguardare la vita del lago di Cavazzo viene sacrificato a facili scelte di sfruttamento delle acque. La stessa visione di una rinaturalizzazione del bacino del Tagliamento come strumento indispensabile per la stessa sicurezza delle popolazioni trova risposte spezzettate ed incoerenti, anche in questo caso con forti dubbi sulla gestione del rapporto tra Friuli e Veneto. E su tutto vediamo una sempre maggiore inclinazione all’uso del nucleare (tra vecchio e nuovo, di pace o di guerra come si diceva un tempo) per curare le emissioni clima alteranti (e i rapporti di forza tra Stati “sovrani”) invece della riorganizzazione delle comunità territoriali verso una loro “sovranità” energetica.
Concentriamoci quindi per ora sulla “manutenzione” del territorio e sulla sua connessione con la trasformazione energetica e climatica e con la valorizzazione di quanto abbiamo, nella prospettiva che una vera intelligenza umana e “terrestre” (ed una continua ricerca a ciò finalizzata) ci indichi strade durature di uso delle risorse di cui disponiamo. Il doge può attendere.