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Numero 24 | dicembre 2024

Commissione Europea

A proposito delle sanzioni per il mancato adeguamento al diritto dell’Unione Europea


L’annosa vicenda delle concessioni balneari e del relativo dossier da tempo aperto a Bruxelles, che ogni tanto riemerge nel dibattito politico, ci offre l’occasione per un sintetico riepilogo del funzionamento dei meccanismi sanzionatori dell’Unione Europea; il mancato adeguamento alle normative di matrice eurounitaria, infatti, comporta inevitabilmente – per il nostro Paese, come per gli altri Stati membri dell’U.E. – il rischio di incorrere nelle procedure di infrazione, che possono determinare degli esborsi di non poco rilievo per gli Stati inadempienti. A questo proposito, pochi probabilmente sono a conoscenza del fatto che – come puntualmente rilevato dalla nostra Corte dei Conti – l’Italia in dieci anni (tra il 2012 e il 2021) ha dovuto pagare alle casse dell’Unione più di 800 milioni di euro in conseguenza di tali procedure.

Obblighi di attuazione del diritto dell’U.E. e procedura di infrazione

L’appartenenza all’Unione Europea comporta per tutti i Paesi membri la necessità di adeguare puntualmente il proprio ordinamento giuridico alle indicazioni regolative che vengono dalla prima via via adottate. In particolare, se l’adattamento dei sistemi normativi nazionali ai Regolamenti dell’U.E. deve essere automatico, godendo questi della c.d. “primazia” (cioè prevalgono su tutte le norme nazionali che siano con essi in contrasto, sia precedenti che – eventualmente – anche successivamente adottate, che vanno quindi disapplicate, applicando il diritto eurounitario), per quanto invece riguarda le Direttive europee, queste ultime richiedono un intervento di trasposizione da parte degli Stati, che sono chiamati ad attuarle nel proprio ordinamento interno, entro un certo termine (di solito, due anni), utilizzando i propri strumenti giuridici (guardando al caso dell’Italia, per esempio con una legge o con un decreto legislativo).

Non è inusuale, tuttavia, che i Paesi membri non rispettino tali obblighi, impedendo così alle norme europee di poter dispiegare in pieno i propri effetti; l’Italia, a questo proposito, stando ai dati resi noti dal Dipartimento per gli Affari europei della Presidenza del Consiglio, a dicembre 2023 aveva ben 69 procedure di infrazione aperte, di cui 57 per violazione del diritto dell’Unione e 12 per mancato recepimento di direttive europee.

Come funziona la procedura di infrazione

Gli artt. 258, 259 e 260 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (T.F.U.E.) prevedono le azioni che possono essere intraprese laddove la Commissione europea (o uno dei governi degli Stati membri) ritenga che un Paese membro non abbia osservato gli obblighi stabiliti dall’U.E.

Tale mancata ottemperanza può emergere da indagini interne condotte dalla Commissione, ma può risultare anche da segnalazioni che cittadini, imprese, organizzazioni non governative facciano per lamentare il mancato rispetto delle norme europee.

Le procedure di infrazione possono essere avviate per tre motivi diversi:

  • mancata comunicazione delle misure adottate per implementare a livello nazionale la normativa europea;
  • mancata applicazione: quando la legislazione nazionale è reputata dalla Commissione non in linea con il diritto dell’Unione;
  • non corretta o puntuale applicazione: quando il Paese attua la normativa europea in modo lacunoso, impreciso, carente.

Laddove il Paese membro non comunichi le misure adottate per recepire pienamente le disposizioni normative dell’Unione, o non ponga comunque rimedio ad una sospetta violazione del diritto eurounitario, la Commissione europea può dunque avviare una procedura formale di infrazione, che prevede una serie articolata di passaggi.

In primo luogo, la Commissione invia una lettera di costituzione in mora al Paese inadempiente, chiedendogli ulteriori informazioni (come, appunto, è inizialmente successo per la vicenda delle concessioni balneari, con riguardo alla sospetta violazione da parte italiana delle Direttiva europea Bolkestein in relazione alle gare pubbliche per la concessione del demanio marittimo); tali informazioni devono essere fornite entro un termine prefissato (usualmente di due mesi). Alla luce dei contenuti della risposta, se non ritiene di chiudere il caso, la Commissione può emettere un parere motivato (con una richiesta di conformarsi al diritto dell’Unione, entro un termine anche qui preciso, di solito due mesi). Se il Paese non si conforma al parere della Commissione, quest’ultima può inoltrare il caso alla Corte di Giustizia dell’U.E.; inoltre, se è stato un altro Paese dell’Unione ad avviare la procedura, questo può deferire il caso alla Corte anche se la Commissione non fornisce un parere motivato. A questo punto la Corte può richiamare lo Stato membro, che ritiene stia violando la normativa U.E., ad adottare determinate misure e, se quest’ultimo non rispetta le indicazioni della Corte di Giustizia, la Commissione può nuovamente deferirlo a quest’ultima, suggerendo la sanzione ritenuta opportuna. Se la Corte di Giustizia rileva che la propria sentenza non è stata rispettata, può imporre il pagamento di una somma forfettaria e/o una penalità. Si deve inoltre ricordare che, nel caso in cui la Commissione segnali un Paese alla Corte per la mancata comunicazione delle misure nazionali adottate per attuare le disposizioni normative dell’Unione, la stessa può chiedere contemporaneamente alla Corte di Giustizia di imporre delle sanzioni finanziarie, nella fase della sentenza iniziale. Se è dunque la Commissione a proporre la sanzione, è poi la Corte di Giustizia a determinarne la misura complessiva, con la propria pronuncia.

Il costo delle sanzioni e la responsabilità politica dei governi

Quanto alla specifica misura delle sanzioni pecuniarie, esse possono consistere in una somma forfettaria e/o in un pagamento giornaliero e vengono calcolate tenendo conto del rilievo delle norme violate, del periodo in cui non è stata applicata la normativa eurounitaria e – anche – delle concrete capacità finanziarie del Paese, in modo da garantire che esse possano produrre un effetto deterrente rispetto a possibili futuri inadempimenti. Segnalo qui, a chi desideri approfondire ulteriormente questi temi, che metodo di calcolo e principi in tema di sanzioni finanziarie sono stabiliti in una Comunicazione della Commissione e che tutte le informazioni relative alle decisioni della Commissione sulle infrazioni sono agevolmente reperibili on-line, sul sito dell’Unione (www.europa.eu ); la Commissione europea inoltre pubblica annualmente un’ampia e dettagliata relazione, nella quale vengono illustrati i diversi casi di infrazione, per Paese e per tipologia (commission.europa.eu); ciò permette a tutti i cittadini dell’Unione che lo vogliano di verificare il grado di adeguamento del proprio Paese alle indicazioni normative che vengono da Bruxelles e, naturalmente, consente di richiamare alle proprie responsabilità politiche i governi nazionali per le somme, non di rado gravose, legate a tale mancato adeguamento.

Come sappiamo, al momento le cronache sono occupate dalla vicenda delle concessioni balneari, rispetto alla quale l’Italia si è vista aprire una procedura di infrazione in relazione al contrasto con le norme europee (di cui alla già citata Direttiva Bolkestein) del nostro sistema di gestione delle concessioni di demanio marittimo, ed in particolare in relazione al mancato rispetto delle indicazioni dell’U.E. in tema di gare pubbliche, avendo il governo italiano tentato di perpetuare un sistema di proroghe indiscriminate ed ex lege delle autorizzazioni per l’utilizzo delle proprietà demaniali in questione.

Non è questa la sede per entrare nel dettaglio di una vicenda particolarmente complessa e tuttora aperta, dal momento che anche le ultime misure adottate dal governo Meloni, alla luce del diritto eurounitario, appaiono assai poco convincenti e dunque è facile ipotizzare che la questione non sia affatto chiusa. Peraltro, quella dei balneari non è certo la sola vicenda spinosa che in questi ultimi anni il nostro Paese ha dovuto affrontare: mi limito qui a richiamare, ad esempio, tra le passate procedure di infrazione che hanno comportato il pagamento di pesanti sanzioni, oltre ad alcune assai note in materia ambientale (prima tra tutte quella relativa ai rifiuti della Campania, che ad oggi ha comportato sanzioni per oltre 311 milioni di euro), anche la vicenda concernente il mancato recupero degli aiuti illegittimi concessi alle imprese nel territorio di Venezia e Chioggia (sanzioni per oltre 158 milioni di euro), il mancato recupero degli aiuti illegittimi concessi per interventi a favore dell’occupazione (sanzioni per 80 milioni di euro) o, anche, il mancato recupero degli aiuti di stato concessi agli alberghi della Sardegna (sanzioni per oltre 47 milioni di euro).

In definitiva, insistere pervicacemente nel non conformarsi puntualmente al diritto dell’Unione (coltivando magari l’illusione di non essere “scoperti”), comporta conseguenze pesanti per le casse pubbliche e – dunque – per tutti noi cittadini e cittadine, che vediamo di fatto così sprecate, anno dopo anno, importanti risorse economiche che avrebbero potuto essere investite ben diversamente, a beneficio della collettività.  Nel monitorare il prosieguo e quelli che saranno gli esiti finali del braccio di ferro tra il nostro governo e Bruxelles sulla questione dei balneari, sarebbe dunque assai importante che l’opinione pubblica di questo non si dimenticasse.

Roberta Nunin

Professoressa Ordinaria di Diritto del lavoro nell’Università di Trieste e Presidente della Commissione Pari Opportunità del Comune di Udine.

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